“Il ritratto è un modo di autoritrarsi, di vedersi negli occhi dell’altro. E’ un po’ un modo di interpretare il proprio rapporto con l’altro”. E’ questo il significato di ritratto secondo il professor Massimo Bignardi, ideatore e curatore della mostra “Ritratto/Autoritratto” inaugurata sabato sera alla Pinacoteca Provinciale di Via Mercanti che propone le opere di quattro artiste: la napoletana Mary Cinque, l’avellinese Eliana Petrizzi, la salernitana Francesca Poto e la barese Angela Rapio. La mostra, che resterà aperta fino al 26 aprile, propone le opere di ognuna realizzate con varie tecniche: dalla pittura a olio, all’incisione, dal disegno al collage. Dopo l’introduzione dell’artista Lucio Afeltra, che ha ricordato che la mostra rientra nell’ambito del ciclo di mostre “Le Stanze del Museo”, il professor Massimo Bignardi, ha presentato la mostra:” Nella prima stanza, dove sono esposte opere del 400, del 500 e del 600, nella quale l’immagine della Madonna è ripetuta allo stesso modo nelle tre epoche, c’è installazione di Angela Rapio che allo stesso modo lavora sul sistema iconico, sulla ripetizione della scena del lupo che entra nel bosco. Lo specchio presente nell’opera rappresenta l’autoritratto, ovvero ciò che noi cerchiamo di noi. Non è lo specchio, che è vuoto, a riproporci la nostra immagine. Siamo noi a proporla mettendoci davanti allo specchio. Nella seconda stanza, quella dove espone Eliana Petrizzi, ci sono quadri del barocco e tardo barocco dove l’idea della pittura spazia: non c’è una forma chiusa, ma una forma aperta che si dilata nello spazio. Eliana Petrizzi fa una pittura fedele non alla realtà, ma a quello che noi immaginiamo della realtà, creando una sorta di corto circuito tra il barocco, estensione dello spazio, e il neoclassico che ci dà l’essenzialità. Intorno all’installazione di Mary Cinque ci sono dipinti dell’800 e del 900 di pittori salernitani, soprattutto della Costiera Amalfitana che dipingevano paesaggi che servivano ad attirare i turisti. Mary ha impaginato i suoi disegni come se fossero esposti in un’edicola di giornali. Dietro l’opera di Francesca Poto c’è una serie di paesaggi che sono un’irrealtà. Tutto è articolato tra la scena e il miracolo tecnologico del QR Code. Si rende reale ciò che noi immaginiamo”. Cinque sono gli atti scenici dell’installazione realizzata con tecnica mista che raccontano la storia “Il lupo e il rosso” di Angela Rapio:” Il rosso rappresenta Cappuccetto Rosso che è racchiuso in un puntino rosso che rappresenta la mia interiorità ed anche la speranza- ha spiegato la pittrice – ogni spettatore guardandosi negli specchi posti alla base delle realizzazioni, diventa “Cappuccetto Rosso”.
L’avellinese Eliana Petrizzi, nella sua installazione Egomorphosys, propone un racconto per frammenti privati: “Una sorta di galleria che mette a nudo i luoghi del mio sguardo, figure determinanti del mio passato e del mio presente, precisi modelli soprattutto di assenza”. Le opere realizzate sono dipinti a olio su carta d’Amalfi applicata su tavola di legno 25×25, inserite su una struttura in ferro. Il rosso è il colore utilizzato:” Dipingo per monocromie. Il rosso è parte fondante della mia ricerca artistica “. Alla fine di una delle strutture in ferro c’è un riquadro vuoto:” Rappresenta l’impossibilità di raccontarsi, Possiamo conoscerci solo attraverso lo sguardo degli altri”.
L’installazione che la salernitana Francesca Poto ha ideato per la sala centrale è un omaggio ad una icona del nostro tempo, Amy Winehouse: “Il suo canto emotivo mi ha sempre profondamente colpito. L’ispirazione a ritrarla mi è venuta dalla visione del video tratto dall’album Back to Black”. Le otto calcografie nelle quali è raffigurato il volto dell’artista, realizzate in acquatinta su lastra di zinco, sono state installate, a semicerchio, su dei leggii come quelli usati dai musicisti. A centro della sala un unico leggio sul quale è posto un grande QR Code che letto attraverso uno smartphone consente di vedere e ascoltare il video con le struggenti note di ” Back To Black” di Amy Winehouse.
Mary Cinque, assente perché a Londra, ha raccolto una serie di suoi disegni e li ha posizionati su delle strutture in legno come se fossero pagine di un giornale messe in evidenza davanti ad una edicola . Per Mary Cinque, come ha scritto nel catalogo della mostra, “ Il ritratto è un cerimoniale di “caccia”. Ritraggo proprio come se stessi facendo un safari fotografico, la mia savana è la città e i miei animali gli esseri umani. Per me ritratto, non è solo un volto, posso ritrarre anche un oggetto, un palazzo.
Il Professor Bignardi ha concluso spiegando il senso della mostra:” Nella contemporaneità c’è un livello di riflessione che parte da lontano. Possiamo continuare a giocare e misurarci nel museo senza avere la sudditanza di essere contemporanei e quindi incompresi, né tantomeno di scappare dalla storia perché queste opere già domani sono storia e continueranno a stare nella nostra mente”.
Aniello Palumbo.