pubblichiamo da questa settimana il saggio di Nunziata Orza Corrado “Lineamenti di Letteratura critica”
VINCENZO MONTI
Nel Sermone sulla Mitologia, il Monti seraficamente afferma: “Senza portento, senza meraviglia, nulla è l’arte dei carmi”.
Con questa espressione egli delinea già sinteticamente, ma efficacemente la sua visione poetica ampia, varia, pittoresca, splendida, graziosamente adorna, ricca di armonia, ma priva di qualsiasi passione.
Infatti la sua fantasia si accende e si accresce di tutti i particolari piuttosto spettacolari che egli ha immagazzinato in sé lungo anni di studio, nel circuito dolcemente potente e trascinante di quel neoclassicismo ch’egli amò visceralmente, nel quale il Winckelmann scoprì una quieta granaezza.
L’arte, secondo il Monti, è sovrana quando è eletta a scolpire e colorare, non senza il sostegno delle Grazie, che, armonizzando il bello, creano la perfetta bellezza.
Siamo salvi comunque dal Barocco, ma non dall’influenza che egli serenamente accettò da tutti gli autori che gli piacquero, sì da lasciargli il segno. Ogni autore, con l’opera sua, soprattutto con la partecipazione attiva della sua anima alla realizzazione dei propri disegni mentali, delinea di se una fisionomia inconfondibile.
Per esempio, Dante è il poeta messianico, dalla robusta voce di profeta, ardito, passionale, pugnace, sostenitore di verità, creatore di coscienza civica ed umana.
Petrarca è il più grande interprete della irrinunciabile umanità dell’uomo, nel suo infinito canto di dolore e di speranza, di amore e di dubbio, compreso del divino, ma tirato dal terreno.
Boccaccio concede poco al sogno e molto alla realtà e scivola felicemente verso l’umano e il caduco che vestono l’abito del peccato e dell’aberrazione, contenuti sempre nei limiti di un pacato buon umore.
In lui l’illecito ed il lascivo non diventano mai turpitudine; col suo linguaggio splendidamente sornione ed affabulante vede le cose con il loro aspetto naturale, fisiologico e piacevole, specialmente se si tratta di fatiche d’amore.
E per non andare troppo lontano da noi, il Foscolo è il poeta che vagheggia l’eterno simbolo della umana bellezza, ma è soprattutto un indomabile lottatore contro l’oscuro nemico del dubbio, della falsità, della tenebra mortale.
Anela alla luce in tutti i sensi, ma, costretto a perderla, terrenamente parlando, crea i presupposti per uno splendore d’arte non comune, che gli assicuri l’eternità, al ‘di qua e al di sopra dell’aldilà.
(Fine Prima parte)