Le lampade “Orange”, sospensione a spicchi che illuminano con sorgenti a LEDluum® l’intera area del ristorante del Padiglione Giapponese sono disegnate dall’architetto designer salernitano Francesco Giannattasio. Frutto di una collaborazione con la Lumecenter le lampade si ispirano agli origami. L’illuminazione del ristorante giapponese ad Expo Milano è uno degli innumerevoli progetti della brillante e qualificata attività del designer di Salerno.
La progettazione di industrial design, sia nel campo dell’arredo che dell’illuminazione è molto intenso e conta su realizzazioni per numerose aziende del lighting : la Lumencenter, Modo, Status, Twentyfourseven, notevole anche il lavoro di furniture design (Altrofuoco, Atelier Italia, Bel Air, Brothers, Conformadesign, Green, Italartsofa, ITC ceramiche, Divina ceramiche). Nel tempo lo studio Giannattasio si è distinto in allestimenti fieristici in Italia ed all’estero per conto di diversi committenti. Fra le collaborazioni più significative va annoverata quella con la Natevo, marchio della Flou, per conto della quale ha curato l’allestimento di appartamenti negli edifici City-Life di Zaha Hadid. La Natevo-Flou ha deciso di riprodurre i mobili disegnati dallo studio Giannattasio per i migliori negozi di design in Italia ed all’estero. Abbiamo voluto che fosse l’architetto-designer Giannattasio a raccontarci la progressione della sua attività professionale.
La tua attività di designer si svolge prevalentemente con aziende situate al Nord, in particolare a Milano, è una scelta volontaria o obbligata.
A Milano il concetto di design è radicato ed è parte integrante del vivere quotidiano. E’ facile incontrare un imprenditore del settore o comunque addetti ai lavori nei luoghi più disparati .
Dalle nostre parti in particolare quando ho iniziato, il termine design trovava difficoltà anche ad avere una collocazione funzionale, il designer veniva considerato un “mezzo architetto”. Ricordo con grande nostalgia mio padre, un costruttore figlio d’arte, di quelli che giravano con le scarpe sporche di calce, con una grande cultura del fare, che nonostante un background culturale raffinato (in casa avevamo pezzi di knoll, cassina, tisettanta, flos, ecc.), vedeva la mia duplice veste di architetto e designer con diffidenza e sospetto. I primi tempi ho affrontato lunghi viaggi in treno, con un borsone verde, che conservo ancora, zeppo di disegni e di lampade smontate, alla ricerca di imprenditori da convincere sulla bontà delle mie idee.
Quando hai avuto la sensazione che la tua costanza avesse colto nel segno?
Quando un amico chiese a mio padre che lavoro facessi e lui rispose con orgoglio “mio figlio è architetto e designer”, questa frase suggellò l’accettazione da parte del “sistema” del concetto di design.
Cos’è il design?
Il design è mediazione tra bello e funzione, deve suscitare emozione ma non deve essere autocelebrativo nè pura esibizione. L’oggetto deve avere una sua consistenza e qualità tecniche e rispondere alla domanda per la quale è stato progettato. Il prodotto di design è la traduzione progettuale di quanto il designer assorbe dall’ambiente che lo circonda: sensazioni, stimoli, esperienze. Il Prof. Filippo Alison, mio maestro al quale va il merito di avermi incoraggiato e sostenuto dall’inizio del mio percorso, diceva sempre: ”hai fatto abbastanza rispetto all’ambiente in cui operi, hai bisogno di nuovi stimoli“, consigliandomi spesso di cambiare città.
L’architetto designer Francesco Giannattasio facendo tesoro delle parole del suo maestro è riuscito ad illuminare un pezzo di Giappone a Milano.
Gerardo Sano