Amalfi si spegne e si illumina solo delle suggestive luci delle fiaccole e dei bracieri, accesi per accompagnare la processione notturna del Cristo Morto il Venerdì Santo. Il 30 marzo dopo il tramonto del sole si rinnova l’appuntamento con una delle più sentite tradizioni religiose, perpetuata dalla Reale Arciconfraternita dell’Addolorata.
Nell’Antica Repubblica Marinara, i riti della Pasqua vengono celebrati da secoli con forte partecipazione e viva drammaticità. Eventi unici che prendono al cuore chi li conosce da sempre e catturano immediatamente chi non vi ha mai partecipato. Il silenzio intervallato ai canti dei battenti, il buio rischiarato solo dal chiarore dei fuochi e fortissime emozioni scandiscono i passaggi di un rito secolare, percorso da una vena di dolore che trasforma la città stessa in un anfiteatro di costernazione.
C’è espressione di una spiritualità che lega al passato nelle file di incappucciati che avanzano facendo ala alla statua ottocentesca del Cristo. Un lungo cordone bianco, che attraversa il paese partendo dalla quella Cattedrale divisa da mille e più gradini dalla piazza sottostante. Lì si riversa un mare di gente in preghiera, per un grande e suggestivo rito di fede. Il lento incedere della processione è sottolineato dai battenti, che con le loro voci si fanno carico di cantare lo strazio per la morte del figlio della Madonna Addolorata, la cui statua accompagna quella del Cristo.
L’accompagnamento vocale, unico ed impressionante, ha la sua colonna portante nei brani originali scritti dal compositore amalfitano Antonio Tirabassi. Canti che risvegliano nelle carni del popolo il dolore atroce della madre che segue il feretro del figlio unigenito. Un rito di fede, un rito suggestivo, un rito di intensa partecipazione e di singolare spettacolarità, che richiama ad Amalfi centinaia di persone.