“LE PAROLACCE DI DANTE” DEL PROFESSOR FEDERICO SANGUINETI AL “ROTARY CLUB SALERNO PICENTIA”.

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“ Da bambino, quando frequentavo le scuole elementari, cominciai a leggere Dante.  La prima volta che aprii a caso la Divina Commedia, mi trovai nel XXVIII Canto dell’Inferno e al verso ventisettesimo lessi: “Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e ’l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia”. Rimasi meravigliato, stupito, nel leggere quelle parole scritte dal padre della lingua italiana. Dopo quella lettura, per concedermi una libertà di linguaggio ed anche per divertirmi, cominciai a pronunciare la parola “merda” in varie occasioni e quando mi rimproveravano, cercando di farmi capire che non bisognava dirla, e soprattutto che non doveva dirla un bambino, io  mi difendevo dicendo che persino Dante l’aveva usata, citando anche il Canto e il verso per avvalorare la mia difesa: perché mai – dicevo –   non avrei potuto usarla io? Nell’Inferno dantesco, che è il luogo delle parolacce,  questa parola ricorre per ben tre volte”. A raccontare quest’aneddoto della sua infanzia, è stato il professor Federico Sanguineti, Ordinario in Filologia Italiana all’Università di Salerno dove cura anche l’insegnamento di Filologia e Critica Dantesca, in occasione della presentazione del suo nuovo libro:” Le parolacce di Dante” , edito da “Tempesta Editore”, nell’incontro organizzato su piattaforma dal “Rotary Club Salerno Picentia”, presieduto dall’ingegner Antonio Vicidomini.

Nel libro, che sta riscuotendo un notevole successo, soprattutto attraverso la vendita online, il professor Sanguineti spiega che la fonte delle  parolacce usate da Dante nel suo Poema  è stata la Bibbia:” Dove non ci sono tabù, a cominciare dalla Genesi, dove Giuda scambia Tamar per una prostituta”. Sanguineti ha ricordato che Dante è stato spesso censurato in alcuni manoscritti della Commedia: “Non possiamo censurare Dante, anche se alcuni suoi versi del XIX Canto dell’Inferno sono stati censurati”.  Dopo Dante – ha spiegato il professore salernitano – anche altri scrittori hanno usato le parolacce: ” Jacopone da Todi, Ariosto, l’Aretino, Salvator Rosa, Belli, Basile e persino Leopardi nel suo Epistolario “.   Il professor Sanguineti ha anche spiegato che secondo Dante il suono zeta deve essere evitato in poesia: ” E’ un suono sgradevole che evoca il mondo dei morti” e che per Dante esistono tre modelli di società: ” L’Inferno che è la raffigurazione di una società corrotta; il Purgatorio che è una società in transizione, di passaggio, e il Paradiso che è la società ideale a cui si dovrebbe giungere”.  Ricordando i versi del VI Canto del Purgatorio, il professor Sanguineti ha concluso:” Dante rimane il profeta dell’Italia come “un grande bordello”.

Aniello Palumbo