Osvaldo Marrocco traccia il profilo della missionaria Wanda De Rosa.

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WANDA DE ROSA-COPERTINAOsvaldo Marrocco, l’autore del volume “Il missionario uno che non si appartiene. Wanda De Rosa in Giappone 1959-1983”, non è nuovo allo studio e alla ricerca. Nel tempo ha dato alla luce interessanti lavori. Già vicino alle cose di Chiesa come buon cristiano e docente di Religione Cattolica; oggi è titolare della cattedra di Lingua e Letteratura Italiana nella scuola secondaria di secondo grado. Da sempre appassionato ai temi di filosofia e letteratura. Distante dai frementi eroi della soffitta del passato, animati dai caldi ideali di patria, il nostro oggi mostra candido interesse, in questo caso, per le cose dello spirito e gli alti valori umani. Amabile sostenitore degli usi, dei costumi, delle tradizioni del Cilento. Sovente rispolvera storie e personaggi di chiaro spessore per la terra dei tristi, per le genti cilentane umili e dignitose.

Oggi Osvaldo Marrocco traccia il profilo di una sua compaesana del passato a noi più prossimo, Wanda De Rosa, missionaria saveriana. Lo scritto di Marrocco intorno a questo significativo esempio cristiano consente di respirare la grazia di un’autentica e coraggiosa vocazione, la convinta e determinata scelta di chi annullandosi nelle mani di Dio diventa grande. Questa missionaria che non si appartiene ha raggiunto gli estremi confini della terra e fino all’estremo ha annunciato il Vangelo. “Da oggi, scriveva la saveriana ad una sua amica, nel lontano 1946, la lotta comincerà più accanita e più forte per una sicura rapida ascesa. Combatterò con qualunque mezzo, né saranno le difficoltà della famiglia a fermarmi lungo la strada. Mi ridurrò ad un rigorosissimo regime di vita: straordinariamente coltiverò lo spirito interiore per gustare profondamente l’unione con Cristo, mirerò il suo sguardo in ogni anima, cercherò di essere fedele al silenzio interiore, alla disciplina, allo zelo, all’ubbidienza, all’ordine…” Don Gianluca Cariello, parroco di San Mauro Cilento, dopo avere letto il lavoro scrive: “..È stata una lettura intensa e appassionante, un’immersione in tempi, sapori, profumi, vibranti emozioni che emergono in ogni piega del testo. Gli scritti di Wanda raccontano gravide attese, intrepide scoperte e trepidanti incontri, pioneristici slanci e fedeltà claustrali, sobbalzi marinari e potature campestri.

Le pagine si rincorrono, si intrecciano, si inseguono, si ritrovano, si illuminano, si piegano…. ed ecco preziosi “origami” si compongono…”.
Lo stesso tracciando poi le linee introduttive al libro fornisce una decodifica intorno alla missionari età. Voluta la pluridimensionalità dell’opera missionaria. Presenta la missione come identità del cristiano; la missione come atto di fede, d’amore, miracolo che diventa segno. La missione è vita, sostiene Cariello: “Dal primo alito della storia l’opera di Dio è vita e la vita di Dio è missione, il Figlio suo è l’Inviato. Prima istantanea della vita della Chiesa è la missione, senza la Chiesa balbetta e incespica in se stessa. La sorpresa bella della missione si risveglia quando si prende coscienza esistenziale che in missione si sta e non si va. La persona battezzata è in missione, inviata. Ogni tempo è tempo di missione e ogni luogo è luogo di missione. La vita si arrampica per vette inesplorate quando la persona si scopre innamorata di Cristo. La missione è fede, prosegue, non opera in modo miracoloso, trasforma attraverso le decisioni intelligenti, libere, operative della persona. Chi crede pensa e credendo pensa e pensando crede, gridava Giovanni Paolo II nella “Fides et ratio”. La fede porta a incontrare Dio e la fede sospinge ogni scelta missionaria. La missione è amore e l’amore non conosce emergenze ma urgenze, la stessa urgenza che ritroviamo in tutte le pagine degli scritti di Wanda. La missione infine, per Cariello La missione è miracolo: nel Vangelo spesso è lo stesso Gesù a richiamare ciascuno dei suoi discepoli a cogliere il senso profondo dei miracoli che compie. Il vero miracolo è prima di tutto un segno, per usare un termine caro all’autore del quarto Vangelo, ogni segno è fuoco d’amore che si imprime nelle membra di un uomo e nella sua storia ma è anche una direzione da seguire, una meta da raggiungere. Ogni miracolo diventa segno quando ti lancia e dà slancio alla missione propria di ciascuno. La missione è il miracolo che diventa segno”.

