Una folla di personaggi entra nella mente e nel cuore di Marotta, tutti desiderosi di non essere dimenticati, infatti non lo saranno mai, come si evince dalle parole dello scrittore: “Questi sono alcuni dei fatti che mi sono venuti alla mente ripensando, nelle pause del mio spirito affaticato,. ai tempi della mia giovinezza selvaggia a Napoli, o che mi sono stati suggeriti dalle notizie che, di tanto in tanto, mi giungono qui, a Milano, attraverso lettere di mia sorella o di vecchi. amici. E ogni volta il mio cuore batte più forte, si riscalda, freme, mentre io mi distacco dalla vita presente e ritorno con tutto me stesso alla mia città natale.
Ne rivedo l’abbagliante sole, il cielo di un azzurro cobalto, il mare calmo o tenebroso, ma sempre affascinante, unico al mondo. Tra queste meraviglie della natura, rivedo una a.una le caratteristiche di quel mio strano, caro, eclettico popolo che piange e ride nello stesso tempo, soffre, ama, grida ai santi le sue passioni. A Napoli tutti noi che ci siamo nati e cresciuti abbiamo pregato, abitato, peccato; perciò sono certo che Dio non potrà non ricordarsi di averci fatto Lui, con le sue dita, come siamo. E ci assolverà sicuramente. Ci assolverà, parlandoci nel nostro dialetto”.
L’amore al bozzetto, al paradosso, alla satira bonaria, ma efficace, si era rivelato in lui, sin dai primi scritti, quasi sempre umoristici: Thtte a me, Questa volta mi sposo, Divorziamo, per piacere?, Mezzo miliardo, La scure d’argento, Il leone sgombera, Nulla di serio. Lavorò anche nelle redazioni di giornali umoristici (Bertoldo, Guerin meschino) finché non pervenne alla collaborazione del Corriere della Sera e alla direzione di Cinema illustrazione e Novella. Ritornando con piacere a L’oro di Napoli, che lo rese meritamente famoso, ripercorriamo i quindici racconti-bozzetti che costituiscono il testo e restiamo, dì volta in volta, irretiti dal suo fervore narrativo, dalla vivacità delle descrizioni di luoghi usuali per un napoletano: i vicoli, i quartieri ed ogni altro angolo della bellissima città, come gli scenari straordinari del golfo, del mare, dei monti. le caratteristiche figure dello scugnizzo, del guappo, della “paglietta” e il folklore delle abitudini e usanze di un popolo che ha nel sangue il gusto del sacro come del profano (le canzoni, il ragù, il gioco al lotto, lo sfottò col pernacchio e il culto attentissimo di San Gennaro) costituiscono un testo di rara ricchezza e attrazione.
(Continua…)
Home Rubriche Saggi & Romanzi SEGNI DELLA SCRITTURA DEL NOVECENTO – GIUSEPPE MAROTTA (seconda parte)