UniCredit lancia in Italia UniCredit4Women, un percorso volto a facilitare il dialogo e l’incontro tra il mondo bancario e l’universo femminile e testimoniare così l’impegno che la banca mette in campo per valorizzare il talento e le occasioni di crescita per le donne. L’iniziativa si inscrive nella più ampia strategia del Gruppo per tutelare tutte le diversità e favorire l’inclusione.
UniCredit4Women è stata presentata nel corso del Forum Women ONboarding, un evento aperto da Francesco Giordano, Co-CEO Commercial banking Western Europe di UniCredit, seguito dal keynote speech di Ersilia Vaudo Scarpetta, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea, e dagli interventi di Irene Facheris, esperta in gender studies, e formatrice e di Alessandra Lanza, Senior Partner Prometeia che ha presentato un’analisi sullo scenario attuale dell’imprenditoria femminile e sulla financial literacy delle donne italiane.
La giornata è poi proseguita con una tavola rotonda cui hanno partecipato Lavinia Biagiotti, Presidente e CEO di Biagiotti Group, Antonella Mansi, Presidente del Centro di Firenze per la moda italiana, Riccarda Zezza, CEO Lifeed by Maam, Magda Bianco, Direttrice Dipartimento tutela della clientela ed educazione finanziaria di Banca d’Italia. Le conclusioni sono state affidate ad Alessandra Rocchi, Head of Territorial Relations Support & Development Plans e Giovanna Neffat, Head of Banking Academy UniCredit.
L’evento è stato moderato da Janina Landau Responsabile della sede romana di Class CNBC
“Il percorso che inauguriamo oggi in Italia – ha dichiarato Francesco Giordano, Co CEO Commercial Banking Western Europe di UniCredit – è parte dell’impegno più ampio di UniCredit nel valorizzare il talento femminile: come azienda stiamo lavorando per incrementare la rappresentanza femminile sia nel senior management che a livello dirigenziale. Continueremo a focalizzarci sulla diversità e l’inclusione con responsabilità, orgogliosi anche dall’inserimento di UniCredit nell’indice Bloomberg GEI insieme ad altre società che stanno dando un chiaro esempio nel promuovere la leadership femminile. Nel 2019 abbiamo sottoscritto la Women in Finance Charter per sostenere la diversità di genere nel settore finanziario e il nostro obiettivo è quello di avere almeno il 20% di ruoli di alta dirigenza ricoperti da donne entro il 2022 e il 30% nel 2023”.
La giornata, organizzata in partnership con AIDDA, GammaDonna, Prometeia e WomenXImpact è stata anche l’occasione per presentare le prime due iniziative concrete di UniCredit4Women:
WomenONboarding, un percorso di mentoring al femminile, nel quale 21 professioniste scelte fra i membri degli Advisory Board Italy e Territoriali di UniCredit* – organi consultivi composti da personaggi di spicco del panorama imprenditoriale e accademico italiano – fungeranno da mentor ad altrettante mentee selezionate fra imprenditrici di PMI clienti della banca ad elevato potenziale di crescita. L’attività di mentoring prevede 4 sessioni on line da 60’ circa ciascuna fra Mentor e Mentee, si focalizzerà su tematiche di empowerment femminile e sarà preceduta da una formazione iniziale con una società di coaching nota a livello internazionale. Nel percorso verranno coinvolte anche 7 manager UniCredit, che faciliteranno il dialogo.
quattro diversi percorsi della Banking Academy di UniCredit che hanno in comune l’attenzione posta al rapporto tra donne e denaro e un pubblico composto da uomini e donne, per creare condivisione su tematiche che riguardano lo sviluppo e la crescita del Paese e non “semplicemente” il genere.
L’analisi di Prometeia
Le donne che ricoprono cariche societarie come titolari e soci rappresentano poco più del 30% del totale, con una crescita moderata negli ultimi 15 anni (+1.4% dal 2005). Nello stesso periodo, la riducendo il gap con quella maschile, che comunque rimane ampio (73.5% vs. 54.7% nel 2020).
Guardando alla guida delle imprese, la quota femminile si attesta al 21% per le società di persone e al 18% per quelle di capitale. In entrambi i casi, le imprese femminili mostrano una dimensione media inferiore a quella media complessiva (nelle società di capitale, solo 1000 imprese femminili su 71mila superano i 10 milioni di ero di fatturato).
Quote più basse per le imprese femminili nelle società più innovative di nuova costituzione: il 16% delle società Benefit, il 15% delle Start up e il 9% delle PMI innovative. I settori che mostrano la maggior incidenza delle imprese femminili, con poche differenze a seconda del tipo di impresa, sono quelli dei servizi: alla persona, facility management, istruzione, sanità e assistenza sociale, immobiliare, attività ricreative e culturali e alloggio e ristorazione.