Wanda De Rosa, secondogenita di Giovanni e di Albina Petillo, nacque nel 1927 a Foggia, ove il padre fu costretto a prestare servizio di ferroviere, quasi confinato a seguito del suo rifiuto della tessera fascista. Giunse a San Mauro Cilento nel 1937 e fu accolta fra le “beniamine” della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Qui, nel poco di un paese del Cilento, crebbe maturando la sua vocazione missionaria che poi, nel corso della sua esistenza, l’ha vista pellegrina del Vangelo nel mondo. A San Mauro alternava la gestione del fondo di famiglia allo studio diligente. Di grande sostegno per Wanda, nella crescita vocazionale, fu il contributo della famiglia saveriana. Nel territorio i Saveriani avevano gettato il seme con la gestione del Seminario di Massa sin dal 1930, a seguito dell’intesa dell’allora Vescovo di Vallo della Lucania, Mons. Cammarota e Guido Conforti, Fondatore e Superiore dell’Ordine. Il 30 agosto 1959, dopo la professione di fede, partì per le missioni.

Si concretizzò così il sogno che aveva alimentato sin dalla sua giovanissima età. La missionaria saveriana destinò la sua preziosa opera al Giappone. Giunta in questa terra sconosciuta, dopo un primo smarrimento, inizio fattivamente la sua azione di sostegno e testimonianza cristiana. Ecco cosa scriveva in occasione del 30° anniversario della missione giapponese: “Era la realizzazione di un sogno che aveva preso sempre più consistenza durante la formazio¬ne, nella lettura della stampa missionaria e della vita di San Francesco Saverio. La prima let¬tera giunta in Casa Madre dal Giappone era carica di ammira¬zione e di stupore: ‘E un paese gentile e bellissimo – diceva – ricco di fascino e di mistero’. Però l’impatto con la realtà giapponese non fu per niente fa¬cile. Per inserirsi era necessario poter comunicare; occorreva impe¬gnarsi nello studio di una lingua difficile, molto diversa, per struttura morfologica e grafia ideogrammata, da tutte le lingue occidentali. Era poi necessario cercare un’attività che permettesse di vi¬vere tra la gente, testimoniando la propria fede. Fu consigliata la gestione di un asilo infantile. Avrebbe per¬messo un contatto diretto con tante famiglie non cristiane. Quando Gemma e Cecilia tor¬narono dall’Italia, il vescovo di Osaka offerse alla nuova comu¬nità missionaria una scuola materna ad Hashimoto (Wakaya¬ma). Fu la nostra prima attività in Giappone. Hashimoto era una cittadina completamente buddista, chiusa al nuovo e poco disponibile al dialogo, forse anche perché è si¬tuata ai piedi del monte Koia, il centro più importante del Buddismo Shingon. Nonostante tutto, attraverso i bambini, coinvolgendo nelle ini¬ziative scolastiche i genitori, l’a¬silo veicolava la trasmissione dei valori cristiani alle famiglie. At¬torno alla scuola cominciò a ra¬dunarsi il primo gruppo di catto¬lici della zona.”

Nell’estate del 1964 giunse per lei la professione perpetua. Negli anni 1970 fu negli Stati Uniti per studiare l’Inglese. Tornò ad Izumi, nella Diocesi di Osaka, ove fiorì una nuova comunità, sede centrale della Missione nell’Oriente nipponico. Sempre negli anni ’70 tornò in Italia per accudire sua madre Albina. Nel 1983, mentre cresceva grado a grado la sua comunità cristiana in Giappone, le venne diagnosticato un carcinoma pancreatico che la obbligò a tornare nuovamente in Italia. Vane furono le cure. Morì, per rinascere al cielo, il 3 agosto 1984. Le sue spoglie riposano accanto alla venerabile Celestina Bottego, Fondatrice delle Missionarie di Maria.
Il lavoro di Osvaldo Marrocco è un prezioso strumento per conoscere e riflettere intorni alla figura e all’opera del missionario. Resta oggi di grande urgenza, ricorda Papa Francesco, la missione “ad gentes”, a cui tutti sono chiamati a partecipare. La Chiesa per sua natura è missionaria, è nata in uscita. Come Wanda, ogni buon cristiano, deve trovare forza e coraggio per aprire le braccia al mondo.

Emilio La Greca Romano