La fotografia di un giovane con il passamontagna, con le gambe piegate, che punta una pistola contro gli agenti di Polizia, ad altezza d’uomo in Via De Amicis, a Milano, il 14 maggio del 1977, rappresenta ancora l’icona, il simbolo del terrorismo, degli “Anni di Piombo”. Si saprà solo dopo che il colpo che partì dalla pistola di quel giovane, sparato nel vuoto, uccise l’agente di Polizia Antonio Custra la cui figlia non era ancora nata; nascerà due mesi dopo e la madre la chiamò Antonia. Molti anni dopo Antonia conobbe l’assassino di suo padre, che aveva pagato la sua pena, con il quale stabilì un rapporto di rispetto reciproco. A raccontare la sua storia è stato il giornalista Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, che fu ucciso con due colpi di pistola, mentre usciva di casa nel 1972, nel suo libro “Spingendo la notte più in là” che è stato ricordato dal Prefetto di Salerno Francesco Esposito che ha conosciuto Antonia Custra:” Lavorava con me alla Prefettura di Napoli. Era una donna d’amore. Nel 2017 per un male che non le ha lasciato scampo ci ha lasciati. Il primo a esprimere il suo dolore, il suo cordoglio, e a dire “Ho conosciuto l’anima più bella della mia vita”, fu proprio l’assassino del padre. Ai giovani bisogna raccontare queste storie perché se non c’è la memoria, non possiamo vivere il futuro con la piena consapevolezza che certe vicende non devono ripetersi”. E di memoria si è parlato durante il convegno di studi su: “Terrorismo, caduti istituzionali e tutela dell’ordine democratico: il diritto penale politico tra passato e futuro” organizzato, giovedì mattina, presso l’Aula delle Lauree di Ingegneria “Vito Cardone” dell’ Università degli Studi di Salerno da sette Club Rotary, coordinati dal professor Antonino Sessa, presidente del “Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati”, Club capofila: “ Rotary Salerno”, presidente Umberto Maria Cioffi; “ Rotary Salerno Est”, presidente Camillo De Felice; “ Rotary Salerno Picentia”, presidente Vincenzo Capuano; “ Rotary Salerno Duomo” presidente Sabatino Cuozzo; “Rotary Cava De’ Tirreni”, presidente Ugo Sorrentino e “Rotary Paestum Centenario”, presidente Maria Luisa De Leo, insieme al “Distretto Rotary 2101”, presieduto dal Governatore Ugo Oliviero, sotto l’egida scientifica del Dipartimento di Scienze Giuridiche della nostra Università diretto dal professor Francesco Fasolino, con il patrocinio ed il sostegno della Regione Campania, della Provincia di Salerno, del Comune di Salerno, della Camera di Commercio di Salerno e della Banca Montepruno e con il patrocinio di Confindustria Salerno, dell’Arcidiocesi di Salerno e degli Ordini degli Avvocati di Salerno e Nocera Inferiore e grazie a un Comitato d’onore coordinato dal Prefetto di Salerno Francesco Esposito che ha spiegato che la memoria è selettiva:” Tende a scartare ciò che ci crea dolore e imbarazzo. Anche per la cosiddetta stagione degli “Anni di Piombo” abbiamo avuto una fase di oblio e dimenticanza. In quel momento storico si è rischiato di sovvertire l’ordine democratico: il Paese è stato capace di reagire in maniera compatta rafforzando l’unità nazionale. In questa data ricordiamo le tante, troppe vittime: 400 solo quelle del terrorismo interno. Quando nel 2007 si istituì questa giornata per la memoria delle vittime del terrorismo si cercò di avere una nuova narrazione, che mettesse al centro le vittime, la parte più viva della memoria, e con esse le loro famiglie”. Il Prefetto, alzandosi in piedi, commosso, con emozione ha raccontato che il suocero fu ammazzato dai terroristi:” Dietro le vittime del terrorismo ci sono delle storie: anche quelle dei familiari che hanno dovuto convivere con il dolore, con un vuoto da colmare. Oggi, per la prima volta, vivo questo anniversario senza mia suocera (Mariella Magi, Cavaliere della Repubblica e Ufficiale al Merito) che era la moglie di una delle vittime del terrorismo (l’Agente Fausto Dionisi Medaglia d’Oro al Valor Civile e Medaglia d’Oro Vittima del Terrorismo): rimase vedova all’età di 22 anni. Suo marito, che era un poliziotto, venne ammazzato da militanti di Prima Linea che stavano tentando di fare evadere dal carcere de Le Murate di Firenze i loro compagni. Mia suocera è stata la fondatrice e presidente dell’associazione nazionale “Memoria”; si è presa cura dei parenti di tante vittime del terrorismo nazionale e internazionale che si ritrovavano a vivere la sua stessa storia di solitudine e di amarezza. Lei ha saputo trasformare il suo dolore in impegno civile: ebbe il coraggio di schierarsi contro, di costituirsi parte civile, di chiedere giustizia e verità. È morta, qui a Salerno, senza avere né giustizia, ne verità, senza però mai smettere di credere e avere fiducia nello Stato e nelle istituzioni democratiche”.
