In Italia, ogni anno, circa 250 persone su 100000 sono soggette a fratture prossimali di femore, che sono tra i principali motivi di ricovero per gli ultrasessantacinquenni. I dati nazionali 2015 sui ricoveri riportano l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno al 24° posto, su 990 strutture ospedaliere in Italia, per volume di ricoveri per frattura prossimale di femore. “Il 42 % dei pazienti di Salerno e provincia con questa patologia sono ricoverati da noi: circa 470 pazienti l’anno. Dato destinato a crescere, per l’aumento dell’età media”, ha spiegato il professor Nicola Maffulli, Ordinario di Clinica Ortopedica del Dipartimento di Medicina dell’Università di Salerno; Primario della Divisione di Clinica Ortopedica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona e Presidente della Facoltà di Fisioterapia. Il professor Maffulli ha spiegato che disposizioni Ministeriali consigliano di operare prima possibile questi pazienti: “Evidenze scientifiche hanno dimostrato che : la riduzione dei tempi di attesa pre-operatori permette di dare luogo ad un trattamento riabilitativo precoce volto al recupero della deambulazione, dove possibile, delle attività di vita quotidiana e del benessere generale del singolo paziente. Come effetto si ha una diminuzione dei tempi di degenza totale per ogni ricoverato, a favore di un miglioramento globale della salute del paziente che, nel proprio ambiente familiare, ha la possibilità di ritrovare rapidamente i propri punti di riferimento e le proprie abitudini”. Fino a settembre 2016 occorrevano in media 9 giorni per poter operare un paziente con frattura prossimale di femore e la percentuale di operazioni effettuate in 48 ore nei primi 9 mesi del 2016 è risultata essere appena del 3.1% : “Il Direttore Generale, l’avvocato Nicola Cantone, resosi conto del problema mi incaricò di risolverlo. Nacque così il “Percorso femore: attesa zero”. L’età media dei pazienti ricoverati per frattura prossimale di femore, nel periodo di sperimentazione del percorso, tra ottobre e dicembre 2016 è stata di circa 83 anni, con maggiore incidenza di donne con età media superiore rispetto agli uomini. Oggi riusciamo a trattare chirurgicamente il 60% dei pazienti entro 48 ore dal ricovero. In alcuni casi siamo riusciti a operare pazienti anche dopo tre ore dal ricovero. Abbiamo operato anche un uomo di 98 anni che dopo tre giorni dall’operazione è tornato a casa”. Il percorso femore si va a configurare, quindi, come una nuova realtà nell’ambito della gestione delle fratture prossimali di femore per l’A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno. “Stiamo anche documentando attraverso delle ricerche, come quelle della dottoressa in fisioterapia Roberta Palumbo, come l’implementazione di questo percorso abbia più successo rispetto alle modalità precedenti”. Tutto ciò è possibile anche grazie alla collaborazione interdisciplinare tra tutte le figure professionali: “E’ frutto del lavoro di armonizzazione fra primari di altri reparti e tutto il personale sanitario che prende in cura il paziente”. Il professor Maffulli, insieme ad una equipe composta dai dottori ortopedici Francesco Bruno, Maria Mauro, Giovanni Criscuolo, Attilio Giuliano, Giovanni Oliviero, Ernesto Prisco, opera cinque volte a settimana: “Riusciamo ad operare circa tre pazienti al giorno con frattura prossimale di femore. Abbiamo avuto un grande appoggio dell’Ospedale Da Procida con il Primario Giuseppe Mastroroberto; del dottor Lucio Cannaviello, Direttore del Dipartimento di Fisioterapia, insieme ai dottori Giovanni Contursi e Genoveffa Miranda; della dottoressa Mariaconsiglia Calabrese, Direttore delle Attività Professionalizzanti del Corso di Laurea in Fisioterapia dell’Università di Salerno, presso l’Azienda Ospedaliera”. Il professor Maffulli, l’ortopedico più citato al mondo nelle pubblicazioni scientifiche internazionali di alto impatto, ha spiegato che la principale causa di fratture prossimali di femore in ultra sessantacinquenni è l’osteoporosi: “Determina fragilità ossea che, associata all’età avanzata e a traumi come cadute in ambito domestico, ha come effetto la frattura”. Il professor Maffulli esegue i suoi interventi ricorrendo a tecniche minimamente invasive: “Facilitano il processo di recupero anche perché una ferita più piccola provoca meno dolore. Inoltre, con la sutura intradermica della cute, il paziente non prova l’ulteriore trauma di togliere i punti”. Il professor Maffulli sta cercando anche di diffondere una nuova filosofia della riabilitazione attraverso la mobilitazione super precoce nel post operatorio: “Evitiamo la stasi del paziente permettendogli un ritorno precoce e migliore alle proprie attività”.
Aniello Palumbo