a cura di Nicola Castorino, giornalista economico
Ebbene si. Dopo venti anni dalla promulgazione della legge “anti-usura”, quella riportante il n. 108 e la data del 7 marzo 1996, si ritorna a parlare di anatocismo. Il termine, inizialmente comune a pochi e diventato poi di dominio pubblico, definisce in pratica gli “interessi composti”, ossia il fatto che gli interessi già scaduti (cioè maturati) e non pagati diventino bene capitale e come tali siano suscettibili di produrre interesse a loro volta. Pratica applicata in passato dalle banche e considerata illegale, oggi viene messa in discussione. Il tema, che in passato è stato oggetto di dibattimenti in aula, nei tre gradi di giudizio previsti e costato agli istituti di credito tanti soldi, ritorna di scottante attualità. Il termine appare opportuno poiché, proprio in questi giorni, mentre il sole scotta e gli italiani si godono le ferie estive, rilassandosi nei luoghi di villeggiatura, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, nelle funzioni di Presidente del CICR ( il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, ndr), con Decreto d’urgenza n. 343 del 3 agosto 2016, ha dato attuazione alle nuove “Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria” . In pratica cosa accadrà ai titolari dei “conti in rosso”? A partire dal 1° marzo 2017 le banche potranno esigere dalla clientela gli interessi maturati dal 1° ottobre al 31 dicembre 2016, concedendo al cliente, prima di procedere all’addebito effettivo, un periodo ulteriore di 30 giorni dall’invio delle comunicazioni, per effettuarne il pagamento. Al cliente viene “concessa” la facoltà di autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata – pur riferita al conteggio di interessi passivi – è considerata sorta capitale e può produrre ulteriori interessi. Tale possibilità concessa al correntista cela, dunque, una sorta di “imposizione”: l’obbligo di liquidazione degli interessi passivi solutori entro 30 giorni, se non rispettato dal correntista, si tramuta sostanzialmente in una legittimazione ed automatizzazione dell’anatocismo annuale e poco vale nella realtà delle cose l’aver previsto che “l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo“. Nella realtà ciò che resta al correntista è la facoltà di scelta: pagare gli interessi maturati extra fido nell’anno solare precedente al 1° marzo di ogni anno, oppure farli addebitare in conto dando così via alla capitalizzazione composta degli stessi. Alla luce di quanto stabilito pare quindi si possa ragionevolmente concludere che l’intervento del legislatore abbia inteso reintrodurre, almeno parzialmente, la legittimità della pratica anatocistica, ma ciò a favore solo del sistema bancario, colpendo il ceto medio basso della clientela ordinaria, quella che fronteggia il costo della vita con il ricorso al credito bancario e che per tale esigenza non sarà certamente in grado di pagare “fuori conto” gli interessi passivi maturati annualmente ed evitare la “nuova” capitalizzazione degli interessi.
Nicola Castorino