Ad introdurre i lavori è stato il professor Antonino Sessa, Ordinario di Diritto Penale dell’Università di Salerno, presidente del “Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati”, che ha ideato e curato l’organizzazione del convegno:” Abbiamo voluto approfondire, attraverso questo convegno, quello che è stato il sacrificio delle istituzioni, il prezzo che hanno pagato alla democrazia, concentrando l’attenzione su quelle che sono state le vittime istituzionali. Anche la città di Salerno ha dato il suo contributo di vittime, veri eroi della nostra Repubblica”. Il Magnifico Rettore dell’Università di Salerno, il professor Vincenzo Loia, ha aperto i lavori ricordando il prezzo che l’Italia ha pagato, in termini di vittime del terrorismo, nel cosiddetto periodo degli “Anni di piombo”, soffermandosi a parlare su quelli che sono i nuovi fenomeni, come quello della manipolazione delle informazioni, legati al terrorismo:” Noi viviamo nell’epoca dell’information disorder: il disordine dell’informazione, che ha un forte impatto sulla criminalità organizzata e sul terrorismo che si alimenta su delle false e pericolose ideologie che attraggono gli essere umani. Al primo posto dell’instabilità del pianeta vi è proprio l’information disorder. In America tre persone su quattro non danno alcuna importanza a ciò che leggono sui giornali. Anche in Italia non siamo capaci di capire quello che viene riportato sui media, soprattutto su internet. Ci sono delle forme moderne di terrorismo che si basano esclusivamente sulla disgregazione civile, sociale; su delle teorie dell’ignoranza. C’è una inclinazione ad accettare la verità da parte di chi la afferma con maggiore violenza, con maggiore determinazione. Non si ascolta chi parla in maniera più moderata: questo è ciò che dobbiamo contrastare per evitare le nuove forme di terrorismo”. La dottoressa Ornella Crespi, Presidente facente funzioni della Corte di Appello di Salerno, ha ricordato che il 9 maggio è il giorno dedicato alla memoria:” Alla memoria di tutti quelli che hanno dato la loro vita perché credevano nello Stato. Bisogna rendere testimonianza, soprattutto ai giovani, in questo momento storico in cui la società è proiettata verso il presente, dei valori della memoria: solo attraverso l’utilizzo delle esperienze del passato, riusciamo a costruire un percorso sociale e politico del presente, ma soprattutto a tracciare un percorso per il futuro”. La dottoressa Crespi ha anche ricordato le figure del giudice salernitano Nicola Giacumbi e del giornalista Peppino Impastato. Il Procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore, Antonio Centore, ha ricordato il rapimento, da parte delle Brigate Rosse, nel 1981, del politico napoletano Ciro Cirillo che poi fu rilasciato dopo una controversa trattativa:” Ci chiedevamo tutti perché per Moro invece non si era trattato per liberarlo, scegliendo la linea della fermezza? Non dobbiamo dimenticare di quanto, nei vari episodi di quegli anni, ci fossero sempre delle trame oscure, dei depistaggi, delle coperture, dei contatti inconfessabili. È necessario commemorare le vittime, ma dobbiamo cercare la verità profonda nascosta da alcune frange dello Stato”. Il giudice Centore ha anche ricordato il giudice Luigi Daga, morto a soli 46 anni a causa di un attentato terroristico in Egitto e il suo amico Guido Scocozza, vittima di un attentato a Napoli, il 14/4/1988, nel quale morirono cinque persone. Il professor Francesco Fasolino, socio rotariano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Salerno, ha promosso insieme ai Club Rotary l’evento: “Era doveroso che il nostro Dipartimento, dove si insegnano i valori di