Undici febbraio 2018. Ore 18,15, la Chiesa del Lacco si popola dei primi arrivi. Sciarpe e cappelli sugli scanni, qualche battuta, l’occhio all’orologio per controllare chi manca ancora, cellulari che si infiammano di whatsapp. Don Raffaele Ferrigno, parroco del Lacco, accoglie e sorride. Dalla sagrestia arriva l’odore di buono che hanno tutte le cose in via di cominciare. Se c’è un evento che mette sintonia fra le generazioni è proprio questo: la Chiesa è gremita, la partecipazione autentica, sentita. Ci sono intere famiglie, bambini ed adulti, tutti insieme per la riunione preparatoria a quella che sarà l’edizione 2018 della Via Crucis di Ravello. Attenzione, non un semplice spettacolo rievocativo, e nemmeno una compiaciuta lettura teatrale di una verità di fede, ma come la conclusione dell’incontro ha rivelato e fortemente sostenuto, un momento della vita di Ravello, forse uno dei più importanti non solo dal punto di vista liturgico, ma soprattutto sociale, chiara testimonianza del senso di comunità, di appartenersi ed appartenere ad un territorio. Ancora una volta l’Associazione Ravello in Scena, sotto la guida del presidente Alfonso Mansi, combattivo, generoso ed entusiasta come un crociato, si imbarca coraggiosamente nella corsa ai preparativi, nel tourbillon dei dettagli di regia, dei ruoli da affidare, delle cose da cambiare o migliorare. Grande sostegno arriva per lui dal primo cittadino di Ravello, Salvatore Di Martino, che ribadisce l’obiettivo di istituzionalizzazione dell’evento e dal direttore di Villa Rufolo, Secondo Amalfitano, che sottolinea anche il supporto della Fondazione Ravello, invitando alla coesione e al superamento di inutili e sterili polemiche.
Stoffe, schermi giganti, tavole, crocifissi, camici, pali, torrette da issare, tempi da rispettare, con la solita speranza/ scongiuro rivolta al cielo perché anche quest’anno sia benevolo nella fatidica Domenica delle Palme.
I dettagli tecnici vanno giustamente elencati ma i veri protagonisti della riunione sono la partecipazione e la voglia che animano quanti hanno interrotto la “ liturgia canonica” della domenica, fatta magari di divano, partite e casa, o di una passeggiata con i bambini in versione carnevalesca, e sono presenti con il cuore innanzitutto, e poi con le mani e la fatica. C’è una data di partenza per l’inizio dei lavori, è come il fischio di un treno, fine mese: bisogna allestire l’Orto degli Ulivi, il Sinedrio, le donne penseranno ai costumi, altri a stabilire gli orari e i giorni di prova. Ma soprattutto bisogna lavorare ricordando che la Via Crucis non appartiene ad un singolo, ad una sola associazione, non è di questo o quell’anno. Appartiene alla memoria e alla tradizione di Ravello, e questi due elementi non hanno data di scadenza o un genitivo sassone.
Anzi, alcune delle persone presenti alla riunione, testimoni delle prime edizioni, contraddistinte forse da meno polemiche e tanti più problemi, dalle difficoltà economiche a quelle logistiche, lo confermano e sono ancora una volta pronti a parlare di costumi, ore di lavoro e pali. Lo fanno con l’entusiasmo che hanno i ragazzi quando si organizza una festa e alla lista di cose da comprare, si aggiungono tanti dettagli e persone da invitare. Perché questa “festa santa” è di tutti e le sue porte, come quelle della Chiesa del Lacco nella sera dell’11 febbraio, sono sempre spalancate.