“ Il racconto dei grandi eventi della storia è nella contemporaneità, ma ha delle radici anche nel passato e a volte, per fare memoria, è importante rifarsi anche alla memoria dell’odio”. Lo ha spiegato il dottor Mariano Ciarletta, dottorando di ricerca sulla Storiografia dei Movimenti Ereticali all’Università di Salerno, durante l’incontro organizzato nella restaurata “Aula Consiliare” del Comune di Vietri sul Mare dal Sindaco Giovanni De Simone e dai direttori artistici de “La Congrega Letteraria”: il professor Antonio Gazia e Alfonso Vincenzo Mauro che ha trasmesso in diretta facebook l’evento. Il Sindaco Giovanni De Simone ha ricordato i tanti incontri organizzati, già quando ricopriva la carica di Assessore alla Cultura, con i testimoni delle dolorose vicende che hanno riguardato la comunità ebraica di Roma: ” Abbiamo incontrato Ugo Foà, Enrico Modigliani, testimoni viventi delle Leggi antiebraiche del 1938 che furono approvate all’unanimità dai 389 deputati presenti in Parlamento; Lia Tagliacozzo, Miriam Dell’Ariccia, alias Memme Bevilatte, sopravvissuta al rastrellamento degli ebrei di Roma del 16 ottobre del 1943”. Il dottor Vincenzo Pedace, dottore di ricerca in Studi Storici presso il Dottorato in Studi Linguistici, Letterari e Storici dell’Università di Salerno, ha ricordato che il 27 gennaio del 1945, furono abbattuti i cancelli di Auschwitz dalle truppe sovietiche:” Trovarono circa 7000 prigionieri ridotti allo stremo delle forze. In quel campo trovarono la morte, nelle camere a gas e nei forni crematori, oltre un milione e mezzo di persone: il 90% erano ebrei”. Pedace ha ricordato che il 20 gennaio del 1942, con la “Conferenza di Wannsee” si diede avvio a quella che venne chiamata la “Soluzione finale alla Questione Ebraica”:” Lo sterminio di tutti gli ebrei presenti in Europa” e raccontato che ad Auschwitz i prigionieri, venivano fatti lavorare nei campi, ma anche nelle fabbriche:” Ad Auschwitz si producevano sia la gomma sintetica, sia prodotti per il corpo: quando i sovietici entrarono nel campo trovarono 10 tonnellate di capelli umani che sarebbero stati utilizzati dall’industria cosmetica”. Il dottor Ciarletta ha ricordato che il popolo ebreo veniva definito “un popolo randagio” e raccontato le prime forme di ghettizzazione contro gli ebrei:” Lo storico Pier Cesare Ioli Zorattini ha dimostrato che già dal 600 gli ebrei presenti nel Friuli Venezia Giulia venivano rinchiusi in spazi appositi: in tanti territori del Friuli, nel 700, gli ebrei potevano commerciare i loro prodotti, ma dopo dovevano ritornare nei loro ghetti. A San Vito al Tagliamento è stato trovato un documento dal quale si evince che gli ebrei non disponevano di un luogo dove seppellire i loro morti che non potevano stare vicino ai morti cattolici come già accadeva con gli eretici”. Ciarletta ha ricordato che gli ebrei, nella storia moderna, sono quasi sempre stati un capro espiatorio:” In Spagna, nel 1609, vennero addirittura accusati di diffondere la peste. Gli ebrei vennero anche accusati di praticare riti occulti ”. Il professor Antonio Gazia ha ricordato che anche in Italia ci sono stati dei campi di concentramento. “Come quello della Risiera di San Sabba, in provincia di Trieste, che fu utilizzato dai nazisti nel settembre del 1943: l’unico dotato di forno crematorio, dove furono cremate 4000 persone. Ci furono anche i campi di Fossoli, (Modena); di Bolzano – Gries; di Sant’Anna di Stazzema (Lucca) e quello di Borgo San Dalmazzo (Cuneo)”. Gazia ha ricordato anche del campo d’internamento allestito a Campagna, in Provincia di Salerno, e le gesta eroiche del giovane commissario Giovanni Palatucci che, durante la sua permanenza a Fiume, salvò centinaia di ebrei dalle persecuzioni razziali, inviandone alcuni proprio nel centro d’internamento di Campagna, dove suo zio vescovo, Monsignor Giuseppe Maria Palatucci, li avrebbe poi assistiti: ” Giovanni Palatucci è stato insignito, nel 1995, della medaglia d’oro al merito civile ed è stato dichiarato “Giusto tra le Nazioni”. E’ importante che si racconti la quotidianità degli internati per riportare alla memoria queste esistenze. In Italia purtroppo è mancato un momento di approfondimento storico di ciò che è successo, per aiutare a capire alle generazioni future cos’è stato quel periodo storico”.
Aniello Palumbo