La 26esima edizione del Rapporto annuale Istat, presentato oggi, verte sul tema delle reti e delle relazioni sociali ed economiche: quelle tra imprese e imprenditori, quelle nel mondo del lavoro, quelle tra familiari e amici, quelle della cultura e della conoscenza.
Facendo leva sul patrimonio informativo dell’Istituto e degli altri enti appartenenti al Sistema statistico nazionale, il Rapporto produrre un’informazione di maggiore dettaglio e capace di fornire elementi utili ad assumere, a qualunque livello, decisioni documentate.
Nel 2017 si è consolidata la fase espansiva dell’economia internazionale: la crescita del Pil mondiale è stata del 3,8% rispetto al 3,2% del 2016. L’accelerazione della ripresa ha contribuito alla risalita dei corsi delle materie prime.
Nell’Uem la ripresa nel 2017 è stata sostenuta (+2,4%, dal +1,8% nel 2016). L’aumento del tasso di crescita è trainato dalla domanda estera netta, che ha offerto un contributo positivo di sei decimi, dopo averne sottratti quattro nel 2016. Nella media dell’anno sono tornati a crescere i prezzi al consumo (+1,5% rispetto al +0,2% del 2016)
In Italia la crescita è andata consolidandosi nel 2017: il Pil è cresciuto dell’1,5% (+0,9% nel 2016). Come nel 2016, a sostenere la ripresa sono stati gli investimenti fissi lordi, con un contributo di 0,6 punti percentuali; positivo anche il contributo della domanda estera netta (0,2 punti percentuali) che nel 2016 aveva frenato la crescita in egual misura.
È proseguita la risalita dei consumi delle famiglie. Il volume della spesa delle famiglie residenti è aumentato dell’1,4%, un ritmo analogo a quello del 2016.
Nel 2017 l’Italia ha beneficiato della ripresa del commercio internazionale. Il volume delle
esportazioni di beni e servizi è cresciuto del 5,4%, quello delle importazioni del 5,3%. L’avanzo commerciale è stato di 47,5 miliardi, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (49,6 miliardi). Al netto dei prodotti energetici, l’avanzo è invece cresciuto da 76,2 a 81,0 miliardi.
L’espansione dell’attività ha interessato tutti i settori produttivi, a eccezione dell’agricoltura: l’aumento del valore aggiunto è più marcato nell’industria in senso stretto (+2,1%), pari all’1,5% nell’insieme delle attività dei servizi, moderato nelle costruzioni (+0,8%).
La produzione industriale è aumentata del 3,6% (al netto degli effetti di calendario), rispetto al +1,9% nel 2016. Questo andamento ha interessato tutti i raggruppamenti di industrie ed è stato particolarmente intenso per i beni di consumo durevoli (+5,3%) e per i beni strumentali (+5,1%).
Per la prima volta dal 2008, l’indice della produzione nelle costruzioni ha mostrato una variazione positiva (+0,8%, al netto degli effetti di calendario), con un andamento particolarmente vivace negli ultimi mesi dell’anno.
Nel 2017 la crescita del valore aggiunto nei servizi di mercato è stata sostenuta in tutti i comparti. Le variazioni più elevate si sono registrate nel comparto dell’alloggio e ristorazione (+4,5%), nella logistica (+3,1%) e nel commercio (+2,3%).
Nel biennio 2015-2016 l’economia è tornata a crescere nel Mezzogiorno, dopo sette anni di
contrazione: il Pil in volume è aumentato del 2,4%, un valore superiore a quello medio nazionale (+1,9%).
Nel 2017 l’inflazione in Italia ha registrato una variazione positiva (+1,3%) dopo tre anni di
stagnazione. Alla ripresa dell’inflazione ha contribuito in particolare l’aumento dei prezzi dei beni energetici (+4,5%) dopo la prolungata fase di contrazione iniziata nel 2013. Sia l’indice generale sia l’inflazione di fondo (stabile intorno allo 0,8%) si mantengono due-tre decimi sotto la media Uem.
