da Coraggio Salerno riceviamo e pubblichiamo
No, non si tratta di un classico pesce d’Aprile.
Apprendiamo dal sito istituzionale che la Provincia di Salerno ha pubblicato una manifestazione di interesse per «progettare e realizzare il restauro a titolo gratuito di alcune opere d’arte costituenti il vasto e ricco patrimonio dell’Ente». Più avanti nel bando si legge che «le proposte progettuali e la realizzazione degli interventi non dovranno comportare oneri per l’Ente e pertanto saranno realizzate a cura e spese del restauratore».
Ci si trova davanti ad una chiara manifestazione di quello che, per gli enti locali, è il ruolo marginale che la cultura deve avere: il patrimonio culturale della Provincia di Salerno è ampio, ma per tutelarlo si sceglie di non spendere soldi. In altre parole, si sceglie di non retribuire col giusto compenso un professionista, ma di sfruttarlo in maniera volontaria, per fini che non hanno nulla di solidale, come le opere di volontariato prevedono.
Ma al danno si aggiunge la beffa. Il restauratore che sarà scelto, non solo non sarà retribuito, ma dovrà provvedere alle spese del proprio lavoro. Sì, non solo non è prevista alcuna retribuzione, non è nemmeno previsto un rimborso legato alle spese.
Questa richiesta squalifica una intera categoria fatta di professionisti più che specializzati, i quali, spesso, hanno già affrontato percorsi di studio costosi.
Per quale motivo un giovane dovrebbe intraprendere gli studi per diventare restauratore (lo ripetiamo, un professionista specializzato) se il mercato che lo attende è basato su un modello di lavoro gratuito, occasionale, o “flessibile”, vale a dire precario?
Cosa aspettarsi dal futuro se è addirittura un ente pubblico a non riconoscerne la professionalità?
Vorremmo poter dire che questo è un caso specifico, occasionale, del territorio salernitano, ma purtroppo è la cartina tornasole di un modo di vedere il lavoro culturale, che da troppi anni dilaga nel nostro Paese. Scuola, università, ricerca e beni culturali sono il salvadanaio dello Stato, pronto ad essere rotto quando serve trovare fondi da spendere in altro, causando precarietà e dequalificazione di interi settori, che solo a parole vengono definiti strategici per l’Italia.
La provincia ha cercato di difendersi, sostenendo che si tratta di un “Avviso Esplorativo” e non di un bando… e neanche questo è un pesce d’Aprile.
Chiediamo che il bando venga immediatamente ritirato; oppure, che venga modificato specificando che le spese dovranno essere a carico dell’Ente e prevedendo il giusto compenso per chi verrà selezionato: il lavoro si paga!
Invitiamo tutti e tutte, associazioni e singoli, a sostenerci sottoscrivendo pubblicamente queste richieste.