Incontriamo la scrittrice e pittrice romana Simona Weller, autrice del romanzo storico “Marinetti amore mio” (Marlin Editore), giunto in pochi mesi alla seconda edizione. A Siena martedì 24 maggio (ore 17.00 – Biblioteca Comunale, via della Sapienza, 7) ed a Bari giovedì 9 giugno (ore 19.00 – Archivio di Stato c/o Cittadella della Cultura, via Pietro Oreste, 45) le prossime tappe del lungo tour di presentazioni in cui Simona Weller sarà impegnata nelle prossime settimane.
Tra Roma e Milano, Parigi e l’Egitto, la storia di un incontro fatale e dell’amore che unì per la vita l’inventore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, e la pittrice Benedetta Cappa
Perché le donne artiste la affascinano così tanto da scriverne ancora dopo tanti anni dal primo romanzo?
Perché mi identifico. Perché mi indigna che, rispetto alla mole di lavoro straordinario che hanno fatto, non abbiano ancora avuto il riconoscimento che meritano. E anche perché la Storia ci insegna che romanzare una vita la rende più interessante e facile da ricordare. Penso a Modigliani, van Gogh, Lautrec, ecc.
Come si è avvicinata alla figura di Benedetta Cappa?
Nei primi anni ’70 del Novecento, feci una ricerca sulle artiste protagoniste di quello scorcio di secolo. Riuscii a conoscere la Raphael, la Broglio, la Lazzari, Barbara. Stavo per incontrare Benedetta quando mi dissero che era ricoverata a Venezia in una clinica, dove poi nel 1977 è morta. Così mi è rimasto il rimpianto di non averla conosciuta di persona.
Cosa l’ha colpita di più del rapporto d’amore con il marito Filippo Tommaso Marinetti?
Mentre scrivevo di artiste e approfondivo il loro mondo, divenni amica delle sorelle Levi Montalcini, due autentiche amazzoni. Ricordo che mi telefonavano per sapere se fossi “sola” e stessi lavorando e, alla risposta positiva, commentavano: “Brava, brava…”. Ho sempre pensato che anche Benedetta, cresciuta in un mondo di uomini (unica femmina di cinque figli), avesse una sua virilità segreta. Nell’incontro con Marinetti, oltre la passione, secondo me c’erano molte altre cose: agonismo e antagonismo, sfida e orgoglio, fierezza della propria identità di genere. Benedetta voleva dimostrare che anche una donna può… E mi sembra ci sia riuscita egregiamente.
La ricostruzione della storia narrata è molto fedele: dove ha trovato le informazioni storiche su questi due personaggi e sull’epoca che hanno attraversato?
Le prime informazioni le ho ricevute da Cesare Vivaldi, che mi supportava durante la stesura de “Il complesso di Michelangelo”. Nello stesso periodo frequentavo Vittoria Marinetti, che negli anni ’70 viveva a Roma. Tra i vari libri che ho letto durante la stesura del romanzo, c’è quello di Simona Cigliana che raggruppa i tre romanzi futuristi di Benedetta. Questo libro mi è stato utilissimo per capire l’anima segreta dell’artista. Basilare, invece, considero il saggio su Marinetti scritto da Giordano Bruno Guerri. Poco prima di terminare il romanzo, ho avuto modo di conoscere e di frequentare Ala Marinetti Clerici e i suoi figli. Ne è nata un’amicizia fatta di stima e di partecipazione reciproca. Devo a lei quell’aroma di verità che mi sembra il maggior pregio del testo.
In che modo gli eredi della famiglia Marinetti hanno accolto il romanzo?
Nonostante le mie preoccupazioni, gli eredi si sono congratulati con me per aver “interpretato con tanta delicatezza” i personaggi che, oltre ad essere loro parenti, appartengono alla Storia.
Prossime tappe del tour di presentazioni?
Dopo Roma, Frosinone, Udine, Firenze, Terni e Calcata, nelle prossime settimane sarò a Siena, Bari, Napoli, Palermo, Milano, Torino e Brescia.