Pianostop, 5 giorni di concerti alla Chiesa di San Giorgio a cura del Conservatorio Martucci.

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Trentatré pianisti daranno vita a quattro concerti monografici dal 4 all’8 luglio nella chiesa di San Giorgio, tutti alle ore 19 e ad ingresso gratuito. Parte la IV edizione di PiaNoStop, un happening, una maratona, per esecutori e pubblico, che accenderà i riflettori sui grandi compositori romantici, i più conosciuti, i più amati Fryderyk Chopin, Franz Liszt, Robert Schumann, Johannes Brahms e Franz Liszt. Quattro giornate pianistiche, ideate da Tiziana Silvestri e dall’intero dipartimento di strumenti a tastiera, che avvicineranno con maggior convinzione e consapevolezza il Conservatorio “G.Martucci”, guidato da Fulvio Maffia alla cittadinanza.

I protagonisti di questo happening sono: Davide Cesarano, Alberto Cucino e Angelo Pellegrino, allievi di Costantino Catena, Michele Pinto allievo di Salvatore Giannella, Alfonso Marra, Shuliang Hu e Bai Xuanfei allievi di Guido Losappio, Luca Apicella, Giovanna Basile, Gianluca Buonocore, Maria Carmela D’Antonio, Raffaella De Vita, Francesco Di Crescenzo, Carmine Ricco, Fiammetta Saggese, Laura Salmeri, Ylenia Taurisano e Alessandro Volpe, Vittoria Amaturo, Alessandro Amendola, Claudio Amitrano, Simone Avitabile, Agnese Caccioppoli, Mariagrazia Cacciottolo, Cosma Damiano De Vivo, Emanuel Lamura e Abhik Zito, studenti di Giuseppe Squitieri, Vittorio Bonanno, Federico Cirillo, Teresa Forlenza, Lorenzo Ginetti e Oreste Montella, allievi di  Massimo Demetrio Trotta, ai quali si aggiungeranno Pia Guercio e Lorenzo Villani, laureandi, già allievi dei Maestri Carlo Forni e Antonella Notari.

Una interessante novità sono le note al programma di sala curate dagli allievi di musicologia, Valentina Dell’Aversana, Vincenzo De Pascale, Matteo Gratta, Claudio Iodice, Ettore Scandolera, Valentina Sessa e Antonella Trivigno, coordinati dalla loro docente Nunzia De Falco. Si partirà il 4 e il 5 luglio con un occhio sul romanticismo e il pianismo di Fryderyk Chopin. Il nome di Chopin è legato inscindibilmente al pianoforte, strumento a cui dedicò la quasi totalità della propria produzione, riuscendo a creare un suono pianistico totalmente nuovo, intimo, vellutato, squisitamente romantico, escludendo sempre il tono declamatorio, ma evitò contemporaneamente ogni concessione al lezioso. Un continuo lavoro di ripensamento, portato avanti meticolosamente, a volte per anni, trasformava semplici spunti e improvvisazioni in capolavori. La purezza e la nobiltà delle linee melodiche chopiniane ricordano a volte stilemi propri dell’opera italiana, di V. Bellini in particolare, ma si tratta di accostamenti più apparenti che reali. Con la melodia fa corpo unico un accompagnamento sempre variato nel ritmo e soprattutto nell’armonia, con modulazioni nuove e rivoluzionarie che anticipano soluzioni di Liszt e Wagner e saranno preziose per Fauré, Debussy, Ravel. Non a caso l’omaggio a Martucci nume tutelare del nostro conservatorio avverrà su di una fantasia da La forza del Destino di G.Verdi.

La giornata del 6 luglio vivrà del confronto tra Robert Schumann e Johannes Brahms: Robert Schumann è come una micidiale meteora di innovazione nel panorama musicale del romanticismo, un geniale “provocatore”, incline alla voglia di scandalizzare, di scardinare le abitudini pregresse, di battersi per liberare l’espressione della musica dagli stereotipi dell’accademismo. Proprio a causa della sua modernità, o meglio grazie ad essa, volendo sposare la sua passione per il paradosso e l’eccesso é ancora oggi spesso frainteso o quanto meno non capito dalla maggioranza del pubblico: un compositore troppo raffinato e visionario o più semplicemente un avvenirista? Di sicuro, vi sono due elementi predominanti che disegnano la parabola di questo genio: la personalità molteplice che sfocia in malattia psichica e lo porta a morire in un manicomio e la storia d’ amore più tormentata che la musica d’arte abbia conosciuto, ovvero quella fra lo stesso Robert e la moglie Clara Wieck, col “terzo incomodo” Johannes Brahms, che in PianoStop è giustamente accoppiato a Schumann. “Le piace Brahms?” ricordando Ingrid Bergman, una domanda puntuale essendo un autore che ha sempre suscitato pareri contrastanti. Brahms abbraccia il secondo romanticismo, privato dell’impulso e del vigore originario, più pacato e tendente a un registro più decadente, sebbene egli esuli dalle “flourescenze visionarie” di alcuni artisti della fin de siècle. Il suo focus è la purezza, un’artigianalità del suono, una semplificazione compositiva che ridonda, ma al medesimo tempo rassicura l’uditore, cullandolo in una malinconia, leggera. Brahms non sprofonda nella disperazione che esalta l’eroe romantico, ma sottace.

 

Egli non suggella la grandiosità dell’animo romantico, e il suo sentirsi incompreso, ma mostra un registro emotivo, di basso profilo, esente dalla tensione. La musica ha una certa staticità, non protende, non trascende, ma resta, serba. La sete dell’Io verso l’infinito, il desiderio, il tormento, non sono contemplati nella partitura. Egli schiva la perenne dannazione insita nello spirito romantico, la quiete, l’armonia, una serena rassegnazione pervadono la sua opera.

Finale il 7 e l’8 luglio con Franz Liszt, considerato il creatore di musica per pianoforte completamente nuova e di uno stile compositivo fortemente innovativo. Come pianista, trasgredì tutte le regole, attingendo a uno o più temi di opere famose per impreziosirli con proprie idee compositive e trasformarli in brillanti brani per pianoforte. Liszt fu un poeta del pianoforte, un compositore che aspirava alla platealità, in netta contrapposizione con un suo coevo polacco Chopin, che invece, nella sua musica, amava l’intimità. Tutte queste caratteristiche rendono Franz Liszt un musicista rivoluzionario ed unico nel suo genere, ricco di contrasti violenti e di inconfondibili linee melodiche che, ancora oggi, i pianisti talentuosi affrontano con non poche difficoltà, dati i tecnicismi con cui sono costruite tutte le sue irripetibili composizioni.