dal Presidente della Sezione Provinciale della FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee) di Salerno Alberto Gentile riceviamo e pubblichiamo:
“In Procura il fiume dei veleni. Dossier choc dell’Arpac” – “Nell’Irno concentrazione record di colibatteri fecali” – “Allacciamenti abusivi portano colibatteri fecali nell’Irno”.
Questi sono solo alcuni dei titoli apparsi sui quotidiani locali nei giorni scorsi.
Dunque, l’Irno è inquinato, “un fiume di veleni” addirittura, o quanto meno una fogna a cielo aperto. E sicuramente è tale nell’immaginario collettivo di gran parte dei salernitani: non un fiume, ma un canale cementificato, a volte maleodorante, che attraversa la città e che finisce in mare troppo vicino alle spiagge cittadine. Ed è anche un pericolo, in caso di inondazioni, come quella del 1954, in cui però non fu l’Irno a causare i danni maggiori.
Sarebbe allora forse meglio se non ci fosse, l’Irno, se si potesse eliminarlo o nasconderlo, anche se poi una traccia rimarrebbe comunque nella parola Salerno, la cui radice sembra rimandare al nome del fiume.
Eppure l’Irno c’è. Ed è vivo, nonostante gli scarichi, il cemento e tutti gli oltraggi che ogni giorno riceve. Può sembrare paradossale, ma in tempi recenti non è mai stato in salute come oggi.
E’ la storia di un piccolo miracolo avvenuto per opera di un gruppo di volontari che poi hanno dato vita all’associazione “Amici della Valle dell’Irno”: a seguito degli interventi effettuati a partire dagli inizi del 2000, consistenti nella riqualificazione del tratto superiore dell’Irno, grazie alla collaborazione tra l’Ente Parco Urbano dell’Irno e la FIPSAS di Salerno, nel 2010 è stato avviato il progetto “macrostigma”, con il ripopolamento del fiume con migliaia di avannotti di trota di ceppo mediterraneo macrostigma (la trota autoctona!).
Nonostante le condizioni ambientali non certo perfette, le trote si sono accresciute rapidamente e distribuite lungo tutto il corso del fiume, fino alla foce. Quest’anno, in occasione dei campionamenti periodici, si è avuta la conferma che le “macrostigma” si sono riprodotte naturalmente con successo, come dimostrano le numerose trotelle rinvenute. Sono stati anche effettuati ripopolamenti con ciprinidi (carpe, tinche) che sono maggiormente concentrati nei laghetti.
L’Irno quindi è un fiume vivo, e in particolare presenta una popolazione di salmonidi capace di autosostenersi. Questo fatto è di notevole importanza in quanto il monitoraggio di questa popolazione rappresenta un “termometro” per la salute del fiume, insieme ad una serie di altri indicatori biologici.
Alla luce di questi risultati, l’Irno oggi rappresenta non più solo un problema, ma anche una risorsa, da preservare e gestire al meglio. Sono, infatti, possibili attività sportive, educative e ludiche: abbiamo già organizzato tante gare di pesca (con tecnica no-kill, reimmettendo cioè i pesci in acqua) e ospitato scolaresche per osservazioni e lezioni di ecologia fluviale all’aperto. La pesca sportiva è possibile fornendosi di un apposito permesso, oltre alla normale licenza di pesca. Da marzo 2014, l’Irno è stato inserito nell’elenco delle acque a salmonidi della Provincia di Salerno ed è stato sottoposto ad un regime elevato di protezione.
E’ ora necessario che gli Enti preposti, ma soprattutto i Comuni interessati (Baronissi, Pellezzano e Salerno) si attivino sia per la risoluzione dei problemi legati all’inquinamento (sono ancora molti gli scarichi fognari che si riversano nel fiume, soprattutto nel tratto salernitano), che per progetti relativi alla riqualificazione e alla fruizione di questo fiume.
E’ ora che Salerno ritrovi l’Irno, il suo fiume, da troppo tempo dimenticato.