democrazia e libertà, ricordasse chi, con il sacrificio della propria vita, ha dato a noi la possibilità di vivere in un regime di democrazia e libertà. Tutti noi insieme abbiamo il dovere di non far dimenticare ciò che è successo: non c’è futuro senza memoria come ha ricordato il Presidente Mattarella. La democrazia è l’unico momento che può consentire la civile convivenza”. Il professor Giovanni Sciancalepore, Direttore della Scuola di Specializzazione di Professioni Legali dell’Università di Salerno ha raccontato le emozioni vissute il 9 maggio del 1978:” Avevo 11 anni e ricordo la paura, l’insicurezza che tutti provavano, pensando che non ci fosse una via d’uscita: fortunatamente poi la via d’uscita c’è stata e oggi viviamo un momento storico diverso anche se fenomeni del genere hanno solo cambiato veste. Occorre che nei giovani si ripristini il senso critico: parlando loro con autorevolezza e competenza, anche di valori e di ideali per consegnare ai nostri giovani un futuro solido”. Il dottor Cono Federico, Vice Direttore della Banca Monte Pruno, ha portato i saluti del Direttore Generale Michele Albanese e sottolineato l’importanza del convegno:” La nostra Banca è sempre impegnata in tutte quelle attività che rafforzino il ricordo e la memoria di chi si è sacrificato per il nostro Paese e per noi tutti. La “Banca Monte Pruno”, da attore della società civile, collabora con le istituzioni e con associazioni come il Rotary che con le loro attività favoriscono l’accrescimento culturale e sociale delle comunità su cui insistono territorialmente”. Il Vicepresidente di “Confindustria Salerno” Pierluigi Pastore, ha ricordato che tanti uomini del terrorismo venivano reclutati nelle fabbriche:” Tanti uomini di azienda hanno perso la vita per mano dei terroristi. Se il terrorismo si è svuotato, si è spento, è stato anche grazie anche alla compattezza di tutte le istituzioni, compattezza che invece oggi non c’è”. Pastore ha anche ricordato di essere stato compagno di Università di Nicola Giacumbi. A portare i saluti di tutti i presidenti e dei soci rotariani che hanno collaborato alla organizzazione del convegno e del concerto serale della “Banda Musicale dei Carabinieri” al “Teatro Verdi” di Salerno, è stato l’ingegnere Sabato Cuozzo, presidente del “Rotary Club Salerno Duomo”, che ha spiegato le finalità del Rotary:” Questa giornata persegue due obiettivi, tra i principali del “Rotary International”: la Pace, che si mantiene anche attraverso l’esercizio della memoria, e il miglioramento della società che si ottiene anche attraverso la solidarietà”. L’avvocato salernitano Antonio Calabrese, socio rotariano, ha coordinato la prima sessione del convegno con l’intervento del Questore di Salerno Giancarlo Conticchio, che ha ricordato l’attentato terroristico che provocò, il 26 agosto del 1982, la morte dell’Agente della Polizia di Stato Antonio Bandiera, di 24 anni, dell’Agente Scelto della Polizia di Stato Mario De Marco, di trent’anni, e del Caporale dell’Esercito Italiano Antonio Palumbo:” Furono uccisi durante il trasferimento da una caserma all’altra. Questo è il prezzo che pagano tutte le Forze dell’Ordine per tutelare l’ordine democratico e la sicurezza pubblica. Oggi possiamo vivere una vita democratica grazie al sacrificio di chi è morto per mano del terrorismo” Il Questore ha anche ricordato l’uccisione di Aldo Moro:” Avevo 17 anni quando fu ritrovato il corpo di Aldo Moro. Una delle spinte emotive che ha fatto nascere in me il desiderio di fare lo “sbirro”, di servire lo Stato, è nato proprio in quel momento”. Il Colonnello Nicola Iovino, Comandante del 19° Reggimento Cavalleggeri Guide di Salerno, ha ricordato la figura del Caporale Antonio Palumbo che morì a seguito dell’attentato delle Brigate Rosse del 26 agosto dl 1982:” Era nel convoglio di militari che si stavano trasferendo per un servizio di guardia dalla Caserma Cascino, ora Caserma D’Avossa, alla Caserma Angelucci. All’incrocio di via Amato con Via Parisi, due autovetture con a bordo dieci uomini, tra cui quattro donne, del “Partito della Guerriglia” delle “Brigate Rosse”, attaccarono il convoglio militare, riuscendo ad impossessarsi delle armi in dotazione ai soldati per assaltare e liberare