a cura di Anna Zollo_ direttore editoriale Frodialimentari.it e responsabile del rapporto sulle frodi agroalimentari di Faremabiente
È tempo di fare un bilancio sull’anno che è passato e su quelle che sono state le strategie e le proposte attuate nel campo della lotta alla povertà ed alla fame, analisi molto importante soprattutto in questo periodo di festa. Molte le iniziative che hanno coinvolto le diverse città italiane, cene e pranzi di solidarietà rivolte a quelle categorie deboli e fragili che non lo vivono per strada ma che provano i morsi della fame, non solo nel periodo di Natale, ma durante tutto l’arco dell’anno.
Molte, tantissime associazioni di volontariato si attivano per cercare di risolvere il problema e di alleviare il disagio, la solitudine di quelle persone emarginate dalla società. Non solo vagabondi o senza tetto ma anche nuclei familiari. In Italia, secondo i dati Istat, risultano essere in stato di povertà 1 milione 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Un dato così elevato non si ritrovava dal 2005.
In questo decennio sono comunque mutate alcune caratteristiche, tranne che la realtà più difficile si vive maggiormente la povertà è il Mezzogiorno . In queste regioni si registra, l’incidenza più alta misurata sia sugli individui (10,0%) che sulle famiglie (9,1%). E, proprio al Sud, dove vive il 34,4% dei residenti d’Italia, si concentra il 45,3% dei poveri di tutta la nazione.
Una novità però riguarda il genere infatti, si constata una sostanziale parità tra uomini e donne che si rivolgono alla Caritas, mentre prima la maggioranza era femminile.
Sempre secondo i dati ISTAT e CARITAS l’identikit del nuovo povero è di famigli medie, con monoreddito, italiano.
Sul fronte dell’occupazione le famiglie maggiormente sfavorite sono quelle la cui la persona di riferimento è in cerca di un’occupazione (tra loro la percentuale di poveri sale al 19,8%). È netto anche per questi casi il peggioramento rispetto al periodo pre-crisi (si è passati da un’incidenza del 7,0% al 19,8%). Accanto a tali situazioni negli ultimi anni sembrano aggravarsi le difficoltà di chi può contare su un’occupazione, i cosiddetti working poor, magari sotto-occupati e/o a bassa remunerazione. Tra loro particolarmente preoccupante è la situazione delle famiglie di operai, per le quali la povertà sale all’11,7%. Al di sotto della media, invece, il livello di disagio delle famiglie di ritirati dal lavoro.
A questi dati è necessario confrontare il livello di spesa degli italiani, soprattutto nel periodo delle festività natalizie. Secondo una stima fatta da Fareambiente la spesa familiare si aggira intorno ai 700 euro differenziandoli però per appartenenza regionale e per tipologia di prodotti , mentre a Nord si tende a spendere in regali tecnologici e viaggi ( arrivando anche a superare i 1000 euro), a Sud si spenderà ( a volte anche meno dei 300 euro) per cibo e giocattoli oltre per i classici botti di Natale e luminarie, un po’ meno per i classici regali).
Diverso per l’ Europa in cui secondo quest’anno secondo i dati della diciannovesima edizione Deloitte Xmas Survey (che, anche quest’anno, ha raccolto l’opinione di oltre 6.500 consumatori in 9 paesi tra cui l’Italia Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo, Russia, Spagna) si spenderà in media 517 Euro, poco meno di quanto si è speso l’anno scorso ( 524 Euro ) cioè -1,3%). Secondo l’indagine della Deloitte l’Italia ne 2016 dei 3 Paesi dove si spende di più per Natale, spendendo 614 Euro contro i 620 Euro del 2015 (-1,0%). Preceduta da Danimarca e in Spagna.
È interessante constatare come gli unici prodotti che hanno superato bene la crisi, mostrando anzi un incremento, sono i prodotti alimentari (+3,6%), smartphone, tablet e altri strumenti elettronici (+0,6%), giocattoli (+0,6%), libri (0,2%) e profumi (0,1%); arresto invece per abbigliamento e calzature (-0,3%), oggetti d’arredo ed elettrodomestici (-2,3%). Quindi il Centro Sud risulta preferire più la tradizione del Nord, anche se in alcune regioni la tendenza sta mutando, sempre più si tende a festeggiare in famiglia. Sempre in base all’indagine di Fareambiente si evince, soprattutto ma non solo, nelle fasce più bisognose il ricorso a prodotti di scarsa qualità ( contraffatti e no marcati CE), tra cui giocattoli, pezzi di abbigliamento ma anche luci e addobbi di Natale. Il cibo tiene ancora anche se si tende ad acquistare per il pesce all’ultimo momento ( accontentandosi ) e seguendo le offerte per i panettoni, e altri dolci natalizi. Secondo i dati settori pubblicati dall’Euipo, l’Ufficio Ue per la protezione intellettuale l’Italia perde ogni anno oltre 8 miliardi di euro in seguito alla contraffazione e alla pirateria. Le perdite per l’Ue nel suo insieme totalizzano 83 miliardi l’anno, per 790mila posti persi. Di questi, 48 miliardi sono l’effetto diretto dei prodotti contraffatti immessi sul mercato, pari al 7,4% delle vendite, mentre 35 sono dovuti agli effetti indiretti. Per l’Italia sono 110mila posti di lavoro sottratti all’economia legale, mancato gettito fiscale per 5,5 miliardi.
Quando si parla di contraffazione dei prodotti si deve considerare anche il mercato online dei prodotti contraffatti muove in Italia un giro d’affari paragonabile a quello di una manovra finanziaria, il danno si aggira a quasi di 17 miliardi di euro, mentre i pagamenti tributari ammonterebbero a 5 miliardi di euro.
Se si considera che in genere a Natale si spende il 60% in più di tutto l’anno è facile capire quanto sia il guadagno del mercato illegale. Durante le festività natalizie “è necessario” mostrare un certo tenore di vita e quindi fondamentale procurarsi determinati beni, siano essi originali che contraffatti.