Dopo questi atroci avvenimenti, comincia il faticoso rientro di Ulisse nella sua Itaca, che sostanzia il testo dell’Odissea, dove troviamo un Ulisse più stanco, totalmente soggiogato dalla nostalgia della casa e della patria.
Terribili avventure ebbe nel viaggio di ritorno ed altre ancora più pericolose dovette vivere e risolvere nella propria casa, per amore di Penelope, del figlio Telemaco, del vecchio padre Laerte. Forse il suo destino era scritto nel suo stesso nome, impostogli dal nonno materno Autolico, alla nascita. Certo è sintomatico il fatto che Odusseùs (Ulixes latino) derivi da odùssomai che significa: mi adiro o sono odiato.
I dotti, soffermandosi sulla imposizione del nome da parte materna, riconducono la loro esegesi ad una tradizione matrilineare e riconoscono una società mediterranea pre-indoeuropea ed un ambienté venuto, poi, a far parte del mondo ellenico.
Se nella storia umana molti sono gli eroi eternati dalla penna degli artisti, dei poeti e degli scrittori, nessuno di essi assume, tuttavia, il fascino ambiguo di Ulisse, che raccoglie insieme tutto l’ardimento, tutta l’astuzia e tutta la malinconia di un animo fiero, irregolare, temerario, ma anche capace di sentimenti fortissimi.
E crediamo che le sue straordinarie vicissitudini di sofferenze e di amore, di mostri orripilanti e di tenerezze dolcissime, siano assai significative, spesso simboliche, forse preesistenti nel destino di quest’uomo eccezionale, che nessuna passione riuscì a piegare: né l’amore voluttuoso e tenace di Calipso, né quello magico e terrificante di Circe, né quello innocente e dolce della bellissima Nausicaa dalle bianche braccia.
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