Giovedì 11 febbraio, presso l’Aula Magna del Liceo Scientifico “G. da Procida”, si terrà il secondo dei quattro incontri in cui si articola il progetto Tradizione e contemporaneità.
Letture filosofiche, realizzato in collaborazione tra il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale (DISPAC) dell’Università, la Società Filosofica Italiana, la cui sezione salernitana è presieduta da Giuseppe Cacciatore, e nove Licei di Salerno e provincia, oltre che con il supporto tecnico di ArtiLab.
Il progetto, al quale prenderà parte un folto numero di studenti liceali, si basa su un’esperienza di lettura dei testi, condotta in ambito scolastico dal docente e poi oggetto di approfondimento in un incontro conclusivo alla presenza di due esperti che introducono il dibattito. L’iniziativa intende promuovere un più stretto raccordo tra scuola e università, sia in ordine alle esigenze di formazione degli insegnanti, che devono trovare nell’ università il principale interlocutore scientifico ed istituzionale, sia per quanto riguarda l’orientamento agli studi filosofici, favorendo un’esperienza diretta del pensiero e del linguaggio filosofici proposta attraverso forme di didattica innovative.
L’incontro, coordinato da Giso Amendola, ha per tema la lettura di sei capitoli fondamentali del Leviatano di Thomas Hobbes, commentati da Domenico Taranto del nostro ateneo e Giuseppe D’Antonio del liceo “A. Genoino” di Cava de’ Tirreni. E’ previsto un indirizzo di saluto da parte di Annalaura Giannantonio ed Elena Magaldi in rappresentanza del Liceo ospitante e di Clementina Cantillo portavoce dell’Università di Salerno. Il “Leviatano”, datato 1651, è una delle prime opere teoriche in cui i problemi della società borghese e dello Stato sovrano vengono affrontati secondo i principi del pensiero filosofico moderno.
Nella storia delle dottrine politiche esso costituisce la conclusione delle ricerche condotte su tali problemi sin dal Quattrocento e la premessa dei successivi svolgimenti. Culmine del progetto hobbesiano di organizzazione della filosofia politica secondo il modello delle scienze fisiche e matematiche, il “Leviatano” è l’opera fondamentale per comprendere il ruolo dell’assolutismo nella storia politico-sociale d’Europa, il suo rapporto con la società borghese e con l’individualismo. Secondo Hobbes, le leggi naturali non sono da sé sufficienti a spingere gli uomini a rispettare i patti, i quali “senza la spada non sono che parole”. Di conseguenza è necessario un potere coercitivo che si erga al di sopra delle volontà individuali. Nel capitolo XVII del Leviatano, di cui verranno proposti alcuni passi fondamentali, Hobbes definisce la formula del patto di unione che gli uomini dovrebbero siglare, che è al tempo stesso un patto di associazione e un patto di sottomissione: da esso si genera lo Stato, che il filosofo definisce anche «dio mortale», per l’assoluto potere che incarna.
La sola via per erigere un potere comune che possa essere in grado di difendere gli uomini dall’aggressione straniera e dalle ingiurie reciproche, e con ciò di assicurarli in modo tale che con la propria industria e con i frutti della terra possano nutrirsi e vivere soddisfatti, è quella di conferire tutti i loro poteri e tutta la loro forza ad un uomo o ad un’assemblea di uomini che possa ridurre tutte le loro volontà, per mezzo della pluralità delle voci, ad una volontà sola; ciò è come designare un uomo o un’assemblea di uomini a sostenere la parte della loro persona, e ognuno accettare e riconoscere sé stesso come autore di tutto ciò che colui che sostiene la parte della loro persona, farà o di cui egli sarà causa, in quelle cose che concernono la pace e la sicurezza comuni, e sottomettere in ciò ogni loro volontà alla volontà di lui, ed ogni loro giudizio al giudizio di lui.