Logica

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C’è una logica nella proposta pd di candidare Marini alla presidenza della Repubblica? Una logica c’è sempre, deve pur esserci. Anche se scovarla non sembra facile.

Proviamoci. Innanzi tutto perché privilegiare l’intesa con Berlusconi e il suo mondo: perché Berlusconi non è soltanto il pdl. Si porta dietro una possibile cordata con la Lega, con i montiani. E poi ci sono le bocche di fuoco dell’impero dei media, che non sono soltanto una impressionante catena di strumenti di condizionamento di massa, con un legame fortissimo con una bella fetta di Italia nazional-popolare. Sono attivi mezzi di creazione di consenso: dall’artiglieria pesante di tv e giornali all’infinito armamentario dei foglietti ‘gossipari’ che a pochi centesimi entrano nelle case di italiani che non mettono mai nemmeno il muso fuori: quelli che non vedi mai e non sai nemmeno che esistano.

Perché, quindi, scegliere di passare per quelli che decidono, in pochissimi, in incontri che ci si vergogna persino di pubblicizzare troppo, dopo avere per mesi mostrato di volere rappresentare una politica ‘aperta’, attenta agli umori del Paese. Un Paese che da tempo dice apertamente di voler spazzare via il luoghi separati della politica, che chiede di contare e di partecipare. Che grida e impone quei cambiamenti che partiti e gruppi dirigenti non sanno o non vogliono attuare.

Perché rompere una alleanza con la sinistra, e non soltanto con Sel. Perché rompere con la sinistra diffusa, con la gente di sinistra, con la sua storia della sinistra, con una bella fetta della propria storia di sinistra.

Perché rifiutarsi di cogliere l’occasione offerta dal risultato delle consultazioni tra i militanti di movimento5stelle. Sembrava quasi, quell’esito, quell’elenco di candidati tutti progressisti, tutti di sinistra, un ripiegamento di Grillo e dei suoi dopo il dissenso verso la linea di contrapposizione e di isolamento scelto dagli m5s fin dal giorno delle elezioni. Sembrava l’effetto dell’iniziativa che aveva portato la Boldrini e Grasso alle presidenze di Camera e Senato.

E invece… E invece ecco il trionfo del peggio della politica vecchia. Non antica: marcia.

Cosa si sono detti Berlusconi e Bersani? Su cosa hanno convenuto gli ‘sherpa’ che hanno preparato l’incontro? Quali sono stati gli argomenti che Berlusconi ha avanzato per convincere Bersani ad una conversione così spregiudicata verso le ‘larghe intese’ come preludio ad un governo pd con l’appoggio del centro-destra?

Soprattutto quando queste intese non sembrano davvero tanto larghe, se tengono fuori, nel Palazzo, la sinistra e una buona parte del Parlamento. E, nel Paese, quanti vogliono davvero il cambiamento.

Quanto sono irresistibili, questi argomenti? Sono gli stessi che hanno imbrigliato in tutti questi anni ogni tentativo di riformare la politica e il Paese? Sono gli stessi argomenti che hanno impedito di cambiare la legge elettorale, che hanno impedito di varare le norme anticorruzione, la legge sul conflitto di interessi? Gli stessi che non hanno fatto pagare a Berlusconi la guerra in Iraq, che hanno impedito di dire apertamente che la crisi economica che ci devasta è la crisi della politica economica neoliberista, che ha eletto a dogma il ‘mercato’, la ‘libertà di impresa’, le ‘liberalizzazioni’ (per carità: diverse dalle ‘privatizzazioni’), la ‘mobilità del lavoro’ (per carità: diversa dalla ‘precarietà’).

Quanto forti, questi argomenti, per costringere ad ignorare le manifestazioni di milioni di lavoratori per l’articolo 18, di giovani contro la guerra in Iraq. E poi: i girotondi, il popolo viola, le donne di ‘Se non ora quando?’, le occupazioni di scuole e università di studenti e professori: tutti segnali che un Paese reale che chiedeva cambiamento hanno lanciato?

Quali sono questi argomenti: vogliamo saperlo. Per fuggire il sospetto che abbiano il profilo di ricatti.

 

Ernesto Scelza

Salerno 18 aprile 2013