“Il 7 luglio 1972 a Salerno due giovani militanti anarchici s’incontrano e scontrano in strada con due militanti missini: uno di loro, Carlo Falvella, un giovane del Movimento Sociale Italiano, viene ucciso a coltellate. Della sua morte viene accusato Giovanni Marini. Immediatamente «Lotta Continua», un giornale che dedicava ampio spazio alla lotta antifascista, si schiera a favore del “compagno” Marini, giustificando l’azione come antifascista. Secondo «Lotta Continua», per gli antifascisti la vita in città non era facile a causa dell’ondata di attacchi neofascisti giustificati dalle violente dichiarazioni di Giorgio Almirante: «camerati, […] una cosa è certa: da oggi non sarà più solo il nostro sangue a scorrere». Giovanni Marini, dunque, per i militanti della sinistra rivoluzionaria non ha fatto altro che esercitare il «diritto naturale» di difendere la propria vita e quella dell’amico che era con lui, Mastrogiovanni, dall’attacco di un neofascista armato. Questa è la tesi che si legge nel giornale, che è espressa attraverso un’opera di controinformazione corredata da appelli per la liberazione dell’anarchico antifascista. Il processo a Marini inizierà un anno e mezzo dopo l’accaduto: nonostante Marini venga condannato per l’omicidio di Falvella, per la sinistra extraparlamentare diviene un modello¸ il simbolo dell’antifascismo militante. La figura di Marini diventa quella di un martire e non si fermano né le manifestazioni in sua difesa né gli scontri con i neofascisti: il popolo lo ha assolto, come lui stesso dichiara”. A ricordare questa pagina triste della storia salernitana è stata la scrittrice beneventana Jessica Matteo , ricercatrice indipendente e insegnante che si occupa di storia e memoria dei movimenti sociali e politici e di violenza politica nell’Italia degli anni Settanta, componente del direttivo e della redazione web di AISO – Associazione Italiana di Storia Orale, che ha presentato il suo saggio storico: “Parole pubbliche e memorie private. L’antifascismo militante a Roma negli anni settanta”, edito da “Polis Edizioni”, in occasione dell’incontro organizzato dall’associazione culturale “La Congrega Letteraria” di Vietri sul Mare, diretta dal professor Antonio Gazia e da Alfonso Vincenzo Mauro, con il sostegno dell’Amministrazione Comunale di Vietri sul Mare.
Dopo l’introduzione del professor Antonio Gazia, il dottor Pasquale Donnarumma, autore del romanzo storico “P di Partigiano”, ha sottolineato che nella lotta armata, che ha provocato tanti morti, si usava spesso il termine di guerra, richiamando la guerra partigiana:” Gli antifascisti si definivano nuovi partigiani”. L’autrice ha spiegato che nel suo libro ha messo a confronto due fonti: ” Le annate di «Lotta Continua», fra il 1970 e il 1976, e la raccolta d’interviste orali fatte nel 2013 a quindici militanti di base dell’antifascismo di tre diverse organizzazioni della sinistra extraparlamentare di allora: Lotta Continua, Potere Operaio e Autonomia Operaia, quelli che erano stati in prima linea quarant’anni prima e che non si erano mai raccontati”. Nel libro Jessica racconta degli scontri violenti tra le organizzazioni della sinistra extraparlamentare e i militanti neofascisti, della strage di Piazza Fontana, del rogo di Primavalle e spiega alcune caratteristiche proprie dell’“antifascismo militante”: Il ruolo centrale del territorio, l’uso del paradigma partigiano nella costruzione dell’identità antifascista e il complesso racconto della violenza agita.” Un saggio che racconta particolari che sicuramente non si trovano nei libri di storia: “Questo libro non ha la pretesa di essere un lavoro esaustivo sull’antifascismo militante degli anni Settanta. Può piuttosto considerarsi un punto di partenza per guardare al fenomeno attraverso una lente diversa da quelle finora utilizzate negli studi sul decennio”.
Aniello Palumbo