La ripresa del mercato del lavoro, iniziata a partire dalla seconda metà del 2014, è andata
consolidandosi nel 2017. Nella media dell’anno gli occupati stimati dalla contabilità nazionale sono circa 284 mila in più rispetto al 2016, a fronte dei circa 324 mila in più registrati l’anno precedente.
In questo quadro un segnale importante proviene dalla ripresa del monte-ore lavorate che nel 2017 ha raggiunto quota 10,8 miliardi di ore, ormai vicina al recupero dei livelli pre-crisi (circa 11,5 miliardi di ore nel 2007).
I progressi sul mercato del lavoro si sono accompagnati a una dinamica salariale contenuta. Nel 2017 le retribuzioni contrattuali per dipendente sono aumentate dello 0,6%, in linea con il minimo storico realizzato l’anno precedente ma in lieve accelerazione nell’ultimo trimestre (+0,8%). Le retribuzioni lorde di fatto per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno registrano un aumento dello 0,2%, contro lo 0,7% nel 2016.
Il costo del lavoro per occupato è cresciuto nel 2017 dello 0,4% mentre quello rapportato alle unità di prodotto è diminuito dello 0,1%, a testimonianza di una ripresa della produttività del lavoro (+0,4%).
L’indebitamento netto è sceso sotto i 40 miliardi di euro e la sua incidenza sul Pil è diminuita dal 2,5 al 2,3%. In diminuzione anche il rapporto debito/Pil, da 132,0 a 131,8%, e la pressione fiscale, da 42,7 a 42,5%.
Per il 2018 il Fondo monetario internazionale stima una crescita mondiale del 3,9%, associata al miglioramento delle prospettive nei paesi emergenti. Si profilano, tuttavia, segnali di incertezza legati all’evoluzione delle politiche commerciali di Stati Uniti e Cina, alla prosecuzione del processo di normalizzazione della politica monetaria statunitense e agli effetti dei rialzi dei tassi sui mercati finanziari e valutari.
Per l’Uem gli indicatori anticipatori delineano prospettive di crescita in linea con i risultati del 2017. L’Economic sentiment indicator mostra un peggioramento del clima di fiducia degli imprenditori nel mese di marzo, a fronte di una sostanziale stabilità nella fiducia dei consumatori.
Nei primi mesi del 2018 le quotazioni del petrolio sono risultate in aumento rispetto ai livelli di fine 2017. Nella media del primo trimestre il Brent è stato scambiato a 67,1 dollari a barile (rispetto a 61,3 del quarto trimestre), raggiungendo i 71,4 dollari a fine aprile; nei primi mesi dell’anno il tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro ha continuato ad apprezzarsi.
Gli indicatori disponibili per i primi mesi del 2018 segnalano la prosecuzione del recupero della
crescita dell’economia italiana, pur se a ritmi moderati. Sulla base delle stime preliminari dell’Istat rilasciate lo scorso 2 maggio, nel primo trimestre del 2018 il Pil è salito dello 0,3% sul trimestre precedente. Nello stesso periodo la fiducia delle famiglie è risultata in crescita, mentre quella delle imprese è diminuita, mantenendosi però su livelli elevati.
Dal 2017 gli indicatori di monitoraggio sulla situazione socio-economica e ambientale prodotti
dall’Istat (indicatori di Benessere equo e sostenibile-Bes) sono entrati a far parte del ciclo di
programmazione. Si tratta di una novità di rilievo, andata a regime nel Documento di economia e finanza (Def) 2018: l’Italia è il primo paese a recepire istanze condivise in ambito internazionale, includendo nel bilancio aspetti importanti della qualità della vita, a complemento dei tradizionali indicatori economici.
Nel 2017, il benessere degli italiani misurato nel Def mostra un deciso miglioramento in cinque dei dodici indicatori considerati e un arretramento nei rimanenti sette. In positivo, presentano tendenze concordi da un triennio o più la riduzione della criminalità predatoria, il miglioramento nella partecipazione al mercato del lavoro e la riduzione della durata delle cause civili; in negativo, l’aumento della diseguaglianza e della povertà assoluta. Quest’ultima, secondo le stime preliminari nel 2017 interesserebbe l’8,3% dei residenti contro il 7,9% nel 2016.