PIRAP Laghetti Montani Vallo di Diano, la Comunità Montana contro la bocciatura della Soprintendenza.

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comunità-montana-vallo-di-dianoDalla Comunità Montana Vallo di Diano riceviamo e pubblichiamo:

E’ solamente scandaloso. E’ quello che viene da dire di fronte alla bocciatura da parte della Soprintendenza di Salerno del progetto sui laghetti montani.

LA STORIA.

Nel 2009 fu attivata da parte della Regione Campania l’iniziativa PIRAP (Progetti Integrati Rurali per le Aree Protette) attraverso la quale i due parchi nazionali (Cilento e Vesuvio) e i vari parchi regionali furono chiamati ad elaborare, attraverso percorsi di concertazione con i Comuni e le Comunità Montane, specifici progetti collettivi finalizzati alla tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali.

Con il progetto PIRAP del nostro Parco Nazionale, approvato dalla Regione per l’importo complessivo di € 26.420.000,00, furono individuati diversi interventi per il Vallo di Diano, compresi i tre interventi proposti dalla Comunità Montana d’intesa con i Comuni, ovvero:

  • due progetti sulla SENTIERISTICA “Alta Via del Cervati” per l’importo complessivo di € 1.489.350,00;
  • un progetto per la realizzazione di LAGHETTI MONTANI a finalità antincendio boschivo per l’importo di € 547.498,56.

I due progetti sulla sentieristica, approvati e finanziati dalla Regione, sono stati appaltati ed è stata già effettuata la consegna dei lavori.

Diversa sorte è toccata invece al progetto dei laghetti montani!

Le cose si sono messe male fin dall’inizio perché la Soprintendenza, non convinta della bontà dell’iniziativa, fece pervenire in data 6 marzo 2013 una nota con la quale esprimeva PARERE CONTRARIO, ritenendo quest’opera impattante per l’ambiente.

La Comunità Montana, convinta invece dell’ utilità dell’opera, in quanto finalizzata alla tutela della principale ricchezza del territorio rappresentata appunto dal patrimonio boschivo, non si rassegnò e, dopo aver ottenuto il decreto di finanziamento da parte della Regione, si adoperò prontamente per cercare di “recuperare il progetto” in conformità delle indicazioni fornite dalla Sovrintendenza stessa.

In pratica, con delibera di giunta n. 10/2014 fu chiesto alla Regione l’autorizzazione per una perizia di variante attraverso la quale si sarebbe realizzato solo il laghetto nel Comune di Monte San Giacomo (peraltro in un sito in cui già si raccoglie l’acqua durante il periodo invernale) e si sarebbero sostituiti gli altri tre laghetti con interventi a carico della viabilità forestale, anch’essa indispensabile dal punto di vista della prevenzione degli incendi boschivi. Tale proposta fu accettata dalla Regione e la Comunità Montana convocò una nuova Conferenza di Servizi per acquisire i dovuti pareri da parte dei vari Enti.

Sulla variante si espressero favorevolmente tutti gli Enti ad eccezione della Soprintendenza. Quest’ultima, dopo aver chiesto integrazioni e dopo che la Comunità Montana ha seguito “passo passo” tutte le indicazioni ricevute, se ne uscì con una posizione davvero strana, rilasciando parere favorevole sulle strade e parere negativo sul laghetto.

La Comunità Montana insiste e nel pieno rispetto dei ruoli chiede nuovamente alla Soprintendenza di rivedere il parere adducendo una serie di motivazioni e ribandendo per l’ennesima volta che il laghetto progettato costituisce una mero invaso in terra da realizzarsi con modesti e circoscritti interventi di adeguamento dei profili esistenti, finalizzati a contenere l’acqua che già si raccoglie naturalmente durante le stagioni piovose.

Purtroppo non c’è stato niente da fare e a nulla sono valse le integrazioni e le dichiarazioni richieste a riguardo dalla Soprintendenza: dopo circa tre mesi, nella mattinata del 13 gennaio 2015 arriva l’ennesimo parere negativo, che, di fatto, seppellisce il progetto non avendo più il tempo neppure di tentare una 2^ variante.

CONSIDERAZIONI.

Una posizione, quella della Soprintendenza, davvero assurda e che offende la dignità della Comunità Montana, del Parco, dei Comuni e, soprattutto delle comunità locali, che vengono private ancora una volta di interventi utili per la zona.

Siamo stanchi ed indignati per questi pareri rilasciati dalla Soprintendenza: contrari o con prescrizioni. L’approccio è sempre lo stesso: non si può fare, non si deve fare, si è contrari senza motivare adeguatamente il perché e si vuole che nei territori protetti si facciano solo le normali opere di manutenzione ! Qui non si tratta di realizzare o meno un determinato progetto.

Qui è in gioco il destino dei nostri territori! Non possono i nostri territori subire il peso dei tanti vincoli: Parco, vincolo idrogeologico, SIC, ZPS, vincolo paesaggistico e così via, che spesso si sovrappongono e comportano la paralisi o lo stallo dell’opera e non invece una modalità concertata sinergicamente per realizzare meglio l’opera

In altre parti d’Italia i parchi rappresentano un valore strumentale per favorire lo sviluppo dei territori in armonia con la tutela dell’ambiente.

Da noi questo non è possibile perché arrivano pareri contrari assurdi come quello rilasciato dalla Soprintendenza sui laghetti che scoraggiano i Sindaci, i Presidenti delle Comunità Montane e chiunque voglia fare qualsiasi opera o qualsiasi investimento (anche privato).

