Pino Pascali: l’immaginazione al potere. Cimentarsi con l’opera di Pino Pascali, a quasi cinquant’anni dalla sua scomparsa apre mille interrogativi. Chi era veramente Pascali? Uno scultore, anzi, un “finto” scultore come lui stesso amava definirsi? Un attore, un performer? Uno scenografo, un designer? Sicuramente, un artista totale, preciso a volte come un miniaturista, uno straordinario semplificatore, capace si porgere segni esatti e sobri, a volte quasi avari.
Sarà una mostra di opere di Pino Pascali, artista che, partendo dall’Informale e dall’Espressionismo astratto, ha attraversato nella sua breve ma intensa esistenza le vie dell’Arte Povera, della Land Art e della Pop Art, in una tensione continua tra il reale e l’immaginario, tra realtà e finzione, incarnando “il perfetto impostore e simulatore che parte dal vero e arriva al falso, all’artificiale, all’iperreale” descritto da Baudrillard, ad inaugurare sabato 22 ottobre alle ore 11,30 la 49a stagione espositiva della galleria Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta.
Diciassette opere che vanno a fissare per la maggior parte i lavori degli anni romani e televisivi di Pascali opere pittoriche realizzate tra il 1958 e il 1968, che hanno piano piano guadagnato un posto di alto interesse e di larga considerazione all’interno del mondo artistico, tanto da essere definite creazioni di indiscutibile gusto e capacità creativa.
Toccò alla generazione di Pascali che condivise il palcoscenico artistico con personaggi del calibro di Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa un complesso destino nuovo: affrontare le fortissime suggestioni della civiltà dei consumi e la dimensione della cultura dell’oggetto, dell’immagine plurima, dell’estetico di massa. A questa cultura l’Italia e in particolar modo artisti come Pascali, non si sottomisero mai del tutto, cercando sempre di rielaborare quelle icone metropolitane provenienti da oltre oceano in chiave mediterranea, dando in questo modo un’originale risposta critica tutta italiana alle nuove tendenze culturali imperanti, dando, così all’Italia di quegli anni l’immagine di un’eclettica ribelle, mai schiava di una corrente artistica, ma un abile artista che riesce a trovare sempre una giusta chiave di lettura in grado di rielaborare, in maniera personale e con i valori e le icone legate alla sua terra, tutte quelle grandi correnti culturali dalle quali venne profondamente percossa, ma mai assoggettata del tutto. Dai lavori in esposizione, esce un Pascali versatile, dal carattere poliedrico, che si cimenta in una lunghissima carrellata di tecniche, stili e scelte di materiali, talmente ampia da destare interesse e curiosità. Tra la vasta gamma di possibilità Pascali sceglie di utilizzare tecniche miste su cartoncino e acetato, collage e fotomontaggi che utilizza per la preparazione dei filmati, spot pubblicitari e caroselli. La carrellata delle trovate iconografiche, delle tecniche e dei materiali utilizzati, è inesauribile e desta ancora meraviglia di come tale creatività irrefrenabile sia perfettamente equilibrata da una ricerca stilistica di sintesi e di quanto l’inclinazione ironica e la fantasia estrema di questo artista si concili da una sempre precisa calibrazione progettuale. Anche nella produzione grafica, l’artista non si limita alla semplice creazione dei personaggi e bozzetti, ma anima in prima persona i suoi “burattini”, o interpreta i personaggi, come nella sequenza della maschera di Pulcinella. Ecco, quindi, che i disegni e la sua attività artistica di pittore e scultore, appaiono diversi soltanto per il loro risultato finale. Perché in essi si ritroveranno la stessa energia, la stessa inventiva e la stessa volontà di ricerca che hanno fatto di Pascali l’uomo che con il suo estro voleva “rifare a mano il mondo”.
Biografia. L’11 settembre del 1968 moriva a Roma, tragicamente e prematuramente, Pino Pascali, forse l’artista pugliese più grande, certamente il più celebre a livello internazionale di tutto il Novecento. Pascali aveva solo 33 anni. Era nato a Bari da genitori di Polignano a Mare il 19 ottobre del 1935. Dopo la tragica fine (fu investito da un’auto mentre correva in moto) la sua salma fu inumata nel piccolo cimitero del suo paese di origine. La carriere artistica di Pascali è breve e folgorante. Si era diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1959 e aveva cominciato subito a farsi notare come scenografo. Aveva eseguito bozzetti, disegni e “corti” per “Carosello” e altre trasmissioni tv, oltre che disegni e plastici di velieri, treni, corazze. Per suo conto sperimentava intensamente.
Nel 1965 aveva tenuto la sua prima personale, a Roma nella prestigiosa galleria “La Tartaruga”. In soli tre anni si era imposto all’attenzione dei maggior critici d’arte italiani (Vivaldi, Calvesi, Grandi, Rubiu, Boatto, Bucarelli, De Marchis) e di galleristi d’avanguardia, come Sargentini, Sperone, Iolas (che lo presentò nel 1968 a Parigi). Proprio nell’estate del 1968 aveva partecipato su invito con una sala personale alla XXXIV Biennale di Venezia. Era la sua consacrazione: dopo la sua scomparsa, a mostra ancora aperta, gli fu conferito il Premio internazionale per la Scultura. Scultore, scenografo, performer, Pascali coniuga in modo geniale e creativo forme primarie e mitiche della cultura e della natura mediterranee (la Grande Madre e Venere, il Mare, la Terra, i Campi, gli attrezzi e i riti agricoli) con le forme infantili del Gioco e dell’Avventura (animali della preistoria, dello zoo e del mare, giocattoli di guerra, il mondo di Tarzan e della giungla, bruchi e bachi, travestimenti, Pulcinella). Traduce questo mondo dell’immaginario in forme monumentali e strutture essenziali, concise, come il romanico pugliese e il bestiario medievale delle sue chiese; ma nel contempo rimandano alle icone della dilagante cultura di massa (il fumetto, il cinema, la moda). realizza le sue “false sculture” con materiali fragili ed effimeri (tela, legno, lana d’acciaio, pelo acrilico, paglia, raffia). In questo modo dà una sua originale risposta critica (italiana e meridionale) alle nuove tendenze che venivano dall’America: la Pop Art, la Minimal Art. Precorre l’Arte Povera, la Body Art, l’arte concettuale degli anni Settanta.