“Dante era un pessimo marito: poco presente a casa e propenso alle scappatelle, come testimoniano fonti dell’epoca. Se poi si legge il Canto 15 del Paradiso, emerge un “ideale” per cui la donna dovrebbe rimanere confinata in casa, obbedire al marito e al padre, dedicarsi al cucito, non curare l’aspetto personale (truccarsi) né lʼ abbigliamento”. A evidenziare come con il trascorrere degli anni ci sia stato nelle opere di Dante una certa involuzione sui temi sociali è stato il giornalista Dario Rivarossa, saggista, scrittore, studioso di Dante, durante l’incontro “Donne all’Inferno”, organizzato su piattaforma dalla Fidapa Sezione di Salerno, presieduto dalla professoressa Maria Rosaria Pagnani.
Dopo la presentazione del ricco curriculum del dottor Rivarossa, letto dalla Consigliera Gabriella Gentile, il giornalista, collegato da Perugia dove vive, ha spiegato che Beatrice, pur avendo ispirato il grande poema, non riveste nessun particolare ruolo sociale:” Si dice spesso che Dante tramite Beatrice esalta al massimo la figura femminile, ma si tratta di una prospettiva ingannevole. Beatrice viene semplicemente descritta mentre passeggia per Firenze distribuendo sorrisi.. La sua è una gloria astratta, o perlomeno astratta dallʼ impegno in campo politico ed economico. E non si dica che questo avviene “perché quello era il Medioevo”, già nel Duecento, tanto più in una città come Firenze, esisteva tutto un protagonismo delle nuove classi sociali, donne incluse. Lʼ Alighieri nomina espressamente il target delle lettrici colte nella Vita nova e nel Convivio, dimenticandosene poi nella Commedia, per ragioni che meriterebbero di essere indagate meglio”. Rivarossa ha comunque precisato che Dante in molti casi, superando i propri pregiudizi, ci regala personaggi femminili straordinari: ” Un caso è Lavinia, tratta dallʼ Eneide. In Purgatorio 17, Dante dà voce alla disperazione di Lavinia per il suicidio della madre, la regina Amata. Bene, in quella manciata di versi la giovane ha più personalità che in tutta l’Eneide messa insieme, dove non spiccica una parola ed è un puro oggetto passivo usato per scopi politici. Così come appare rivoluzionario il personaggio di Cunizza da Romano nel cielo di Venere. In vita Cunizza, donna anticonformista ed emancipata, ne combinò una più di Bertoldo. Eppure non è allʼ inferno e neppure in purgatorio, ma in paradiso. E non è neppure pentita delle proprie marachelle, anzi guarda al proprio passato con indulgenza, “e il volgo pensi quello che vuole”. In un certo senso, il personaggio è scappato di mano al poeta, e prepara il terreno alla cultura molto più aperta del Cinque e Seicento, come si vedrà nei poemi di Ludovico Ariosto e Giambattista Marino”. Il saggista cuneese, invitato al convegno dalla socia Rita Vitale Simbolo, ha concluso spiegando come leggere oggi Dante in rapporto alla questione femminile: “ Bisogna prenderlo come spunto di partenza, esaminandone le idee, ma anche le contraddizioni, e di lì partire in nuove direzioni, anche opposte alle sue. Resta il fatto che, maschilista o non maschilista, il sommo poeta continua a incantare ancora oggi lettrici di ogni età”. L’attrice Pina Russo ha recitato alcuni canti dell’Inferno dantesco, mente la professoressa Elisa Sparano Bosco, Consigliera fidapina, ha relazionato sulla concezione dell’amore in Dante:” Parte dall’umano e finisce col coincidere con Dio. La parola amore ricorre 19 volte solo nell’Inferno e 148 nell’intero Poema: è usata per definire Dio, per indicare la legge naturale dell’amore, per esprimere l’eros carnale, responsabile di tanti peccati, per designare il sentimento che proviamo per le cose belle e grandi che ci avvicinano alla perfezione divina e infine per indicare la forma più alta dell’amore, la Caritas , in greco Agape, che rispecchia nell’uomo l’immagine di Dio ”. La dottoressa Lissie Tarantino ha letto un brano ironico tratto dal libro di Stefano Benni, “Le Beatrici”.
Aniello Palumbo