Nel triennio 2017-2019, le società di capitale femminili hanno mostrato una maggior crescita rispetto alla media, grazie alla crescente domanda rivolta ai servizi. Tuttavia, questi stessi elementi hanno frenato la redditività delle imprese, risultata di un punto e mezzo inferiore a quella media.
Nonostante questo, la sostenibilità finanziaria delle imprese femminili appare superiore a quella media, elemento che congiuntamente alla crescente presenza di linee di credito dedicate ha contenuto il costo medio del debito. Tuttavia, le imprese femminili spiccano per un minor ricorso al credito bancario, solo in parte giustificato dal maggior finanziamento che riescono a ricavare dai rapporti commerciali con fornitori e clienti. Relativamente ai tre focus tematici (green economy, digital, inclusion), le imprese femminili spiccano per migliori risultati rispetto alla media delle impese, soprattutto nelle imprese quotate con maggior presenza di donne nel board. Efficienza nell’uso delle risorse, utilizzo di fonti rinnovabili, implementazione di policy a carattere ambientale sono i principali punti di forza delle aziende a trazione femminile in ottica green.
In chiave digital e innovazione, la maggior presenza tra PMI e Start up femminili di figure con elevata istruzione e la maggior propensione all’attività di R&S rappresentano il primo passo che consente poi alle imprese femminili di ogni dimensione di registrare una più intensa attività di brevettazione e una più spiccata propensione a sfruttare i mercati online. Da segnalare però, forse per le caratteristiche di alcuni servizi, il minor utilizzo di risorse interne dedicate all’IT e la minor concessione di strumenti digital ai dipendenti (tablet, smartphone, pc). Ampi e diffusi invece i vantaggi delle imprese femminili in ottica d’inclusione sociale: dalla spiccata maggior vocazione all’ambito sociale delle Start up femminili, alla forte correlazione tra la presenza di titolari femminili e di donne nei ruoli executive, fino all’attenzione a policy volte a valorizzare diversity e inclusione e gestire tempi di lavoro e di vita.
Un quadro di luci e ombre su cui insiste un gap di financial literacy che caratterizza l’Italia più della gran parte dei paesi OCSE: il divario sulle conoscenze finanziarie tra ragazzi e ragazze infatti è ampio fin dall’età scolare, con un gap di performance ai test PISA di 15 punti (contro i 2 della media OCSE), e persiste in età adulta. Infatti, anche dall’indagine condotta dalla Banca d’Italia all’inizio del 2020 sul livello di alfabetizzazione finanziaria degli italiani adulti risulta un significativo divario di genere con gli uomini attestati – su una scala da 1 a 21 – su un punteggio complessivo di 11,44 rispetto al 10,95 delle donne.
Gli italiani quindi, soprattutto le donne, sanno poco di economia e finanza. Si evidenzia inoltre che questo gap aumenta sotto il profilo delle conoscenze, ovvero la misura della comprensione dei concetti di base ritenuti fondamentali per poter prendere adeguate decisioni finanziarie, con un divario di 0,3 punti*, rispetto ai criteri di comportamento e attitudine.
Al gap di conoscenze si somma inoltre una maggior avversione al rischio, testimoniata da una minore propensione all’investimento (soprattutto ad alto rischio: solo il 5% delle donne investe in prodotti ad alto rischio, contro il 12% degli uomini).
Altre indagini Banca d’Italia e Consob hanno inoltre rilevato particolari differenze relative alla situazione economica, alla gestione dei risparmi, all’uso delle carte di pagamento. Le donne mostrano una minore conoscenza della propria situazione economica e degli strumenti a loro disposizione per gestirla: hanno infatti una generale minore abitudine a tenere traccia delle proprie spese attraverso, ad esempio, la costruzione di un budget; dichiarano di decidere le spese legate alla quotidianità più degli uomini ma si occupano meno degli aspetti finanziari generali, pur dimostrandosi più sensibili all’idea di risparmio per fronteggiare imprevisti e garantirsi il “benessere economico”.
I dati indicano la direzione degli interventi: diventa essenziale sensibilizzare le donne sull’importanza di acquisire un’educazione finanziaria di base, stimolarne una maggiore attenzione alla partecipazione alle decisioni finanziarie importanti, alla gestione proattiva dei loro risparmi per le ricadute che questa competenza ha nel mantenimento del tenore di vita nel lungo periodo, nella pianificazione economica del futuro, nelle negoziazioni economiche più in generali (comprese quelle sono chiamate a gestire nei percorsi di carriera professionali).