Un’emozione forte, dura di grande impatto per “non dimenticare mai !”, come scriveva nelle dediche della sua storia narrata in un libro di sopravvivenza Shlomo Venezia.
Per non dimenticare l’orrore, occorre viverlo e lo hanno vissuto in tanti , suddivisi in piccoli gruppi di spettatori, per una sera cittadini comuni, giornalisti, storici, insegnanti, diventati anch’essi deportati nei campi di sterminio, rivivendo quei tragici momenti della partenza e del non ritorno , dal 23 al 27 gennaio , nella sede del Museo dello Sbarco di Salerno.
Un viaggio «Di sola andata» , questo il titolo della performance sulla Shoah che portò allo sterminio nove milioni di ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale da parte della Germania nazista e dei suoi Paesi alleati. Un evento fortemente voluto e realizzato dal Museo dello Sbarco di Salerno , il Conservatorio Martucci di Salerno e la Compagnia de “Il Giullare” con la regia di Andrea Carraro.
Il Maestro Giancarlo Turaccio ha musicato e diretto la parte sonora dell’evento riuscendo a rievocare i suoni , le atmosfere di quel tempo non molto lontano, che i ragazzi studiano sui libri di storia, che i pochi sopravvissuti viventi a volte ci raccontano, che qualcuno ancora nega.
Attraverso ombre cinesi , nel buio del Museo allestito a scenografia tridimensionale, anzi circolare, i musicisti non solo con gli strumenti , ma con oggetti, attrezzi , utensili hanno reso il racconto oltre la parola e le immagini suono interiore.
Le parole scelte con cura ,da testi di Primo Levi , da William Shakespeare e di autori di ogni tempo da José Elia e Paola Eugenia Ferrari, hanno condotto come il filo di Arianna ad una narrazione reale della storia.
Matteo Amaturo, Vittorio Di Fluri, Carlo Orilia, Cinzia Ugatti, Mimma Virtuoso, della Compagnia de “Il Giullare”, il coro «Kamaraton Cantus», la voce di Eleonora Claps, l’allestimento di Peppe Natella, hanno reso il tutto completo, plurale , oltre l’interpretazione del singolo artista.
Tutti protagonisti di un viaggio: attori, musicisti, coristi, scenografi, tecnici, ma soprattutto i cittadini partecipanti, soprattutto quando a fine percorso insieme, costipati, stretti, nel buio, hanno vissuto il silenzio, il gelo di quei giorni indimenticabili per minuti interminabili in quel vagone merci , esposto nel cortile del Museo dello sbarco.
Un vagone che realmente trasportava le vittime dell’olocausto nei campi di sterminio, per un viaggio per i più di “sola andata” !
Gilda Ricci