Testate online e contributi pubblici all’editoria, il punto della situazione.

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Le testate online non fanno forse parte dell’editoria? Della stampa quotidiana e periodica?

Per il Governo italiano sembrerebbe di no.

Il mondo del web sarebbe infatti completamente tagliato fuori dal bonus pubblicità: l’agevolazione introdotta dall’articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 per favorire il rilancio del settore editoriale.

Come funziona? Attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta d’imposta al 75% per le imprese e i lavoratori autonomi che investono in campagne pubblicitarie su quotidiani e periodici, emittenti TV e radio locali. Agevolazione che arriva al 90% se a investire sono piccole e medie imprese, microimprese e start-up innovative.

Un’agevolazione importante dalla quale sarebbero esclusi gli investimenti sul web. Di conseguenza le aziende che investono sulle testate online non potranno beneficiare del contributo e saranno quindi orientate a spendere sui concorrenti cartacei. Mettendo in piedi uno scenario di concorrenza a dir poco sleale.

Eppure il decreto legge fa espresso riferimento alla “stampa quotidiana e periodica” ed è ormai pacifico che le testate online, registrate in Tribunale, iscritte al ROC, con un direttore responsabile, siano completamente parificate dalla legge e dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione alle testate cartacee.

Solo oneri e nessun onore per il web? Ricordiamo infatti che i giornali online non hanno mai beneficiato di alcun contributo pubblico.

Senza contare che la pubblicità sulle testate online è molto meno costosa di quella effettuata sulle testate cartacee e, quindi, il riconoscimento dell’agevolazione comporterebbe solo un esborso minimo da parte dello Stato.

Sulla questione intervengono il segretario generale Uspi Francesco Saverio Vetere e la vice Sara Cipriani che scrivono una lettera al ministro Luca Lotti con delega all’Editoria : “Tale tesi negativa è contraria allo spirito e alle indicazioni del governo e della maggioranza che hanno portato alla emanazione della Legge 198/2016, la quale ha sancito la definizione di “quotidiano on line” e l’ha inserita, a pieno titolo nell’ articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62 (“Definizioni e disciplina del prodotto editoriale”) e a tutte le precedenti leggi che hanno condotto ad una completa equiparazione delle testate telematiche a quelle cartacee. L’esclusione delle testate on line sarebbe, inoltre, un segnale terribile per un settore che, in prospettiva, è destinato a sviluppare sempre di più, e sempre più correttamente, il pluralismo informativo e l’occupazione”.

Lo conferma il 14° Rapporto Censis-Ucsi, secondo cui, negli ultimi dieci anni, i quotidiani a stampa hanno perso il 25,6% di utenza, i quotidiani online invece segnano un +4,1% (oggi l’utenza complessiva è al 25,2%).

Un’anomalia riscontrata anche dall’onorevole Giorgia Meloni (FdI) che, in data 4 ottobre 2017, ha presentato un’interrogazione scritta al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell’economia e delle finanze. “Il settore dei giornali online è in espansione, pur non avendo mai beneficiato di alcun contributo pubblico, e rappresenta un segmento dell’informazione molto seguito dall’opinione pubblica – scrive nell’interrogazioni Meloni che chiede – se corrisponda al vero che il credito d’imposta di cui in premessa non sarà riconosciuto alle aziende che investono sulle testate online, e, se del caso, se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per correggere tale anomalia”.