Viene da chiedere a se stessi e alla stessa Soprintendenza: Può un’opera, come quella dei laghetti, voluta dalla Regione, approvata dalla Regione, proposta dal Parco, approvata dalla Comunità Montana e voluta dai Comuni, essere bocciata perché un funzionario della Soprintendenza ritiene che essa alteri in maniera significativa lo stato dei luoghi e modifica la percezione del paesaggio?

Si ripete, non un intervento mastodontico ma una semplice <<conca naturale>>, peraltro in un posto dove l’acqua già si raccoglie da sola, molto utile proprio per lo spegnimento degli incendi boschivi e quindi assolutamente necessaria proprio per la salvaguardia delle bellezze naturali, che la Soprintendenza è chiamata a tutelare ma senza dimenticare che sono proprie le istituzioni locali, in primis i Comuni, i veri tutori, assieme alle popolazioni locali, della conservazione e salvaguardia dei territori.

Nessuno, più di noi, ha interesse a salvaguardare l’integrità dei propri territori, pienamente consapevoli che l’ambiente può rappresentare una risorsa strategica per lo sviluppo locale solo se adeguatamente protetto e oculatamente valorizzato.

Probabilmente alla Soprintendenza è sfuggito un fatto importante: “ i laghetti costituiscono un’opera infrastrutturale antincendio, che risponde ai requisiti costruttivi prescritti dalla Regione e che servono proprio per tutelare ambiti naturali di pregio ambientale e paesaggistico e, al tempo stesso, per aumentare la biodiversità”.

Davvero non se ne può più e bisogna dire basta a questi pareri contrari o condizionati che, di fatto, frenano ogni possibilità di sviluppo dei nostri territori, offendono le amministrazioni locali uniche ad avere una cognizione completa dei punti di forza e debolezza .

L’ impotenza politica di fronte a questo stato di cose scoraggia tanti giovani a rimanere in zona e a sperare che finalmente si possa muovere qualcosa anche per loro. Bisogna necessariamente cambiare pagina!

Non è accettabile che un’opera importante per il territorio non si realizzi solamente perché un Ente, dice di no, a dispetto di tutti gli altri Enti che invece si sono espressi in maniera favorevole.

Il territorio non può essere messo in ginocchio in questo modo né per far sovvertire puntualmente i processi decisionali deve avviare contenziosi che puntualmente ribaltano gli esiti .

E’ necessario un approccio diverso da parte della Soprintendenza ai progetti che servono per tutelare e valorizzare le nostre aree protette.

La tutela dell’ambiente e lo sviluppo locale sostenibile possono benissimo convivere! La Soprintendenza deve aiutare i territori a perseguire tale obiettivo, peraltro sancito proprio dalla legge istitutiva dei parchi nazionali, e non a frapporre ostacoli, ritenendo che l’ambiente si tutela solo se nessuno ci mette mano.

Non è così e non può essere così!

Non si può dire di no ad un progetto, come quello dei laghetti, che serve, si ripete, a contenere il fenomeno degli incendi boschivi, che costituiscono una delle principali minacce per le importanti ed estese superfici boscate che ricadono proprio in area Parco.

Se ci sono i laghetti si può spegnere più rapidamente un eventuale incendio.

Forse anche questo piccolo particolare è sfuggito alla Soprintendenza che probabilmente si è già dimenticata del disastro ambientale che si è verificato nel 2007 a Teggiano, prima ad opera dei devastanti incendi boschivi di alta quota e poi dalle alluvioni autunnali.

Il Parco ci deve accompagnare in questa opera tesa a fare cambiare idea alla Soprintendenza. Se così non sarà, non potendoci rassegnare e avendo la responsabilità morale del futuro delle nostre zone, non rimane che avviare iniziative concrete, al fine, quantomeno, di alleggerire il peso dei vincoli sui nostri territori e per contenere questa sorte di “soffocamento sovra comunale” che i Comuni e la stessa Comunità Montana attualmente sono costretti a subire per via di una visione sbagliata nei riguardi dell’ambiente naturale, che non lo si vuole tutelare (non sapendo che la tutela non può prescindere dalla presenza attiva dell’uomo nei territori rurali con attività economiche redditizie), ma solo trattare come un “oggetto imbalsamato” da guardare “tout court”.

Non si può subire decisioni come queste calate dall’alto ,espresse in maniera teorica e avulse da ogni dalla benché minima valutazione di istanze vissute invece sul territorio e perciò stesse dotate di concretezza e fondamento. Dobbiamo necessariamente reagire a questo stato di cose perché abbiamo tutti la responsabilità di non far perdere al territorio occasioni di crescita economica e sociale e, si spera, occupazionali.

Sono i Comuni i veri artefici del futuro delle comunità amministrate e non possono continuare a subire le imposizioni di altre istituzioni sovra comunali che ritengono, appunto, che la cosa migliore da fare nelle aree protette sia quella di non toccare niente, tanto nelle aree protette ci viviamo noi, gli altri, dopo i sopralluoghi di rito, tornano in città!

La domanda che rivolgiamo alla Soprintendenza è questa: deturpa di più una “conca naturale” di 2000 mq o un incendio che, per mancanza di acqua non si riesce a spegnere tempestivamente e distrugge ettari ed ettari di bosco? Quando questo succederà, perché lo dicono le statistiche, a chi attribuire la colpa? E chi risponderà dei danni economici ed ambientali?