Dal palcoscenico alla penna, tre gli step che hanno accompagnato, in questo inizio di giugno, gli allievi della classe di strumentazione per orchestra di fiati del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, agli ordini dei docenti Franco Cardaropoli, Luigi Avallone ed Enzo Cammarano, inaugurato dal saggio scolastico della formazione giovanile, proseguito con l’interessante stage tenuto dal M° Michele Mangani, finalizzato alla performance svoltasi nella incantevole cornice della Villa Comunale di Vietri sul Mare e da lunedì 8, sino a mercoledì 10, di nuovo in aula, per seguire il seminario teorico di composizione del M° Marco Tamanini, già direttore della Banda Musicale della Polizia di Stato di Roma e direttore ospite della Civica Orchestra di Padova e Milano di Fiati compositore per la Scomegna, Wicky, Eufonia, Berben, Rugginenti Eridania e in Olanda per Bronsheim Muziekuit Geverij Brunssum e Baton Musica Eindhoven.
Il maestro Tamanini ha focalizzato la sua riflessione nel pomeriggio di lunedì 8 sull’evoluzione dei diversi stili bandistici, passando, quindi, all’analisi dell’ultimo tempo della IV Sinfonia in Mi minore op.98 di Johannes Brahms, esempio sommo di quella tecnica brahmsiana che Schönberg chiamerà della “developing variation” (“variazione sviluppante”, oppure, parafrasando: di accumulazione e fusione fra i due principi diversi dello sviluppo e della variazione), convalidandola con il crisma della modernità più scaltrita, ovvero stringere assieme cultura e spontaneità, passato e presente, caratteristico e universale felicità stilistica di quella sintesi che resta una testimonianza non più superata dall’ “eroismo borghese” di Brahms, che rispolverò per l’occasione, l’antica pratica strumentale della ciaccona, ovvero della variazione su tema ostinato.
Nella prossima giornata si discernerà sull’uso degli ottoni in Richard Wagner sulla sua arte della strumentazione, nel significato più profondo, come partecipazione creativa del timbro all’evento musicale, uno specifico carattere sonoro, una luminosità orchestrale, da visionare attraverso l’analisi del Walkurenritt, che apre il III atto di Die Walkure annunciato in modo possente proprio dagli ottoni, con le folate di vento e la pioggia della tempesta rappresentate dalle note degli archi ripetute molto velocemente con l’urlo guerriero delle Valchirie in scala discendente.
Prima di visionare i lavori degli allievi, finale col jazz sinfonico della Rhapsody in blue, per offrire qualche scintilla ispirante sul trattamento dello strumento solista, in questo caso il pianoforte e sulla fascinosa strumentazione di George Gershwin un amalgama sonoro affascinante, sostenuto dai timbri bruniti degli ottoni, trombe e corni, seguiti da quelli più delicati dei “legni”: flauti, oboi, fagotti, che conquista l’attenzione dei fruitori per i colori e per le idee musicali.