La canzone “Michelemmà” non è stata scritta, nel 1600, dal pittore-musico-esecutore Salvator Rosa, al quale è stata attribuita da Salvatore Di Giacomo che amava attribuire a vari autori la paternità delle canzoni anonime napoletane, per nobilitarle, ma il “germe nativo” di Michelemmà è localizzato a Serrara-Fontana, una frazione di Ischia il cui perimetro, disegnato in pianta, visto frontalmente, ha la forma di una “scarola riccia”, ai tempi della guerra del Vespro, negli ultimi anni del 1200. “A confermare questa ipotesi è la sesta novella, quinta giornata, del Decamerone di Boccaccio che racconta di un’avvenente ragazza : Restituta Bulgaro, figlia del Governatore dell’isola, e del suo fidanzato Gianni da Procida, nipote del famoso medico salernitano”, ha spiegato il professor Vincenzo Aversano, già Ordinario di Geografia presso l’Università di Salerno e presidente onorario dell’AIIG Campania, l’Associazione Italiana Insegnanti Geografia-Sezione Regionale Campania, presieduta dalla professoressa Silvia Siniscalchi che ha organizzato, su piattaforma , un incontro per approfondire l’origine di questo misterioso canto che è stato oggetto di varie interpretazioni da parte degli studiosi della storia della musica e della canzone napoletana in particolare come ha ricordato la professoressa Siniscalchi :” In questo enigmatico testo c’è la storia, la geografia, e una simbologia legata a vicende lontane nel tempo”.
Il professor Aversano che ha proposto una originale interpretazione del testo, ha raccontato la trama della novella del Boccaccio che ha ispirato la canzone:” La bella Restituta, diretta alla fontana d’acqua freddissima, di scoglio in scoglio raccoglieva, con un coltellino, marine conche, (dei mitili), e mentre stava sulla spiaggia, fu rapita da marinai siciliani che, vedendone la grande bellezza, dopo essersela giocata a carte, pensarono di consegnarla al re di Sicilia. Arrivata a Palermo, molto sciupata per la paura e per il viaggio, venne mandata dal re aragonese Federico III di Sicilia a riprendere le forze in un suo palazzo. Frattanto il giovane, cercando la sua fidanzata, raggiunge Palermo e la vede affacciata a una finestra. Invece di scappare, i due ragazzi si mettono subito a letto e lì vengono trovati dal re, che li condanna al rogo. Quando già il supplizio sta per iniziare, vengono riconosciuti dall’ammiraglio Ruggero di Lauria che ricorda al re che lei è la figlia del suo governatore del castello di Ischia e lui è il nipote di quel Giovanni da Procida che, con i vespri siciliani, gli aveva spianato la via per il trono. I giovani vengono quindi salvati e, con grandi regali, rispediti ad Ischia”. Il professor Aversano da anni sta studiando il testo della canzone “Mìchelemmà”:” Si pronuncia con l’accento sulla ( i ) iniziale – ha chiarito il professor Aversano che ha analizzato la canzone basandosi su un’esperienza Geo- interdisciplinare e anche sui suoi ricordi personali:” L’esistenza di questa antica canzone si conosceva per cenni di commedie di autori del settecento. La prima edizione completa e più nota di questa secolare canzone è stata quella del 1824 del musicista francese approdato a Napoli, Guglielmo Cottrau, che la inserì nella sua raccolta completa delle canzoni napoletane “Passatempi Musicali”. Questa edizione è il risultato di tante versioni precedenti a partire dal testo trascritto da Gaetano Amalfi. Mìchelemmà è la prima canzone napoletana conosciuta e tramandataci che nei suoi pochi endecasillabi raccoglie quasi tutta la civiltà del Mezzogiorno d’Italia”. Il professor Aversano ha anche spiegato il simbolismo erotico di alcuni versi “La scarola designa l’attributo intimo femminile, ma s’identifica anche con la splendida Ischia. Nei versi presenti nella versione napoletana di Cottrau: “Pe fa murì ll’amanti/ a ddoie a ddoie”, il verbo morire è riferito a quella che i Francesi chiamano la ‘piccola morte’, ossia l’orgasmo”. Aversano ha anche lanciato l’idea di utilizzare questa canzone come volano turistico: ” In occasione delle manifestazioni previste per “ Procida Capitale della Cultura 2022” si potrebbero organizzare delle feste mettendo al centro la canzone Michelemmà”.
Aniello Palumbo