“LA POESIA E’ TERAPEUTICA. PORTIAMOLA NELL’OSPEDALE DI SALERNO”. L’IDEA DEL POETA EUROPEO ENZO TAFURI.

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“La voce come un eco lontano, camice bianco, una mano che sfiora, l’amico vicino medico dell’animo. Il suo sorriso come un balsamo fiorito”. Sono i versi della poesia ”Medico dell’animo” una delle oltre cento poesie raccolte nella nuova silloge poetica “Foglio Bianco”, edito da Pegasus Edition”, scritta dal poeta vietrese Vincenzo Tafuri, poeta europeo, che ha ricevuto innumerevoli premi in Italia e all’estero :” La composi anni fa mentre, nel cortile dell’Ospedale San Leonardo di Salerno, aspettavo il mio amico medico Matteo De Roberto. L’ho riletta qualche giorno fa, dopo il mio ricovero in ospedale per un problema cardiologico e ho capito quanto sia importante per un ammalato ricoverato in un ospedale grigio, vecchio, silenzioso, la vicinanza di una persona che ti ascolti, che ti dia conforto, come ho scritto nei versi della mia poesia”. Tafuri ha raccontato i momenti del suo ricovero in ospedale:” Già al Pronto Soccorso ho vissuto , come tutti, l’ansia e il vuoto di pensiero. Mentre mi portavano nella mia stanza, in corsia vedevo volti lontani, sagome inerti, vuote di riflessi. Mentre mi spogliavo velocemente, con una gamba ancora nei calzoni e l’altra già nel pigiama sentivo che mi stavo spogliando anche di tutta l’armatura fittizia di rispettabilità sociale conquistata nel tempo. Nella stanza quando guardi fuori dalle finestre anche il panorama è diverso, sembra avere solo colori spettrali. Le corsie sono mondi sonnacchiosi, eppure le nuove leve infermieristiche e di servizio si muovono con esperienza professionale, con preparazione. I medici osservano la ritualità mattutina, si consigliano tra loro sulle terapie da seguire. Non c’è però dialogo con il paziente che non viene ascoltato e si sente un numero, un numero zero di voce urlante che ti esplode dentro, una cartella clinica, non una persona. C’è una spersonalizzazione totale”. Tafuri ha rilevato anche una carenza strutturale nei servizi:” Anche l’igiene dei servizi non è molto curata, non si può fare una doccia, non c’è una saletta dove puoi vedere la televisione, non c’è conforto spirituale e morale dell’ammalato. Anche i collegamenti con l’Ospedale sono insufficienti. Tutto questo si potrebbe migliorare perché gli ospedali servono. Ci aiutano a vivere con più sicurezza in attesa dell’ultimo miraggio. Per la società civile, noi tutti sani, l’Ospedale non esiste. Non lo accettiamo psicologicamente. Durante il mio ricovero e anche dopo ho parlato con alcuni primari. Sono andato anche nella chiesa dell’Ospedale dove ho proposto a Don Antonio Zolferino, Don Mimmo Lepore e don Vito Granozio, il  Rettore, di intraprendere un’iniziativa da portare nei reparti. Quella di fare il giro dei reparti per incontrare i pazienti, organizzare degli incontri mensili durante i quali recitare delle poesie, incorniciarne alcune e appenderle nei corridoi dei reparti, presentare dei libri, fare dei piccoli concerti, delle piccole mostre d’arte, insomma cercare di raccordare la società civile al sistema ospedaliero. Far ritrovare la normalità della vita ai pazienti. La poesia è terapeutica! Portiamola nell’Ospedale”.

Aniello Palumbo.