Nella prima parte di “Volevo un uomo, voglio un uomo” siamo nel ‘700 in una casa di una brava signora e le due figlie sono in età da marito. Tutti si danno da fare pe’ truva’ sti marite! Nella seconda parte siamo ai nostri tempi e in presenza di uno psicologo convengono alcune donne a raccontare che il marito lo hanno trovato ed è stato peggio. Per alcune era meglio ca nun ‘o truvaveno. Qualcun’altra ‘o sta ancora aspettanne!
Dal 1717, quando due ragazze cercavano marito e volevano e si dovevano sistemare con un buon partito… al 2017, quando più donne, oramai di tutte le età, cercano, vogliono e perdono il marito… cosa è cambiato? I ricci e i capricci di moda tre secoli fa appaiono più bizzarri e forse ci fanno più ridere perché sono lontani.. ma sono comunque i nostri capricci. Forse gli stessi di questa nostra epoca. Anzi, oggi tutto è più complicato. La scena di “Volevo un uomo, voglio un uomo” non a caso si svolge durante il tempo antico in un ambiente di casa, dove avvenivano le visite, gli incontri e le dolci e amare conseguenze dell amore…
Mentre in quella di oggi, durante il tempo a noi contemporaneo, le riflessioni si fanno in uno studio di psicologo, in un consultorio familiare. Solo lì evidentemente, neanche più davanti al confessionale, possiamo raccontare i nostri problemi, sversare il nostro amaro veleno quotidiano. Tutto questo, il tempo antico e il tempo moderno, raccontato in modo comico. Molto comico. Perché, come è mio solito, il dramma dell’amore o il dramma in genere, mi piace raccontarlo con la risata. Con tutto il rispetto e il garbo occorrente per il dramma, beninteso, ma ridiamo dei nostri modi di fare, delle nostre esistenze… É meglio!!
Direzione Artistica di Antonietta Barcellona
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