L’astensionismo boccia la politica, ma anche l’antipolitica. Buona l’affluenza in Provincia di Salerno.

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elezioni_comunaliUn romano su due è rimasto a casa e non è andato a votare. Questo è il dato più significativo dell’ultima tornata di elezioni amministrative di domenica e lunedì. Il dato nazionale è di poco superiore, è andato a votare il 62% degli aventi diritto, un calo significativo se rapportato alle politiche del 24 e 25 febbraio (che avevano registrato un’affluenza pari al 75%), ma fa davvero impressione che la Capitale, il centro della politica nazionale, che vive anche e soprattutto dell’indotto generato dalla macchina amministrativa del Paese, abbia registrato per l’elezione del primo cittadino un’affluenza solo del 52%. Un dato che fa il paio con quello registrato dal referendum sulla scuola del Comune di Bologna, dove solo un bolognese su 4 è andato a votare, e che anzi, come ha ben visto Fabrizio Rondolino su “Il Giornale”, è stato, oltre che uno spreco di denaro pubblico, un tale concentrato di errori politici da dover essere preso come caso di studio e che offre una serie di riflessioni che puntualmente emergono ogni volta che viene indetto un referendum.

ROBERTA-LOMBARDI-DIMISSIONI-770x513Non è difficile immaginare che i sessanta giorni che si sono succeduti dalla prima riunione delle nuove Camere (che pure registravano una compagine rinnovata del 75%) fino alla nascita del Governo Letta abbiano provocato una ulteriore ondata di disgusto e di distacco della politica dai cittadini. I tentativi di Bersani di coinvolgere il Movimento 5 Stelle nella maggioranza di governo, i “vaffa” di risposta da parte dei grillini, la tribolata elezione del nuovo Presidente Della Repubblica, che ha visto impallinati dai franchi tiratori due padri nobili del Partito Democratico come Franco Marini e Romano Prodi e quindi la rielezione di Giorgio Napolitano in quanto unico nome che il PD avrebbe potuto sostenere all’unanimità, ed infine la nascita del Governo Letta, che ha fatto sedere allo stesso tavolo PD e PdL, dando quindi a gran parte dell’elettorato già scontento di suo l’impressione dell'”inciucio” ha dato senz’altro una ulteriore mazzata all’affezione dei cittadini verso la politica.

Ma attenzione, questa volta a farne le spese è stato soprattutto il Movimento di Beppe Grillo. Questo è l’altro elemento significativo di riflessione che viene fuori dalla tornata elettorale, i candidati del M5S restano tutti fuori dai ballottaggi, confermando il trend negativo che già si era manifestato nelle elezioni regionali in Friuli. Il candidato Sindaco di Roma De Vito si ferma al 12,43% raccogliendo poco meno di 150.000 voti, così anche a Brescia, a Pisa, a Siena, ad Ancona, ad Imperia, a Treviso ed a Vicenza il Movimento di Grillo e Casaleggio non sfonda ed anzi arretra rispetto alle Politiche.

Il Movimento di Grillo sta quindi rapidamente dissipando una mole di consenso che altrettanto rapidamente aveva raccolto. E’ bastato anche confrontare le piazze dei comizi conclusivi delle campagne elettorali con quello delle politiche. Da un lato chi ha votato 5 Stelle alle politiche (in gran parte elettori di centrosinistra e di centrodestra delusi, ma soprattutto elettori delusi della Lega al Nord ed al NordEst) ha probabilmente abbandonato l’idea della protesta fine a sè stessa, dall’altro i primi 60 giorni di scuola dei neodeputati grillini sono stati un concentrato di autogol che neanche la buonanima di Comunardo Niccolai avrebbe messo a segno, le consultazioni con Bersani trasmesse in diretta streaming, la questione scontrini e rimborsi elettorali che li ha subito fatti apparire come “new entry” della “casta”, la questione “Quirinarie” (Rodotà additato a “candidato della Rete”, mentre in realtà aveva ottenuto giusto 4500 preferenze), gli scivoloni della Capogruppo alla Camera Lombardi (che non sapeva neanche dell’età di 50 anni come requisito per la Presidenza Della Repubblica), la questione non marginale della democrazia interna,  fino all’annuncio di golpe immediatamente successivo alla rielezione di Napolitano, insomma un filotto di errori che ha probabilmente fatto subito cambiare idea a chi, forse come ultima possibilità concessa alla politica, aveva affidato il suo consenso al Movimenti 5 Stelle. La preoccupazione è che questo abbandono della politica, certificato dall’ondata astensionistica di queste elezioni amministrative, stavolta possa essere definitivo.