i brigatisti reclusi nel carcere di Palmi. Il Caporale Antonio Palumbo, che era un militare di leva di 22 anni, originario della Puglia, reagì aprendo il fuoco; rimase gravemente ferito e morì il 23 settembre successivo all’ospedale di Napoli. Ha difeso la Patria e lo Stato fino al sacrificio della propria vita”. Il già Senatore della Repubblica Alfonso Andria, ha ricordato il messaggio scritto da Aldo Moro prima del suo rapimento e poi della sua uccisione:” Nel suo discorso ai gruppi parlamentari di Camera e Senato, nel febbraio del 1978, da Presidente della Democrazia Cristiana, fece un continuo riferimento al tema dell’emergenza: emergenza politica, sociale, economica, internazionale. Per lui l’emergenza era la tutela dello Stato, dell’ordine democratico. Occorreva, quindi, in quella fase storica, il superamento delle differenze: il cosiddetto “Compromesso Storico”, a cui diede il via, che indicava l’esigenza di unirsi di fronte alle grandi emergenze al di là delle contrapposizioni. Moro diceva che:” la verità è luminosa sempre, ed è sempre illuminante: ci aiuta ad essere coraggiosi”. La storia di Aldo Moro è stata un cammino di luce che ha diffuso il suo chiarore sull’ordine democratico, che ha difeso e tutelato. Il prezzo che lo Stato ha pagato qual è? È la vita di Aldo Moro “. Il dottor Leonida Primicerio, già Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Salerno, ha ricordato il dottor Nicola Giacumbi:” Venne ucciso tragicamente la sera del 16 marzo del 1980, davanti al portone della sua abitazione di Corso Garibaldi, di fronte al Tribunale di Salerno, mentre tornava dal cinema con la moglie, a due anni esatti dal rapimento di Aldo Moro. Svolse importanti indagini alla Procura di Cosenza contro le ‘ndrine calabresi facendo condannare il capo della mala locale. A Salerno, da Procuratore della Repubblica facente funzioni, si occupò dei principali casi di corruzione nella pubblica amministrazione. Era un periodo particolarmente difficile anche a Salerno dove vi erano stati vari attentati alle caserme, alla Questura, al Commissariato di Polizia e Giacumbi era consapevole di correre dei rischi: anche per questo rinunciò alla scorta per non coinvolgere in un eventuale attentato uomini delle Forze dell’Ordine”. L’attentato fu rivendicato con un comunicato diffuso dai militanti della propaggine salernitana delle Brigate Rosse che è stato letto dal Procuratore Primicerio che ha evidenziato il clima di odio e di guerra in cui si viveva in quegli anni e in cui maturò l’omicidio di Nicola Giacumbi:” Tutti i responsabili furono arrestati e condannati. Questa frangia di terroristi salernitani voleva servirsi di questo attentato per accreditarsi presso le colonne delle Brigate Rosse del Centro e del Nord Italia”. Il Procuratore Primicerio ha salutato con commozione l’ingegnere Giuseppe Giacumbi, presente in sala, figlio del Procuratore Nicola, che insieme alla madre, nel 2010, ha ricevuto la Medaglia d’Oro al Valore Civile assegnata dal Presidente della Repubblica al giudice Nicola Giacumbi:” Su mia iniziativa è stata dedicata a lui la Torre F, la più alta della Cittadella Giudiziaria che ospita la Procura della Repubblica” ha ricordato Primicerio. Il professore Emerito di Diritto Penale dell’Università di Salerno Sergio Moccia ha coordinato la seconda sessione del convegno che è iniziata con l’intervento del professore Carmine Pinto, Ordinario di Storia Contemporanea dell’Università di Salerno, che ha spiegato le ragioni storiche del terrorismo in Italia:” Il terrorismo italiano si è mosso su un progetto politico ideologico quindi non è né etnico, né nazionalistico, né religioso che è la forma più importante del terrorismo del XXI secolo. Il terrorismo italiano non è riuscito a diventare un movimento che ha prodotto una dimensione politico – logistica e una strutturazione di massa di fuoco, ossia della violenza, tale da incidere in una certa dimensione. Il terrorismo italiano non è riuscito ad agganciare quello che è il principale produttore di violenza del mondo occidentale de XX secolo che è il narcotraffico, come è accaduto in Colombia e in Perù. Le Brigate Rosse non sono riuscite a fare questo passaggio di livello perché hanno mancato l’appuntamento del