Sembra essersi calmata la bomba mediatica che si era scatenata a seguito della vignetta del Nytimes. Nei giorni scorsi fiumi di parole erano stati scritti, di accuse e di scuse. Lo stesso NYT aveva ridimensionato il caso, facendo delle rettifica, ma come dire il danno era stato fatto. Il Mercato statunitense è quello di riferimento per l’olio italiano. Negli Usa, infatti, sono state importate circa 272 mila tonnellate di olio di oliva nel 2009 e il livello di importazioni e` sempre aumentato negli ultimi anni. Sul mercato americano, l’Italia e’ il maggior paese fornitore con una quota del 71% sul totale delle importazioni di olio d’oliva negli Stati Uniti, quota che e` cresciuta del 4% dal 2005 al 2009, tendenza non solo in linea con quelle del 2013 ma addirittura in crescita.
Da chiedersi quindi, ci saranno ripercussioni?
per capirne un pò di più sono state coinvolte eccellenze italiane a fornire qualche sollecitazione.Per Piero Gonnelli presidente dell’AIFO (associazione frantoiani oleari italiani) “ Si tratta di un fumetto mal articolato che sembra coinvolgere tutto il sistema italiano dell’olio di oliva ma, nella realtà, certe pratiche fraudolente sono attribuibili solo a pochi che operano in maniera fraudolente” Per Paolo Russo ( ex presidente della Commissione Agricoltura della camera ed attuale membro ) Il NYT dice delle mezze verità, con un mezzo molto efficace ma la verità è difficile racchiuderla in un fumetto che appare vada a braccetto con azioni di disturbo e anti tutela del vero olio extra vergine made in Italy. Voglio dire che appare sospetto che lâ �™attacco viene dagli USA dove è notorio che il made in Italy sia il prodotto più ricercato e apprezzato. Questo, forse, dà fastidio a qualche azienda che non vuole bene all’Italia e che vuole sostituire sugli scaffali il nostro prodotto? Le domande sono tante. L’esperienza però mi insegna che certe cose non accadono per caso.Per Agostino Macrì, responsabile Sicurezza di UNC, invece, “il NYT non ha fatto altro che riportare le tante denunce provenienti da vari settori produttivi e di associazioni di cittadini che a vario titolo sono interessati al nostro olio.
Attraverso queste prime considerazioni è necessario per le imprese ma anche per chi decide le policy da seguire fare un mea culpa. Infatti continua ancora Russo “il NYT ha sollevato un problema e non possiamo sottovalutarlo. Non mi indigno per quello che scritto. La stampa è libera. E’ un suo problema sé chi ha disegnato e forse ha anche scritto “sotto dettatura” di qualche interesse. Il problema delle regole di trasparenza esiste, in questo settore, non riguarda l’Italia. Se la legge salva olio, che la Commissione da me presieduta nella scorsa legislatura fosse stata applicata anche negli USA, il NYT non avrebbe potuto scrivere quelle cose in questo modo. Da noi le leggi ci sono, da loro invece, diciamo c’è un po’ più di libertà di circolazione delle merci e questo non li autorizza a dire certe cose.”In merito invece alla parte inerente all’individuare nel Porto di Napoli quale punto di snodo, Vincenzo Pepe ( presidente di Fareambiente) ha affermato che “ormai la Campania è divenuta il centro degli illeciti di qualunque tipo, che non fa altro che aggravare una situazione già molto critica dovuta alla terra dei fuochi che ha messo in ginocchio una economia che basava la sua sopravvivenza sulla esportazione. Ma così non è. Il tessuto imprenditoriale campano ( ed italiano) è fatto di soggetti che lavorano quotidianamente nella legalità per produrre prodotti in linea con quella che è la normativa e li standard di qualità richiesti dal mercato
Vien quindi da chiedersi ci sono i presupposti per una richiesta di risarcimento del danno? Per Valeria Graziussi di Codacons, sulla possibilità di richiesta di risarcimento del danno per lesione della immagine dei produttori di olio, ci ha confermato che vi potrebbero essere delle perplessità in merito, ma afferma che è fondamentale che la stampa in genere e il NYT nello specifico, “ , prima di diffondere dei dati e delle immagini del genere, dovrebbe adeguatamente documentarsi e fornire statistiche ed evidenze di ciò che afferma. L’articolo, seppure volessimo ammettere un fondo di realtá, diffondendo il logo descritto sopra, dá piu l’idea di slogan pubblicitario negativo che di un articolo scientifico”
L’intera interista sarà pubblicata sul n 9 di Fareambiente MAgazine a giorni in edicola