Lo sfolgorio eccitato degli strumentini nella prima festa de’ La Traviata che Valéry definisce un clima saturo di nevrosi sentimentale, inaugurerà l’ultima serata, domenica 11 giugno, alle ore 20, della IV edizione del Festival di Musica da Camera, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, ospite della Chiesa di Santa Apollonia, ideato dalle docenti del dipartimento di musica da camera Anna Bellagamba e Francesca Taviani. L’orchestra, nel nostro caso un decimino di fiati, diretto da Antonio Fraioli, seguirà il piano dialogico con mirabile fluidità narrativa. Un colore capace di disporsi su di una trama armonica essenziale, con attitudine infallibile alla modulazione, senso dei gradi fondamentali, e, infine, il giusto alleggerimento un gusto del racconto, un’urgenza quasi dolorosa del ritmo e, infine, l’opaca connotazione dell’atto conclusivo, dedicato all’idea di morte. Colette Manciero si trasformerà, quindi, nella Desdemona dell’Otello di Giuseppe Verdi. L’Ave Maria è un pezzo veramente struggente situato alla scena seconda del quarto atto. Desdemona non comprende l’atteggiamento strano di Otello nei suo riguardi. Il Moro è ormai accecato dalla gelosia causata dal vile e sottile piano di Jago che lo odia a morte.
Dal punto di vista propriamente musicale, il brano è un vero gioiello: c’è tutta un’orchestra ad accompagnare le ultime disperate parole di Desdemona, che lo fa con una delicatissima tenerezza. I marcati accordi pianissimo, presagiscono la triste fine. I lenti e numerosi cromatismi aumentano il clima arcano; l’intonazione grave del canto tende ad esporre in suoni scuri il senso della preghiera; l’Amen finale, che sigilla il tutto riportando i cromatismi suddetti alla rigorosità di una tonalità ben precisa, chiude il canto e, con esso, l’esistenza terrena di un amore sventurato, che ora non può far altro che rivolgersi alla piena di grazia. La prima parte della serata sarà chiusa dalla Petite Symphonie per fiati di Charles Gounod, una piacevole e deliziosa composizione musicale che conferma lo stile essenzialmente melodico del soave artista parigino, perfettamente a suo agio nell’elaborare contrappuntisticamente i temi e svolgerli con quell’elegante gusto della strumentazione, mirante a porre in evidenza il profumo timbrico dell’invenzione armonica. L’Andante è il momento più sinceramente gounodiano e si inserisce adeguatamente tra schiarite allegre e scherzose di pungente effetto strumentale. Con Renato Grisoni, si entrerà, poi, in una corte rinascimentale per danzare Furlane, Pavane e Gagliarde, prima d’incontrare Floria Tosca. Sarà ancora Colette Manciero ad elevare il “Vissi d’arte”, che va a schizzare la Tosca religiosa che arriva a sconfinare nel bigottismo: è il momento del riscatto, donna del popolo e credente, un momento prima dell’inganno e dell’omicidio di Scarpia. Finale sulle note della Sinfonia dall’Opera Luisa Miller di Giuseppe Verdi. La singolarità di questa sinfonia sta nel “prestare” allo sviluppo del dramma parametri formali e linguistici che appartengono alla musica strumentale, come il trattamento contrappuntistico e il cromatismo, quasi nello stesso rapporto che un’elaborazione, all’interno di un Allegro di sonata, stabilisce con la riesposizione. Attestano questa strategia numerosi richiami in forma di varianti, sovente poco più di dettagli, che saldano tra loro diversi scorci della vicenda, determinando con forza un itinerario sonoro di morte.