“Masaniello – Il Lazzaro che sfidò il Vicerè”, al “Parco Storico Sichelgaita”.

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“Viva il re di Spagna, mora il malgoverno” era questo il grido della gente di Napoli che partecipò alla violenta rivolta capeggiata dal ventisettenne Masaniello che scoppiò il 7 luglio del 1647 a causa dell’aumento del prezzo  della frutta   fresca  applicato dal governo vicereale spagnolo. A ricordare la rivoluzione del popolo napoletano che si rifiutava di pagare la nuova gabella,  appena introdotta dal Duca d’Arcos,  è stato il musicista, cantante e attore napoletano,  Rino Napolitano,  che nel suo recital per chitarra e voce,  da lui scritto,  attraverso  canzoni , poesie e alcuni simpatici aneddoti,   ha fatto rivivere  il clima che si respirava a Napoli in quel particolare periodo storico, durante la serata organizzata dall’associazione “Parco Storico Sichelgaita”, presieduta dalla professoressa Clotilde Baccari Cioffi , all’interno dello storico e suggestivo “Arco Catalano” di Via Mercanti.  Dopo i saluti dell’ingegner Gioita Caiazzo, Dirigente del Settore Pianificazione Urbanistica della Provincia di Salerno ,che ha ricordato la storia di Palazzo Pinto,  dell’Arco Catalano e  le tante iniziative organizzate dalla Provincia di Salerno per valorizzare e diffondere la cultura, la professoressa Clotilde Baccari Cioffi ha ricordato i tanti eventi organizzati durante l’anno:” E’ stato un anno difficile e, nonostante la pandemia,  siamo riuscite a stare  insieme, ci siamo ritrovate perché ognuno ha bisogno dell’altro”.

Introdotto dalla professoressa   Clara Cuoco, socia del sodalizio,  che ha recitato una poesia dedicata alla moglie di Masaniello, Bernardina, scritta da Ferdinando Russo  il maestro Napolitano ha raccontato la storia di Masaniello, il cui vero nome era  Tommaso Aniello d’Amalfi,  nato a Napoli nel 1620, in una casa poco distante dalla popolarissima Piazza del Mercato:”  Fino alla metà dell’800 non si hanno notizie di Masaniello: solo Salvatore Di Giacomo trovò l’atto di nascita di Masaniello presso  la chiesa di S. Caterina in Foro Magno, situata vicino al campanile della chiesa del Carmine.  Tommaso Aniello nacque a Vico Rotto Lavinaio da Cecco d’Amalfi e da Antonia Gargano: d’Amalfi non era la provenienza, ma era proprio il cognome del padre di Masaniello. Il giovane Tommaso,  nato  in mezzo alla miseria,  crescerà tra vari espedienti:  si dice che  fosse  un bel giovanotto, dall’animo appassionato e dal carattere focoso,  di media statura , col baffetto, un tipo brillante,  poliedrico,  che captava l’attenzione e sapeva arringare le folle, suonava la cetra nelle taverne  guadagnandosi  da mangiare”.  Napolitano, che durante lo spettacolo indossava la caratteristica coppola di Masaniello , di colore rosso,  simbolo del potere rivoluzionario del popolo che lotta per i propri diritti, ha interpretato, di volta in volta, brani musicali che  hanno contribuito a coinvolgere il pubblico:   tarantelle e altri  brani della  canzone classica napoletana come “Mìchelemmà”:” Anche il cantante napoletano Sergio Bruni è rimasto soggiogato dal fascino di Masaniello tanto che  negli anni ’70, insieme a Salvatore Palomba,  ha scritto una canzone di protesta intitolata proprio “Masaniello”. Anche Roberto De Simone , nella sua  “Canzone del Pescatore ” ci ha raccontato Masaniello”. Rino Napoletano, che nel 2004 ha fondato il gruppo teatrale e musicale “Lazzari e Briganti” portando in scena la cultura e le tradizioni delle terre del Sud Italia, con due attori del gruppo :  Antonio Bergamo e Carmen Grassi, ha sottolineato come il “masaniellismo” : gli  atteggiamenti e i comportamenti assimilabili a quelli di Masaniello, siano diventati nel tempo uno stereotipo che indica tutti i caratteri negativi di un popolo: “ Nun fa ‘o Masaniell; m par proprio nu Masaniell; nun t’atteggià a Masaniell; che ‘a fà  Masaniell pe sta coppola ncap:  dopo  quasi  400 anni,  attraverso il nostro modo di parlare,  ricordiamo questo personaggio che ancora oggi  fa  parte del nostro immaginario collettivo”.  Napolitano ha anche  evidenziato  l’attualità dell’ultimo discorso di Masaniello ai napoletani poco prima di morire assassinato  con cinque colpi di archibugio inferti con il benestare del suo “amico” Genoino, preoccupato per le sue posizioni sempre più radicali,  mentre in città si diffondeva la notizia che era impazzito:” Amice miei, popolo mio, gente: vuie ve credite ca io so’ pazzo e forze avite raggione vuie: io so’ pazze overamente. Ma nunn’è colpa da mia, so state lloro che m’hanno fatto ascì afforza n’fantasia! Io ve vulevo sulamente bbene e forze sarrà chesta ‘a pazzaria ca tengo ‘ncapa. Vuie primme eravate munnezza e mò site libbere. Io v’aggio fatto libbere! Ma quanto pò dura’ ‘sta libbertà? Nu juorno?! Duie juorne?! E già pecchè pò ve vene ‘o suonno e ve jate tutte quante a cuccà. E facite bbuone: nun se pò campa’ tuttà ‘a vita cu ‘na scupetta ‘mmano. Facite comm’a Masaniello: ascite pazze, redite e vuttateve ‘nterra, ca site pat’ ‘e figlie. Ma si ve vulite tenere ‘a libbertà, nun v’addurmite! Nun pusate ll’arme!”.  Il corpo di Masaniello, decapitato, fu poi trascinato per le strade della città e gettato tra i rifiuti.

Aniello Palumbo