“Vicolo della Neve. Dall’Arte del Freddo alla Vera Cucina Napoletana”. Il libro che racconta una pagina della storia di Salerno, domani sera alla libreria “Imagine’s Book”.

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Chi non ha mangiato, almeno per una volta, la  famosa pasta e fagioli “azzeccosa” o i peperoni imbottiti, la mèveza ‘mbuttunata, la ciambotta, le melenzane “ a scarpone” ,il polpo alla luciana, la scarola imbottita o le polpette al sugo, preparate da don Matteo Bonavita nelle storiche sale del ristorante  “Vicolo della Neve” da poco riaperto. Per molti salernitani questo importante locale dell’antica ristorazione salernitana rappresenta un pezzo di storia della nostra città che è stata raccontata nel libro “Vico Della Neve”, Edito da “Ricciardi&Associati”, scritto per l’associazione culturale “Amici dell’Arco Catalano” dai soci Bruno Centola e Francesco Ricciardi che sarà presentato domani sera, 27 giugno, alle ore 18,00 presso la libreria “Imagine’s Book” di Salerno.

  Il libro, oltre a raccontare la storia del vicolo salernitano, racconta anche del commercio della neve che si praticava a Salerno sin dai tempi della Scuola Medica Salernitana e forse anche prima. Il dottor Ricciardi si è occupato della parte storica riferita prevalentemente al ristorante, aperto nel 1870:” Il primo proprietario del “Vicolo della Neve” fu Enrico Fasano, per tutti “Ricuccio”. Nel 1913 iniziò a lavorare nel ristorante il piccolo Francesco Giuseppe Carro di otto anni, che poi diventò per tutti “Don Peppino”,  al quale, nel 1945, Fasano cedette la gestione del locale”.  Ricciardi nel libro racconta anche che uno degli ospiti abituali del “Vicolo” era il poeta salernitano Alfonso Gatto:” Ha dedicato al ristorante una sua poesia “Vicolo della Neve – Desinenze”. Il coautore ed editore Francesco Ricciardi nel libro ha dedicato alcune pagine alle immagini dei quadri del famoso pittore salernitano Clemente Tafuri che decoravano e in parte ancora decorano le pareti del ristorante:” Tafuri era molto amico di Don Peppino Carro, ed era un assiduo frequentatore del suo locale tanto da avere un suo tavolo riservato dove nessun altro poteva sedersi. Sulla parete della sala di destra Tafuri dipinse una grande scena “infernale” di quattro metri e mezzo per due, un olio su supporto di masonite che poi venne staccato e portato altrove. Attualmente si può ammirare solo una parte della rappresentazione dell’Inferno concepita da Tafuri: quella che rappresenta “La gioventù e la vecchiaia” dipinta nel 1960 e rimasta sulla parete di fondo, al di sopra dei caratteristici archetti sorretti da un’antica colonnina”. A raccontare, nel libro, la storia della conservazione del freddo e al commercio della neve è stato l’architetto Bruno Centola:” Scoprii la prima neviera in occasione di una ristrutturazione che curai in Via Antica Corte: da lì è nata la mia ricerca sulle neviere salernitane dove la neve era trasportata dai “nevaioli”, in ogni stagione, soprattutto di notte,  dalle montagne vicine del territorio di Cava de’ Tirreni, a Monte Sant’Angelo, Monte Finestra, ma anche  dalle montagne di Bracigliano, Calvanico, da quelle dei Picentini di Giffoni, dall’alta Valle del Sele, dagli Alburni e dal Cervati. La neve veniva raccolta in luoghi particolari denominate “nevère” che in spagnolo è una parola usata come sinonimo di frigorifero. Attualmente sono note: la  nevèra del Vicolo Antica Corte, le due del Vicolo della Neve di cui una sotto al ristorante, e potrebbe essercene una nel palazzo di fronte al Vicolo della Neve, dove vi sono i resti di una domus romana. A Salerno la neve veniva prescritta dai medici dell’antica Scuola per molte cure: febbri, ferite, piaghe, emorragie e infezioni, ovvero per attuare la famosa cura “caldo/freddo”. L’architetto Centola ha anche spiegato che in tutte le città d’Italia c’erano delle neviere:” A Napoli, a Genova, a Torino, a Bologna, a Firenze, a Roma: anche a Cava ce n’era una, nell’attuale Via Alfonso Balzico, e anche a Scala, dove c’era la nevèra di Santa Maria dei Monti da dove proveniva la neve che serviva per preparare a Salerno i sorbetti con succo di limone”. Una parte del libro è stata riservata ad un “Ricettario della Memoria” dove sono state raccolte quindici ricette, quindici piatti da ricordare, selezionati dal noto ristoratore Matteo Ragone, proprietario e chef del “Ristorante del Golfo” che, aperto fin dal 1943, dopo il “Vicolo della Neve” è il più antico della città. “Le ricette pubblicate si riferiscono ai piatti che venivano serviti ai tavoli del ristorante quando il titolare era, dal 1975 al 2021, il ristoratore e chef, Matteo Bonavita, che ci ha aiutato a ricordarli” hanno raccontato Ricciardi e Centola che alla fine del libro hanno pubblicato i vari articoli scritti sul “Vicolo della Neve” dal 1958 ad oggi, fino al 25 maggio di quest’anno quando il ristorante ha finalmente riaperto grazie a tre giovani imprenditori: Fiorenzo Benvenuto, Gerardo Ferrari e Marco Laudato. Originale anche l’idea di pubblicare le frasi di gratitudine con le firme dei personaggi famosi come Mike Buongiorno, Sergio Bruni, Ave Ninchi, Tino Scotti, la band de “I Camaleonti” e tanti altri che negli anni hanno cenato al “Vicolo della Neve”, raccolte nel “Libro degli ospiti”. Il libro è stato realizzato grazie al contributo e il sostegno dell’Associazione Culturale “Amici dell’Arco Catalano”, coordinato dal dottor Igino De Giorgi, che sarà rappresentato dal Past Coordinatore Ferdinando Cappuccio, e con il patrocinio della “Società Salernitana di Storia Patria” presieduta dal professor Alfonso Conte.

Aniello Palumbo