dall’Ing. Donato Cancellara riceviamo e pubblichiamo.
Chi si occupa di difesa del territorio si è necessariamente imbattuto nell’acronimo V.I.A. (Valutazione d’Impatto Ambientale). Una procedura tanto ricorrente tra coloro, spesso ingegneri ed architetti, che vorrebbero porre in essere azioni che incidono significativamente sull’ambiente.
Si tratta di una valutazione sulla compatibilità ambientale di un determinato progetto e svolta dalla pubblica amministrazione in base ad informazioni fornite dal proponente del progetto, dalle analisi svolte dagli uffici competenti in materia ambientale e paesaggistica nonché dalle osservazioni pervenute da parte di tutti i portatori di interessi, dal semplice cittadino alle Associazioni e Comitati costituitisi in difesa del territorio.
Per impatto ambientale si intende un effetto rilevante dell’opera, presentata dal proponente, sulla qualità delle componenti ambientali con riferimento sia all’ambiente antropizzato sia all’ambiente naturale. Secondo la normativa comunitaria e nazionale i progetti che possono avere un effetto rilevante sull’ambiente devono essere sottoposti a V.I.A. stimando gli impatti, anche cumulativi, quindi le modifiche, positive o negative, delle componenti ambientali in seguito alla realizzazione di una specifica opera. In tale ottica la V.I.A. diviene lo strumento fondamentale per l’integrazione ambientale, indirizzata ad una vasta gamma di progetti, con l’obiettivo di renderli sostenibili dal punto di vista ambientale.
Argomento di particolare attualità anche alla luce della nuova direttiva europea 2014/52/UE sulla valutazione dell’impatto ambientale che modifica la precedente direttiva 2011/92/UE. Le principali novità riguardano: la separazione funzionale tra autorità competente e committente per evitare i conflitti d’interesse; le sanzioni che devono essere effettive, proporzionate e dissuasive; le informazioni ambientali che devono essere tempestive e disponibili anche in formato elettronico rafforzando il ruolo del pubblico interessato in tutte le fasi della procedura in ottemperanza alla Convenzione di Aarhus.
Una direttiva da recepire entro il 16 maggio 2017 e rispetto alla quale l’Italia ha approvato nell’estate scorsa la legge 9 luglio 2015, n. 114 “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2014” prevedendo all’art. 14 specifici principi e criteri direttivi per il Governo nazionale nell’esercizio della delega per l’attuazione della nuova direttiva in materia di V.I.A.
Tanto ci sarebbe da precisare sulla V.I.A., ma è opportuno ricordare un aspetto che, per quanto possa ritenersi banale, è spesso sottovalutato e dimenticato: la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali sull’approvazione dei progetti. Infatti, la Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, stabilisce all’art. 6 che ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente deve essere preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un’informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Quell’informazione che sempre più spesso porta a configurare una violazione rispetto a quanto previsto dalla D.Lgs. n. 4/2008, correttivo del D.Lgs. n. 152/2006, che ha introdotto l’obbligo di fornire al pubblico la notizia del progetto tramite una breve descrizione degli impatti con il termine di 60 giorni per la presentazione di osservazioni.
Spesso tante opere ingegneristiche si presentano come degli obbrobri concepiti senza alcun rispetto dell’ambiente nel quale dovrebbero essere realizzate configurando delle azioni di sfregio e di sciacallaggio per l’intero contesto territoriale nel quale si andrebbero ad inserire. Tante sono le opere che andrebbero prese come punto di riferimento per la loro concezione eccellente di integrazione nel paesaggio quindi nell’ambiente. Un’opera eccellente, di cui si è parlato animatamente durante il recente seminario “La ricerca della forma – Le ispirazioni dell’ingegneria e dell’architettura di Sergio Musmeci” e a valle della proiezione di un significativo video documentario realizzato dalla “effenove” presso il Teatro Stabile di Potenza, è il Ponte sul Basento. Si tratta di un’opera che deve essere motivo di orgoglio per tutti noi lucani conosciuta come il Ponte Musmeci che si trova a Potenza e realizzato grazie all’ingegno dell’Ing. Sergio Musmeci. Costruito tra il 1971-1976 per attraversare il fiume Basento, lo scalo ferroviario di Potenza inferiore e due strade. Una’opera monumentale, riconosciuta come tra le più celebri opere di architettura strutturale in Italia ed anche all’estero. Un ponte costituito da una membrana di cemento armato avente uno spessore di soli 30 cm, nello spirito del minimo strutturale di cui l’Ing. Sergio Musumeci ne era un cultore, modellata in modo tale da lavorare a compressione uniforme formando quattro arcate contigue ognuna delle quali caratterizzata da un interasse di 69,20 metri e una luce libera di 58,80 metri tra gli appoggi (v. Servizio La Nuova Tg “Documentario Musmeci” – https://youtu.be/liz732btKfQ). Nel 2003 il ponte è stato dichiarato opera monumentale di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività culturali tramite D.D.R. 02/12/2003.
Altro esempio eccellente di opera ingegneristica che si integra con il territorio, diventandone un tutt’uno, è sicuramente l’Atlantic Ocean Road: la Strada dell’Atlantico. Infrastruttura situata in Norvegia, corre tra fiordi, isolotti ed è considerata la strada più emozionante del mondo. Lunga 8.72 km e collega Kristiansund e Moldel, le due principali città di una delle contee norveggesi. Inaugurata nel 1989, è stata premiata come “costruzione norvegese del secolo” nel 2005. L’Atlantic Ocean Road è intervallata da 8 ponti alcuni dei quali veri e propri capolavori dell’architettura moderna, come, ad esempio, il Storseisundet Bridge, un ponte famoso per creare una specie di illusione ottica per la quale la strada, ad un certo punto, sembra terminare direttamente nell’oceano, tanto che la strada viene soprannominata dal Daily Mail “the road to nowhere” (la strada che non porta da nessuna parte). https://youtu.be/4RQzfJG-jWM
Molto più vicino a noi è il tratto di strada della SS 163 che collega la costiera amalfitana snodandosi tra Meta e Vietri sul Mare. Una strada che diventa un tutt’uno con il circostante panorama fatto di baie, insenature e strapiombi.
Tante altre sono le opere concepite nel rispetto del territorio, dalle più audaci e quelle più ordinarie, accomunate dall’intento progettuale di offrire un servizio alla collettività contribuendo ad arricchire quel senso di identità che gli abitanti del posto ripongono nel luogo in cui vivono, senza alcuna concezione speculativa che spesso porta con sé, inevitabilmente, superficialità negli studi di impatto ambientale, mancanza di rispetto nei riguardi delle Comunità locali ed elusione delle normative vigenti.
Guardando queste opere si dovrebbe riscoprire il desidero, da parte di tutti i cittadini, di pretendere che vengano concepite opere rispettose del territorio. Oltretutto, la parola sostenibilità, spesso usata a sproposito, porta con sé anche il prevedere un’opera a basso impatto ambientale inteso, quest’ultimo, come ridotto consumo di risorse naturali non rinnovabili nella fase di costruzione e quindi nella fase di modificazione antropica dell’ecosistema.
Ing. Donato Cancellara
Associazione Intercomunale Lucania – Pro Natura
Associazione VAS per il Vulture Alto Bradano
Forum Salviamo il Paesaggio – Vulture Alto Bradano