La musica torna sul palco del teatro Diana – SALA PASOLINI di Salerno con la II edizione di Suoni del Mediterraneo, una tre giorni di concerti organizzata dal Teatro Pubblico Campano diretto da Alfredo Balsamo.
Se la scorsa stagione la kermesse ha avuto un’anima folk, di world music, nostrana così come balcanica e magrebina, quest’anno il concept è orientato verso il jazz, il jazz manouche, lo swing e le contaminazioni tra linguaggi eterogenei e non facilmente etichettabili.
Si inizia sabato 1 febbraio, alle ore 21, con gruppo ‘di casa’ nella città campana: il “TriodiSalerno”. Un trio jazz composto da musicisti salernitani d’eccellenza: Sandro Deidda (sax tenore, soprano e clarinetto), Guglielmo Guglielmi (pianoforte) e Aldo Vigorito (contrabbasso).
La loro pluriennale esperienza dei tre e un interplay più che rodato garantiscono la qualità di ogni performance. Il resto è affidato a un repertorio che spazia da loro brani originali a versioni inedite di standard jazz, di temi di soundtrack cinematografiche, sino a personali riletture di classici napoletani, riarrangiati e calibrati sulla struttura dell’ensemble. Il tutto all’insegna di un sound elegante, consapevole e misurato, forte di un equilibrato dialogo tra gli strumenti e di una riuscita sintesi tra stili diversi.
Un jazz delicato che della piacevolezza e della fruibilità sin dal primo cd, “Cantabile” (Via Veneto Jazz, 2008), ha fatto due marchi di fabbrica.
Peculiarità confermate anche nei successivi lavori discografici del Trio, “Luna Nuova” (2010) e “Tre” (2016), entrambi editi da Itinera Musica, l’etichetta di Pomigliano Jazz. Infatti, nonostante si parli di pezzi strumentali, questi conservano una linea melodica forte, a tratti quasi ‘cantabile’, come se fiati, piano e contrabbasso dessero voce alle note, nel senso letterale del termine. Intanto il trio è diventato occasione di incontro e confronto per i suoi performers, che si mettono a nudo in questo ‘setting musicale’ e qui trovano linfa creativa, un momento di riedizione di sé, una sorta di ‘epifania sonora’ alla ricerca di nuovi spunti e suggestioni.
Si continua sabato 29 febbraio, sempre alle 21, col mix musicale degli “Araputo Zen”, al secolo Dario De Luca (chitarre); Valerio Middione (chitarre); Alfredo Pumilia (violino); Bruno Belardi (contrabbasso); Pasquale Benincasa (batteria e percussioni).
Un lessico che abbraccia differenti generi: dal tango al rock, al jazz e all’ethno-prog. Diverse influenze danno vita a un prisma sonoro meno ibrido di quello del I album. Una sintassi musicale che non rinuncia ad ambientazioni mediterranee, echi psichedelici anni ’70 e cadenze sostenute. Se nel primo lavoro, “Hydruntum” (autoprodotto e distribuito da Audioglobe, 2015) c’erano anche reminiscenze gypsy, di jazz manouche, in “Maiacosajusta”, presentato in esclusiva per la prima volta a Salerno in questo live, i pezzi, composti da De Luca e Belardi, rivelano sonorità acustiche miscelate con una decisa struttura rock-progressive e chiari influssi di world music.
Nostalgie tanghere, lievi sentori jazz e ritmiche rock-progressive supportano una ricerca melodica in fieri, ma sempre più consapevole e matura, che ben si coniuga con grinta e dinamismo sia della composizione che performativa.
Sabato 7 marzo (ore 21) il gruppo dei “Sing ‘O Swing” suonerà in 4et: Andrea Parente (chitarra e voce), Riccardo Villari (violino), Oscar Montalbano (chitarra solista), Gianfranco Coppola (contrabbasso).
Il loro progetto si muove dalla lezione del grande chitarrista sinti Django Reinhardt e del violinista italo-francese Stephane Grappelli, sino a uno Swing a 360 gradi (italiano, europeo e made in USA), che ben s’accompagna al Lindy Hop, ballo afroamericano nato ad Harlem (New York) negli anni ’20/’30 del secolo scorso.
L’intento della band è, per l’appunto, ricreare tali atmosfere in ogni sua esibizione. Il pubblico si ritrova a fare un vero e proprio viaggio nello swing nostrano (dai classici di Alberto Rabagliati a quelli di Natalino Otto, Fred Buscaglione, Renato Carosone e Domenico Modugno), senza tralasciare gli influssi di grandi artisti come Frank Sinatra, Dean Martin, Louis Armstrong, Nat King Cole, Duke Ellington, Benny Goodman, Ella Fitzgerald e Sidney Bechet.
La formazione può contare su un repertorio ampio, dagli anni ’30 sino ai ’60, dalla canzone all’italiana sino ad evergreen europei e d’oltreoceano, grazie alla presenza di polistrumentisti che coprono una vasta gamma sonora, assicurando concerti caratterizzati da varietà melodica e ritmi coinvolgenti.
A chiudere quest’iter in musica sarà Roberto Ormanni con il suo 5et. Cantautore napoletano, classe ’93, imbracciata la chitarra da autodidatta, ha iniziato a scrivere brani nel 2010. Il 16 maggio alle 21 si esibirà al fianco di valenti strumentisti: Enrico Valanzuolo (alla tromba), Francesco Fabiani (alla chitarra), Antonio Barberio (al contrabbasso), Eugenio Fabiani (alla batteria) e Rocco Zaccagnino (alla fisarmonica), con cui nel 2016 si è classificato primo al concorso voluto dall’etichetta Apogeo Records. Quelle del gruppo sono sonorità semplici, in bilico tra un folk-pop e un jazz assai godibile; ritmi costanti e coerenti. Una linea melodica delicata scorta testi che giocano con immagini e parole, tra piccole cose del quotidiano e grandi verità della vita. Rif e ritornelli orecchiabili entrano in testa anche grazie ad una voce morbida e lieve, che accarezza e prende per mano chi ascolta come lungo un viaggio piacevole.