“Culla e bara dovrebbero sempre coincidere, avere le stesse coordinate geografiche, ma con, nel mezzo, una vita senza bussola: si nasce in un posto, si cresce in esso, ma si vive nel mondo, in giro per il mondo, in posti diversi da quello che ci ha fatto da culla e da balia, per poi ritornare per invecchiare e morire nel posto d’origine”. E’ questo il modo in cui ognuno dovrebbe pianificare la propria vita secondo il professor Gerardo Magliacano, docente di Storia e Letteratura ed esteta della musica che, dopo aver insegnato per circa dieci anni in Lombardia, attualmente insegna all’Istituto Ronca di Solofra. Magliacano ha presentato il suo libro:”Terro(m)nia. Ritorno alla mia terra”, edito da “Juppiter Edizioni”, durante il quarto incontro del “Tè letterario con il libro” organizzato nella sede dell’associazione culturale “Fabrica” di Daniela Scalese ed Elisa D’Arienzo, di Vietri sul Mare, nell’ambito de “La Vetrina Letteraria” de“ La Congrega Letteraria”, diretta artisticamente dal professor Antonio Gazia e da Alfonso Vincenzo Mauro, con la collaborazione di Francesco Citarella, Mariangela Stanzione, Francesco Barbato ed Edoardo Colace, alla presenza dell’Assessore alla Cultura del Comune di Vietri Sul Mare, Giovanni De Simone e del Segretario Comunale dello stesso Comune, il dottor Carmine Giovanni Imbimbo al quale è stato consegnato un riconoscimento per il contributo dato alle iniziative della “Congrega Letteraria”.
Protagonista del libro di Magliacano è un ragazzo di San Mango Piemonte, Umberto, che si trasferisce al Nord per lavorare e dopo dieci anni decide di tornare nella sua terra e fondare un movimento politico per rivendicare i troppi torti subiti in oltre 150 anni di Unità d’Italia. Da meridionalista convinto, attraverso una raccolta di firme, cerca anche di cambiare il nome del suo paese: da San Mango Piemonte a San Mango Campano; ed anche il suo nome, che era quello di suo nonno, chiamato così in onore di Re Umberto I: da Umberto a Libero. Gerardo Magliacano ha raccontato che nel libro Umberto ( Gerardo) recatosi un giorno al reparto ortofrutticolo di un centro commerciale del Nord Italia, fa un incontro che gli apre il cuore:” Una piccola e timida mela rossa si affacciò da sotto le cassette delle enormi mele trentine: era contenuta in un pacchetto di quattro mele annurche campane IGP. Fu come se avessi incontrato in quell’istante una mia vecchia amica, un mio parente o un mio familiare”. L’autore che è cresciuto in mezzo a quelle piccole mele rosse, ha deciso di devolvere il ricavato delle vendite del libro, sulla cui copertina la professoressa Paola Quatrale ha disegnato una falce ed una zappa, al progetto “Melo Adotto”:” Si propone la forestazione delle Terre mortificate dalle mafie, a partire dal Melo ( Annurca) albero della Conoscenza e del libero arbitrio che donò agli uomini il frutto della libertà. Affidiamo alle scuole degli alberi di mela annurca: “Il Melo di Terromnia” ha spiegato il professor Magliacano originario della Valle dell’Irno. La giornalista enogastronomica Annamaria Parlato, progettista culturale e storica dell’arte, ha raccontato la storia della mela annurca:” Era chiamata “mala orcula”, poiché prodotta nella zona di Pozzuoli, nei pressi dell’ Orco, ovvero gli inferi; è infatti noto che la sede dell’Ade per i romani si trovasse sul fondo del lago d’Averno in zona flegrea. Anche nel suo dipinto “Canestra di frutta” il Caravaggio ha dipinto una mela annurca che è vanto del nostro territorio. San Mango Piemonte è la “Città della Mela Annurca”. La dottoressa Parlato ha anche ricordato le proprietà organolettiche di questo prodotto che tra l’atro: ” Abbassa molto il colesterolo”. Nel libro Magliacano parla anche del tonno di Cetara, del fagiolo di Controne, della cipolla ramata di Montoro, d’o mascuott bracignanese, della mozzarella di bufala di Battipaglia e del barbera di Castel San Lorenzo e del Solopaca Aglianico di Benevento.
Magliacano che è anche un musicista: ” Suonavo la batteria ed anche la chitarra in una rock band”, ha pubblicato due saggi di filosofia della canzone di cui uno dedicato a Vasco Rossi. Da ragazzino tifava Juve. Oggi è uno juventino pentito:” Anche i miei amici, tifavano Juve, ma non tutti: alcuni tenevano per il Milan altri per l’Inter. Nessuno tifava Napoli. Eravamo agli inizi degli anni ’80 e facevamo la raccolta dei giocatori Panini: barattavamo i doppioni delle figurine con quelle che ci mancavano per completare l’album. Ovviamente ogni giocatore aveva il suo prezzo: un Platini poteva valere anche 50 figurine o lo potevi scambiare con un Maradona, un Rummenigge o un Falcao. Giocavamo in strada indossando le magliette della Juve. Quando nel campionato 1998 – 99 la squadra della mia città raggiunse la massima serie io tifavo Juve e Salernitana. Sicuramente mi sentivo granata nell’animo, ma sulla pelle mi erano rimasti appiccicati, a strisce, i colori bianco e nero. Quelle strisce, come sbarre, erano la mia prigione. Quando il 2 maggio del 1999 si giocò Salernitana – Juve, e al 37° Marco Di Vaio bucò la porta bianconera esplosi insieme a tutto l’Arechi. La Salernitana umiliò la Signora, ed io ne fui fiero. Proprio come nel calcio, in tutto il Paese si respirava un perenne atteggiamento di sfida tra Nord e Sud ed io non potevo certo tenere per una compagine settentrionale. E’ importante cambiare idea. Con onestà, con lealtà. Oggi tifo Salernitana e Napoli”. Magliacano è orgoglioso di essere un “terrone”:” Non nel senso usato dai nordisti, ma di uomo appartenente alla (propria) terra. Ecco, forse in questo noi, gente del Sud, possiamo essere considerati “terroni”, in quanto noi siamo la terra che abitiamo”. (FOTO DI EDOARDO COLACE).
Aniello Palumbo