narcotraffico. L’Italia ha avuto una tradizione di violenza politica, anche se non ha mai avuto una tradizione di violenza politica su larga scala o di massa, come altri Paesi: l’Ucraina, l’Ungheria e la Polonia. Il sistema politico italiano, a differenza di tutti gli altri sistemi politici del mondo occidentale, aveva un tasso altissimo di frattura ideologica che si appoggiava ad una tradizione di violenza politica del Paese. Lo Stato italiano, nonostante i circa 495 morti, è riuscito a sconfiggere il terrorismo nel nostro Pese: non riconoscendo alcuna legittimazione politica del fenomeno terrorismo; riuscendo a sviluppare, attraverso le Forze di sicurezza, la magistratura e gli apparati dello Stato, delle efficacissime tecniche di sicurezza contro le insurrezioni. Anche tutti i grandi partiti della Repubblica hanno isolato efficacemente il terrorismo”. Il professor Carlo Longobardo, Ordinario di Diritto Penale dell’Università Federico II di Napoli, ha parlato del diritto penale politico nel diritto interno:” Quanto più si arretra la soglia della misura penale tanto più si restringono le libertà fondamentali dei cittadini. Il legislatore, al fine di adeguarsi alle istanze provenienti dalla comunità internazionale e per quietare le ansie collettive, introduce norme di contrasto al fenomeno terroristico che, risentendo del momento contingente, comportano l’adozione di soluzioni di tipo essenzialmente emergenziale che non rappresentano un deterrente per i terroristi che spesso non rifuggono la morte pur di realizzare i loro obiettivi. Il compito degli attori istituzionali non può e non deve essere quello di assecondare allarmismi, ma di contemperare, attraverso idonea normativa, un corretto rapporto tra autorità e libertà. L’emergenza, dunque, produce legislazione d’urgenza ed il terrorismo rappresenta proprio uno di quei settori nei quali se, da un lato, è pensabile a necessità di un suo utilizzo, è facile sconfinare in un suo abuso. Per quanto riguarda le misure di prevenzione i più recenti interventi normativi hanno confermato e potenziato l’incidenza delle misure di prevenzione nel contrasto al terrorismo”. La professoressa Valentina Masarone, Associato di Diritto Penale dell’Università Federico II di Napoli, ha spiegato quali sono le responsabilità individuali per fatti di terrorismo internazionale e le implicazioni penalistiche della disciplina del fenomeno terroristico nel quadro del diritto internazionale e nel contesto regionale europeo: “Le difficoltà manifestatesi nell’elaborazione di una nozione unitaria di terrorismo, hanno spinto la comunità internazionale a privilegiare un metodo settoriale di contrasto al fenomeno che tradisce l’intrinseca valenza politica e, dunque, il significato inevitabilmente relativo e parziale che riveste la scelta di qualificare un qualsivoglia atto come terroristico. In ambito europeo, ciò si è tradotto in una definizione normativa eccessivamente ampia, resa ancor più imprecisa in sede di trasposizione della norma europea nel diritto penale interno. Le soluzioni al problema giuridico del terrorismo internazionale, rinvenibili ai diversi livelli normativi, sono, dunque, diretta espressione di precisi orientamenti politico-criminali; essi risultano particolarmente significativi, perché attinenti a quel settore del diritto che più incide sulla definizione dei rapporti individuo-autorità, limitando l’esercizio di libertà fondamentali del singolo a tutela di interessi superindividuali, vale a dire il diritto penale politico. Le scelte del legislatore italiano, che ha risposto all’allarme ‘nuovo’ del terrorismo internazionale secondo gli schemi ben noti della ‘vecchia’ logica emergenziale, risentono delle opzioni formulate dalla comunità internazionale e, ancor più, in ambito europeo”. Il Colonnello Gianluca Valerio, Comandante Operativo del Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri ha spiegato le tecniche investigative e il cosiddetto Metodo Dalla Chiesa usato nella lotta al terrorismo:” Un modello operativo ispirato alla visione del Generale Dalla Chiesa che è alla base delle principali organizzazioni speciali orientate al contrasto antiterroristico e di criminalità organizzata in Italia e nel mondo. Il