Elezioni Roma - Conferenza stampa di Ignazio MarinoCosa resta dunque? Dei Comuni capoluogo di Provincia solo Vicenza ha eletto il Sindaco al primo turno, negli altri, Roma compresa, si andrà al ballottaggio. E proprio i ballottaggi, che di solito, registrano un’affluenza inferiore rispetto ai primi turni, saranno un banco di prova per cercare di riportare gli elettori, soprattutto romani, alle urne. Il candidato del centrosinistra Ignazio Marino, che pure aveva vinto a sopresa le primarie battendo il candidato bersaniano David Sassoli ed il renziano Gentiloni, ha raccolto oltre il 42% dei consensi conquistando un buon viatico per il Campidoglio, soprattutto tenendo conto che il Sindaco uscente Alemanno, sostenuto da tutto il centrodestra, compreso Fratelli D’Italia (al quale il Sindaco guarda, da esponente della “destra sociale” che pure aveva Cirielli tra i principali esponenti) si è fermato al 30%. Era prevedibile che quanto successo nello scorso autunno, con il caso Fiorito (proprio ieri condannato a 3 anni e 4 mesi), i toga party con i soldi pubblici e tutti gli scandali che hanno portato alle dimissioni della Governatrice Polverini ed all’elezione di Zingaretti alla Regione, nonchè le inchieste che pure hanno coinvolto la Giunta Alemanno avrebbero avuto ripercussioni e messo quindi in dubbio la riconferma del Sindaco in carica, ma Marino (ed Epifani, che sull’affermazione di Marino ha già messo cappello, mentre la Serracchiani dichiara che Marino è primo nonostante il PD) sbaglierebbe se pensasse di aver già conquistato il Campidoglio.

gianni-alemanno sindaco di romaI ballottaggi spesso hanno riservato vere e proprie sorprese, come ad esempio l’affermazione di Guazzaloca a Bologna nel 1998 e quella di De Magistris a Napoli nel 2011, per non parlare della rimonta dello stesso Alemanno su Rutelli nel 2008, e la bassissima affluenza del primo turno fa supporre che la partita del ballottaggio è probabilmente ancora tutta da giocare. Le variabili che possono influire sul voto sono diverse, innanzitutto quali saranno le indicazioni dei candidati esclusi, come ad esempio Alfio Marchini, oppure la scelta di Silvio Berlusconi di impegnarsi attivamente o meno in questa contesa (si sa, il Cavaliere è l’uomo delle rimonte impossibili).

 

Si andrà al ballottaggio (dopo che per 20 anni, cioè da quando è stata introdotta l’elezione diretta del Sindaco, il Primo Cittadino è stato eletto sempre al primo turno) anche a Siena, dove il candidato del PD Valentini non arriva al 40% e dovrà vedersela al ballottaggio con Neri del centrodestra. Anche qui lo scandalo MPS ha pesato sul risultato delle urne.

Sullo sfondo naturalmente il Governo di Enrico Letta, il quale può tirare un sospiro di sollievo per la tenuta del PD, il cui elettorato ha in gran parte storto la bocca per la nascita del suo Governo che lo vede insieme all’odiato Berlusconi, ma soprattutto per lo sgonfiamento della bolla a 5 Stelle, che rappresentava la principale minaccia per la tenuta del Governo. Anche dal PdL, che ha comunque subito una flessione a Roma, arrivano segnali che rassicurano il Governo sulla sua tenuta. Ed anzi, c’è anche qui soddisfazione per il calo di Grillo, che anzi potrebbe in futuro riportare all’ovile chi ha votato M5S ma si colloca nell’area di centrodestra. Resta come interrogativo il futuro di Alemanno: cosa farà se non dovesse essere riconfermato Sindaco? Tenterà la scalata alla guida del PdL (dove appare difficile che Alfano possa mantenere l’incarico di Segretario e di Ministro dell’Interno, la questione tra l’altro è stata posta proprio da Alemanno) ?Anche qui la partita è aperta.

Da segnalare invece il buon risultato dell’affluenza alle urne in Provincia di Salerno, dove si è votato in 15 comuni e si è recato a votare il 76,98% degli aventi diritto (contro l’81,52% del 2008), dato che conferma l’attenzione e l’interesse dei cittadini per le Istituzioni di prossimità, nelle quali il rapporto tra elettore ed eletto è sicuramente più diretto ed immediato e riesce a resistere anche di fronte alle ondate di antipolitica. A questo indirizzo una riflessione sul voto in Provincia di Salerno con le dichiarazioni dei protagonisti.

PIETRO PIZZOLLA