E’ salito a 36 il bilancio delle vittime del violento terremoto (la prima e più potente scossa di magnitudo 6.0 registrata alle 3:36 di questa notte) che ha colpito la zona appenninica tra Lazio e Marche.
L’epicentro a 2 chilometri da Accumoli (Rieti) e 10 da Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) ed Amatrice (Rieti). L’ipocentro è stato a soli 4 km di profondità. La scossa è stata avvertita distintamente a Roma, tanto che viene monitorato il Colosseo, fino alla Romagna ed a Napoli.
I soccorritori ed i volontari della Protezione Civile unitamente ai Vigili del Fuoco ed alla Croce Rossa stanno lavorando alacremente scavando nelle macerie nella speranza di ritrovare persone ancora vive sotto i detriti.
In questi momenti è di prima necessità il bisogno di sangue al centro trasfusioni di Rieti.
Viene raccomandato anche di liberare le reti wireless disattivando le protezioni con password in modo da alleggerire le reti mobili.
Immancabili purtroppo in questi casi anche le polemiche, ad esempio sulla tempestività dei soccorsi, sulla quale il Codacons ha presentato un esposto.
Polemiche ricorrenti anche quelle sulla prevedibilità dell’evento sismico che, a differenza da quanto accaduto a L’Aquila nel 2009, non è stato accompagnato da uno sciame sismico che potesse allertare la popolazione e le istituzioni.
Gazzetta ha interpellato in proposito il Prof. Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi: “L’evento sismico è di per sè imprevedibile, ed è usuale che si verifichi proprio in questo modo, cioè con una forte scossa, un big one di magnitudo significativa seguito poi da scosse di assestamento di magnitudo più bassa anche se comunque significative. Lo sciame di scosse premonitrici, per intenderci quello che è successo nel 2009 a L’Aquila, ha un carattere di eccezionalità rispetto al modello più ricorrente. Un evento tragico come quello di questa notte ci fa ancora riflettere come sia quanto mai indispensabile lavorare sulla prevenzione. Purtroppo il terremoto nella quasi totalità dei casi ha carattere di imprevedibilità e quindi diventa impossibile poter approntare misure di “sicurezza attiva”, per usare una metafora automobilistica, si può dunque intervenire sulla “sicurezza passiva”, cioè limitare i danni alle persone ed alle cose. Il punto di partenza è sicuramente tener conto di quanto segnala la comunità scientifica, in questo caso noi geologi. Siamo già in contatto con la Protezione Civile e ci siamo già attivati per fornire tutto il supporto necessario e partecipare alle prime ricognizioni. Agire in prevenzione significa anche fare in modo che i cittadini che vivono nell’area ad alto rischio sismico ne siano pienamente consapevoli, e che questa consapevolezza porti a mettere in atto quelle misure di sicurezza a partire dalla propria abitazione e dai luoghi di lavoro.”