metodo Dalla Chiesa prevede l’elaborazione di dati che all’epoca veniva realizzata con meccanismi molto primitivi di analisi e che invece oggi, con i nuovi metodi informatici, si attua con l’elaborazione di metadati che ci permette di gestire la immensa massa di dati che gira intorno all’indagato e che ci permette anche di risalire agli altri elementi dell’organizzazione criminale”. Il Colonnello Valerio, Vice Comandante dei ROS, ha spiegato che il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, nato nel 1990, ha strutturato i propri reparti sulla base di tre funzioni tra cui l’analisi, cioè la capacità di studio, frutto delle conoscenze del generale Dalla Chiesa che aveva studiato la filosofia del generale e filosofo cinese Sun Tzu secondo il quale per sconfiggere il nemico bisogna conoscerlo. Dalla Chiesa, su questa base strutturò la potenzialità del reparto di analisi che oggi è costituito da un nucleo di ufficiali, operatori di analisi strategica. Abbiamo due reparti investigativi di contrasto alla criminalità organizzata e all’antiterrorismo. Abbiamo anche i reparti di supporto tecnologico”. Il Generale Oriol De Luca, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Salerno, ha approfondito i risvolti più recenti del terrorismo internazionale e la lotta al finanziamento del terrorismo:” Tra le modalità operative rientrano le cosiddette operazioni passive: quelle sotto copertura degli agenti infiltrati”. Il Generale De Luca ha spiegato la differenza tra agente infiltrato e agente provocatore:” L’agente sotto copertura, l’infiltrato, si inserisce per disvelare un disegno criminoso già esistente. L’agente provocatore, invece, crea il reato attraverso una messa in scena. L’agente infiltrato deve avere la capacità di essere un bravo attore, di avere la capacità di reazione immediata e di interagire con persone aventi una formazione culturale e morale completamente diversa dalla propria”. Il Generale ha ricordato il giovane finanziere di 20 anni, Antonio Zara, che nel dicembre del 1973 fu ucciso durante un’azione di terroristi Palestinesi all’aeroporto di Fiumicino. Monsignor Andrea Bellandi, Arcivescovo di Salerno, Campagna ed Acerno, ha spiegato che anche la Chiesa Cattolica condanna fermamente il terrorismo:” È una delle forme più brutali della violenza che oggi sconvolge la comunità internazionale”. Monsignor Bellandi ha ricordato i principi di solidarietà e carità di Giovanni Paolo II e di Papa Francesco che ha parlato anche di una politica sana, della pace sociale, della cultura dell’incontro e, nell’enciclica “Fratelli Tutti”, della memoria:” È facile oggi cadere nella tentazione di voltare pagina dicendo che ormai è passato molto tempo e che bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria non si va mai avanti, non si cresce senza una memoria integra e luminosa. Abbiamo bisogno di mantenere «la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che accadde», che «risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione». Ne hanno bisogno le vittime stesse – persone, gruppi sociali o nazioni – per non cedere alla logica che porta a giustificare la rappresaglia e ogni violenza in nome del grande male subito. Per questo, non mi riferisco solo alla memoria degli orrori, ma anche al ricordo di quanti, in mezzo a un contesto avvelenato e corrotto, sono stati capaci di recuperare la dignità e con piccoli o grandi gesti hanno scelto la solidarietà, il perdono, la fraternità. Fa molto bene fare memoria del bene”. Le conclusioni sono state affidate al professor Michele Papa, Ordinario di Diritto Penale dell’Università di Firenze e membro del CSM che ha parlato del valore della memoria:” La memoria è memoria di valori che sono testimoniati dal sacrificio delle vittime. Ci sono tre aspetti della memoria: l’acquisizione dei dati di ciò che è accaduto; la ricostruzione della verità di ciò che è successo; l’archiviazione dei dati e il recupero dei dati”. Il professor Papa ha anche ricordato il professor Aldo Moro:” Insegnava Istituzioni di Diritto Penale all’Università di Scienze Politiche di Roma”. A tutti i relatori è stata consegnata una targa in rame con il logo del Rotary realizzata dall’artista rotariano Vittorio Villari.
Aniello Palumbo