Lavoro e centralità dell’uomo.

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Il lavoro che non c’è, l’impossibilità di costruirlo è il vero dramma del nostro paese.

Non fa eccezione  la nostra provincia.  Gli ultimi eclatanti casi di suicidio di imprenditori hanno fatto semplicemente emergere   quello che da tempo è il calvario  quotidiano  di tanti, troppi uomini e donne della nostra terra, che hanno perso e perdono giorno dopo giorno  il posto di lavoro  o dei tanti che  hanno dovuto chiudere le loro piccole o medie attività imprenditoriali e commerciali.

La disattenzione delle istituzioni nazionali e locali nei confronti di quello che è il vero dramma della nostra società,  la dice lunga sulla consapevolezza dell’attuale classe dirigente su quello che è il bisogno primario  della popolazione. Le insulse discussioni  sulla legge elettorale o sui rimpasti di governo dimostrano l’insensatezza della classe politica, vecchia e nuova,  che ignora completamente la situazione di sfacelo economica e sociale che attraversa il Paese. 

Episodi drammatici,  quali i suicidi di piccoli imprenditori, ultimo quello del povero commerciante di Salerno,   sono  solo la punta dell’iceberg di una situazione ormai insostenibile e vicina al collasso.  Il senso di insicurezza e precarietà attraversa larghi strati della popolazione italiana, anche al di là della reale condizione economica.  Basta poco per mettere in ansia le persone, anche un  avviso errato  di pagamento inviato da una delle ormai tante sigle locali e nazionali addette all’esazione dei più svariati tributi che affliggono e tartassano il cittadino comune.

E’ questo rapporto insano instauratosi nel corso del tempo fra le Istituzioni ed i cittadini che genera sfiducia, rabbia, insoddisfazione. Determina sempre più impotenza e depressione, fa venir meno  la voglia di intraprendere attività  o di ricercare, qualora ci fosse, un lavoro.  E’ la mancanza di fiducia nel futuro  il male sottile ed insidioso  che attraversa la nostra nazione,   è anche questo il motivo principale dei troppi suicidi, anche più della stessa  criticità della condizione economica. Uccide di più la sensazione di lottare contro i mulini a vento, di non essere ascoltati da nessuno. 

Uccide di più il tormento di essere soli a lottare contro la cecità di burocrazie  lente, ampollose,  incompetenti  e  troppo spesso corrotte.  Il tormento di vivere le Istituzioni, tutte, anche quelle che dovrebbero esserti più vicine, come un nemico, che anche di fronte alla difficoltà del momento,  continuano unicamente ad avere un atteggiamento chiuso e vessatorio.  E’ necessario reagire a tutto ciò prima che sia troppo tardi,  riportando al centro dell’attenzione dello Stato e di tutti gli altri soggetti  la centralità dell’uomo.

Dalla crisi si esce, se si ritorna a pensare che l’economia debba servire al benessere della persona, e non il contrario.

Gerardo Sano.