Bocciati senza appello, giudicati “autoreferenziali” e “poco interattivi”, visti nient’altro che la trasposizione sul web della politica tradizionale. Sono queste le tinte che emergono dal quadro tratteggiato dal CERMES – Università Bocconi di Milano, che ha analizzato i siti web istituzionali di 104 comuni con più di 60.000 abitanti.
L’Ateneo milanese ha costruito un indicatore, il Citizen web empowerment index (tradotto indice del processo di crescita del web per i cittadini) che misura il grado di presenza di informazioni e servizi personalizzati nonchè di trasparenza ed interattività dei cittadini. Il valore medio che è stato ottenuto è 37,30, rispetto ad un valore massimo di 100. Il che significa che rapportato in una scala decimale il valore medio dei siti web dei Comuni presi in esame non arriva al 4. Si tratta di un risultato per certi versi sconfortante.
I Comuni che raggiungono i punteggi migliori sono Arezzo, Udine e Venezia, che arrivano quasi a quota 70 (69,23), anche perchè sono quelli che hanno investito di più in infrastrutture, come fibra ottica e wi-fi. Milano si piazza al decimo posto (53,85, non raggiungendo comunque la sufficienza), mentre ancora più giù è Roma (65ma, punteggio 30,77). In fondo Viterbo, Caltanissetta e Fano.
L’indice è il risultato di 4 indicatori: il primo riguarda le informazioni contenute sul sito, e su questo aspetto la maggior parte dei comuni è prodiga di informazioni, il valore medio registrato è infatti di 64,42. Dunque le informazioni, del resto ormai obbligatorie per legge (gli “Albi Pretori on-line”), sui siti web ci sono, anche troppo, ed è questo il problema, spesso è difficoltoso per il cittadino trovare agevolmente quello che cerca.
Il secondo indicatore è relativo agli strumenti e strategie web, e misura il grado di presenza delle amministrazioni comunali su blog, forum piattaforme social, web tv e servizi per applicazioni mobili (smartphone e tablet), in quetso caso il valore medio non arriva a 30 (29,29), con la sola positiva eccezione di Torino. Non supera il 30% neanche il numero delle amministrazioni presenti su almeno una delle tre principali piattaforme social (Facebook, Twitter, YouTube) e soltanto 10 Comuni sui 104 analizzati hanno servizi su applicazioni mobili, per lo più dedicati ai turisti.
Il terzo indicatore misura il grado di consultazione dell’amministrazione nei confronti dei cittadini attraverso i siti web, qui il dato è decisamente negativo, strumenti quali i sondaggi, la possibilità di postare lamentele e un filo diretto con il sindaco, anche attraverso suoi social network. Il valore medio è molto basso, 22,12, con la sola significativa eccezione di Rimini che consegue addirittura il punteggio massimo.
Il quarto ed ultimo indicatore è relativo alla effettiva presa in considerazione dei reclami dei cittadini da parte delle amministrazioni, ed è qui che i valori ottenuti precipitano, appena 7,21 su 100, con le significative eccezioni di Venezia ed Udine. Lo studio del Cermis va anche oltre, rilevando come non ci sia una uniformità di standard sia di servizio sia grafici validi per tutti, ogni comune di fatto incarica il suo web designer e quindi 104 Comuni avranno 104 siti web differenti, ci si domanda se a questo punto la vocazione federalista non si sia di fatto tradotta sempre di più in un effettivo spreco di risorse e di disordine all’ennesima potenza.
PIETRO PIZZOLLA