Salerno Barocca, primo appuntamento martedì 14 a Santa Maria de’ Lama.

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Ritorna la grande musica barocca a Salerno con l’Associazione Culturale Emiolia, che prende il nome dalla figura simbolo del mutamento ritmico, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio, con una serata d’anteprima del cartellone della stagione concertistica 2022 dal titolo “In cordis cordae”, che ci accompagnerà  dal 21 gennaio al 23 dicembre, in collaborazione con il Touring club di Salerno, l’Arcidiocesi salernitana e col patrocinio morale del Comune di Salerno, che consisterà in ben undici appuntamenti,  che avranno cadenza mensile, in cui giovani musicisti di formazione campana si alterneranno a maestri di fama nazionale nell’esecuzione delle pagine più  interessanti del periodo barocco e rinascimentale.

Il concerto inaugurale di Salerno Barocca e della stessa associazione Emiolia si terrà nella Chiesa di Santa Maria de’ Lama martedì 14 dicembre, alle ore 20,30, e vedrà protagonisti di questa serata dal titolo “Io t’abbraccio”, il soprano Giada Campione, il controtenore Pasquale Auricchio mentre, al cembalo siederà Marius Bartoccini, che terrà a “battesimo”, acquisito dall’ associazione, costruito nel 1980 da Alfredo Ryczaj su modello di un Tasquin francese del 1754 doppia  tastiera con quattro registri, uno dei pochi pezzi originali salvatosi  dall’essere bruciato durante la rivoluzione francese, appartenuto al Maestro Emilia  Fadini clavicembalista, pianista e musicologa italiana sul quale ha sviluppato gli studi di  revisione delle Sonate di Scarlatti pubblicate in edizione Ricordi.

Il concerto monografico, dedicato per intero a Georg Friedrich Handel, principierà con l’aria “Ombra mai fu” dal Xerse, opera del 1738, una melodia che procede a mo’ di inno, indicata nell’originale come Larghetto, insidiosamente modificata da editori successivi in un Largo strascinato che priva la melodia del suo vigore e le conferisce un indebito sapore pseudo-religioso. L’eloquio dell’amante, che sarà Pasquale Auricchio, è descritto come qualcosa che sfugge ad ogni predeterminazione retorica, è sincero e spontaneo. Non conosce cesure di tipo armonico: non sfugge, evita le cadenze spostando di volta in volta la conclusione, costituendo così un arco tensivo. Si procederà con “Tornami a vagheggiar” dall’Alcina, opera composta nel 1735, aria di sortita del soprano Giada Campione, nel ruolo di Morgana. L’aria tratta dal primo atto, in cui bisogna all’inizio assistere al trionfo di questi piaceri sui quali regna la maga per vederne in seguito la disfatta, ha in comune con altre sette arie la seduzione, le sue trappole e il suo fascino, una seduzione che brilla con tutto il suo ardore in questa celebre aria, superbo ritratto di una certa civetteria femminile. Due i numeri dal Giulio Cesare, del 1724, una delle opere maggiori di Handel, a tutt’oggi forse la più famosa, un’imponente galleria di ritratti, calati in una realtà vivificata da un drammatismo che si affida non tanto all’evolversi dell’azione, quanto alle mutazioni della psicologia dei personaggi. Da questa galleria, trarremo fuori Sesto, con l’aria “Cara speme”, che assapora l’imminente vendetta la cui forte valenza introspettiva è resa mirabilmente dall’essenzialità musicale e “Caro! Bella!”, un duetto tra il protagonista e Cleopatra che accetta la corona e lo scettro d’Egitto come alleato di Roma, e lei e Cesare dichiarano il loro amore, con le voci che si incrociano carezzevolmente, in un raffinato e tenero contrappunto impaginato armoniosamente. Ritorna la Morgana di Giada Campione per “Credete al mio dolor”, aria che principia il III atto dell’opera Alcina, in cui la fata raccoglie quello che ha seminato: rivendica la libertà di amare a piacere ed è ora che colui per il quale sospira che la respinge. Le frequenti terzine di semicrome aggiungono grazia al lungo lamento della fanciulla e la melodia che privilegia il registro acuto della sua voce di soprano è pervaso da una leggera malinconia e potrebbe essere stato scritto da qualche musicista napoletano dell’epoca. Finale con la pagina che ha offerto il titolo all’intera serata, “Io t’abbraccio” dalla Rodelinda, datata 1725, con la protagonista che canta anche l’unico duetto dell’opera che Handel prevede anche per il primo uomo, ossia Bertarido, alla fine del Secondo Atto, in cui la commozione cambia segno perché alla felicità dei ritrovati coniugi segue un nuovo, struggente addio tra i due, dinnanzi ad una morte certa ordinata da Grimoaldo.