Si è tenuta questa mattina a Salerno, nella Sala del Gonfalone di palazzo di città, la conferenza stampa di presentazione del progetto dei Colloqui di Salerno, ideato da Francesco G. Forte (edizioni oèdipus) e Vincenzo Esposito, (cattedra di Antropologia culturale della Facoltà di Filosofia di Salerno), che mira a diventare un appuntamento annuale e trae origine da una doppia vocazione: informazione e formazione.
Il tema di questa edizione – Grandi memorie – unisce, in due sessioni, la celebrazione, dal 3 all’8 novembre, del centenario di Tadeusz Kantor (1915-1990), maestro del Novecento teatrale, e il ricordo, dal 14 al 16 dicembre, del massimo innovatore europeo degli studi antropologici, Ernesto De Martino (1908-1965), nel cinquantenario della morte.
Il rapporto di Salerno con il genio di Kantor – pittore, scenografo, teorico, creatore di happening, regista, costruttore di incredibili macchine teatrali, e sostanzialmente poeta – cominciò alla fine degli anni Ottanta, con le rappresentazioni Crepino gli artisti (1988, Teatro A, Mercato S. Severino) e Qui non ci torno più (1990, Teatro Capitol, Salerno) – e, ancora oggi, quella straordinaria presenza è punto di riferimento per gli spettatori di allora -.
Poco più di dieci anni dopo, la città ritrovò l’arte kantoriana, con l’importante convegno alla Fondazione Menna (Achille Perilli, Lorenzo Mango, Renato Palazzi, Angelo Trimarco, Roberto Tessari, tra i partecipanti), una grande mostra documentaria, uno spettacolo dei gemelli Janicky, attori prediletti del maestro (che misero in scena, alla loro straordinaria maniera, un’antologia beckettiana) e una foltissima videorassegna curata da Andrzej Sapija.
Si conclude oggi l’ideale trilogia che Salerno ha dedicato, lungo un quarto di secolo, al Maestro polacco.
A sua volta, De Martino ha raccontato al mondo lo splendore e la miseria di un sud che, al di là della geografia, diviene «regione dell’anima».
Del grande capostipite dell’antropologia novecentesca si indagheranno, dal 14 al 16 dicembre, aspetti della personalità più reconditi e suggestivi, con una rilettura del nucleo profondo del suo pensare critico. Insieme, l’attenzione sarà posta su due figure centrali del meridionalismo: Carlo Levi (a 70 anni dalla pubblicazione del Cristo) e Rocco Scotellaro, il poeta-sindaco morto a 30 anni, la cui militanza politica coincide con quella culturale, morale e ideale della parte migliore del nostro Paese nell’immediato dopoguerra.