Correndo alla sbandata su per i tetti, fu attratto dalla luce che proveniva dall’abbaino di una oscura costruzione. Attraverso una finestra finì dentro lo studio di un potentissimo mago, capace di imprigionare in apposite ampolle di vetro ogni cosa ch’egli volesse. Il malcapitato si girava intorno meravigliato, credendo di trovarsi nello studio di un astrologo o di un alchimista, quando un sospiro, simile a quello umano, lo fece sussultare due volte. Si accorse, poi, che esso proveniva da un’ampolla simile a molte altre collocate insieme da una parte. Sentendo sospirare ben due volte, esclamò preoccupato: “Chi diavolo sospira qui?”. Ben presto fu informato dal diavolo prigioniero della sua sventura, con la preghiera di liberarlo rompendo l’ampolla. Dopo molti dubbi ed esitazioni, don Cleofa lo liberò facendo con lui un patto di amicizia. Asmodeo, una volta liberato ed assunto il suo aspetto normale, che l’autore definisce brutto e sgraziato, pregò l’altro di aggrapparsi al suo strano mantello, arabescato con disegni osceni, e propose di fuggire lontano prima che il mago salisse per continuare i suoi lavori di stregoneria. Il diavolo lo porta su un’alta torre donde si possono vedere tutte le case, che magicamente vengono scoperchiate, perché egli possa osservare che cosa fanno gli uomini di ogni ceto sociale nell’intimità delle proprie case, negli uffici, nelle piazze e per le strade.
A questo punto il lettore può liberamente immaginare le situazioni più ridicole, imbarazzanti e piccanti che don Cleofa riesce ad osservare nitidamente. A tale proposito, la saggista Marisa Zini così dice: “Nel diable boiteux la storia dello scolaro don Cleofa è un pretesto per rintracciare alla svelta ogni sorta di vicenda; è canovaccio su cui l’autore si diverte a ricamare quei poveri ridicoli pupazzetti che sono gli uomini: si diverte è la parola esatta”.
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