Negli ultimi giorni la Posidonia oceanica è tornata a depositarsi sulle coste del Cilento – e in particolare ad Acciaroli e a Pioppi – con le conseguenti lamentele da parte della comunità locale per i cattivi odori e la difficile accessibilità della battigia. Ma questa pianta marina, erroneamente considerata dannosa per i litorali costieri più belli, custodisce in realtà gran parte del merito della loro bellezza, anche se in pochi lo sanno.
«Le coste del Cilento hanno la fortuna di essere largamente “colonizzate” dalle praterie di Posidonia oceanica, a cui va il merito non solo di rendere più salubri le acque – spiega Luigi Valiante, direttore scientifico del Museo Vivo del Mare (MUSea) di Pioppi – ma anche e, soprattutto, di mantenere intatti gli ecosistemi marini grazie al ruolo di protezione ecologica che la pianta riveste nei delicati e fragili equilibri della fascia costiera».
Insomma la presenza della Posidonia, come quella di tutte le piante superiori terrestri, non solo è indice di un ambiente marino incontaminato, ma svolge un’azione fondamentale nel prevenire l’erosione costiera.
In sostanza, durante il periodo autunnale la Posidonia perde le foglie vecchie, che in parte vengono accumulate come detrito (banquette) nelle zone costiere limitrofe alle praterie, estendendosi per vari chilometri e raggiungendo talvolta diversi metri di altezza. Proprio queste banquette esercitano un ruolo attivo nel trattenere enormi quantità di sedimento, che rimangono intrappolate tra gli strati sovrapposti di foglie. Si calcola infatti che 1m3 di banquette sia in grado di trattenere circa 40 kg di sedimento sciolto. Il contributo degli ammassi di foglie di Posidonia morte risulta fondamentale soprattutto lungo i litorali ad alto rischio erosione, come appunto quelli del Cilento. Ciò vuol dire che «rimuovere la banquette dalla sua sede naturale significa accelerare l’erosione costiera, alterare l’equilibrio dell’interfaccia spiaggia-mare e compromettere l’integrità di un habitat unico al mondo», mette in guardia Valiante.
Questo non significa non riconoscere gli effetti negativi della Posidonia spiaggiata. «È indubbio che per i comuni costieri gli accumuli di foglie morte rappresentino un problema – ammette Valerio Calabrese, dirigente nazionale di Legambiente – per i loro fenomeni putrefattivi e per le serie conseguenze sulla stagione balneare. Tuttavia bisogna essere consapevoli del fatto che la rimozione delle banquette rischia di compromettere l’integrità della spiaggia e del retrospiaggia e di danneggiare definitivamente l’assetto complessivo del litorale e il suo ecosistema. Per questo è importante optare per differenti e graduali azioni di recupero e per metodologie compatibili e sostenibili finalizzate anche al riuso della stessa». Qualche esempio: il reimpiego in ambiti costieri limitrofi per scopi di protezione delle spiagge, il compostaggio, il riutilizzo nella bioarchitettura e nelle produzioni ecocompatibili e la reimmissione in mare.
Insomma, anche se il primo impatto di questa pianta marina con l’uomo è negativo, sia da un punto di vista olfattivo che visivo, è bene che la Posidonia sia conosciuta non come una “nemica” ma come un’alleata per la salvaguardia del prezioso patrimonio naturale che tutto il mondo invidia al Cilento. Proprio per questo il Museo Vivo del Mare invita le amministrazioni locali a mettere in campo iniziative di sensibilizzazione e di tutela e allo stesso tempo interventi di recupero corretti e responsabili e a impatto ridotto sull’area costiera.