In sostanza, il Lesage, senza mai cadere in pedisseque imitazioni, prendeva spunti e terni ovunque cadeva la sua attenzione, secondo impressioni originalissime, che, col suo stile rapido, essenziale, elegante, paragonabile solo a quello di Voltaire, sviluppava, poi,in un’assolutezza di pensiero e di spirito. Per la grande capacità di riprendere, quasi che dipingesse, ambienti, personaggi e costumi, fu molto vicino al Goldoni, del quale possedeva la serena visione della vita, infarcita com’è di bene e di male.
Molti hanno visto in lui più il giornalista che lo scrittore, perché i suoi terni preferiti, in genere, sono evinti dalla vita sociale e dai fatti di cronaca, assai lontano da vacui sentimentalismi è da inutili lirismi occasionali. Egli è sempre padrone di se stesso, attento, naturale, osservatore. Dice di lui la Timbaldi Abruzzese: “(Lesage) è il primo esempio di uno scrittore ribelle all’imbarazzante consuetudine del mecenatismo. Nessuno mai, prima di lui, aveva pensato di poter vivere modestamente e dignitosamente dei proventi dei propri scritti; alacre autore in balia degli umori del pubblico, ma padrone assoluto della propria intimità familiare e delle proprie idee, piuttosto che celebrata penna imposta e tiranneggiata dagli interessi dei potenti”.
Della sua vita privata sappiamo ben poco: in qualità di orfano fu derubato da uno zio che gli faceva da tutore; più tardi si sposò mettendo su famiglia con i più sani principi affettivi e morali.
(Continua…)
Home Rubriche Saggi & Romanzi SEGNI DELLA SCRITTURA DEL NOVECENTO ALAIN REN LESAGE (parte sedicesima)