La “maturità” da Gentile a Bianchi.

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La riforma di Giovanni Gentile, a dire del Duce, si caratterizzò come «la più fascista delle riforme». Cesare Maria De Vecchi esemplificò il programma d’esame, riducendolo a quello dell’ultimo anno. Giuseppe Bottai, per le vicissitudini del conflitto dovette sostituire negli anni 1940-1941 l’esame con lo scrutinio finale e anticipando la Moratti costituì le commissioni tutte interne con solo presidente e vice-presidente esterno. Guido Gonella, nel 1951, ripristinò l’esame di Gentile. Fiorentino Sullo, nostro corregionale, originario dell’avellinese, autore dell’esame facile, estese l’esame di maturità a tutti i corsi di studio dei cicli quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore con sole due prove scritte e due materie per il colloquio. Francesco D’Onofrio, salernitano, Ministro nel Governo Berlusconi, non mutò la formula dell’esame, introdusse una nuova criteriologia per la nomina di presidenti e dei membri esterni della commissione.  Con Luigi Berlinguer l’esame prese il nome di Esame di Stato, attestandosi non solo come momento di maturità, ma sulla verifica e certificazione delle conoscenze, competenze e capacità. Letizia Moratti, nel 2001, operò nel contesto della legge finanziaria del 2002, dispose una nuova composizione dei commissari d’esame, costituita da soli membri interni e da un presidente esterno nominato per tutte le Commissioni operanti in ciascun istituto. Con Giuseppe Fioroni tornò la commissione mista,  presentò una serie di correttivi necessari per rendere più efficace e moderno il sistema istruzione. Mariastella Gelmini rese l’esame possibile esclusivamente agli studenti che potevano vantare la sufficienza in tutte le discipline. Francesco  Profumo volle un esame telematico. Alle commissioni vennero destinate le tracce delle prove per via telematica, con un sistema criptato a doppia chiave. Valeria Fedeli volle due prove scritte, un colloquio orale e rilevanza all’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro. Lorenzo Fioramonti, di breve durata, cessò tempestivamente la carica poiché non ottenne fondi in misura di 3 miliardi di euro da destinare all’istruzione. Con Lucia Azzolina, a causa della pandemia di COVID-19, venne introdotta la DAD. L’esame di maturità fu svolto in presenza, ma con l’ausilio di una peculiare normativa per evitare contagi. Le scuole si arricchirono delle sedie a rotelle. Con Patrizio Bianchi, attuale Ministro in carica, l’Esame di Stato contempla la stesura e la dissertazione intorno a un elaborato. Una modalità costrittiva a causa della pandemia che rischia di restare.

 

Era l’anno della pubblicazione della “Coscienza di Zeno” di Svevo, dell’istituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, della proclamazione a Monaco  della “rivoluzione nazionale” da parte di Adolf Hitler . Era il 1923,  l’anno delle camice nere quando assunsero ruolo interno nella struttura statale fascista, assumendo il nome ufficiale di Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, tempo entro il quale in via definitiva si affermò la riforma scolastica del filosofo Giovanni Gentile, allora ministro della pubblica istruzione. Riforma, già elaborata da Benedetto Croce, che si affermò il 15 novembre con la relazione al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Il 1923 era tempo di scuola fascista in Italia. E la riforma Gentile, a dire del Duce, si caratterizzò come «la più fascista delle riforme».Ci si poteva iscrivere all’università soltanto dopo aver superato la prova di maturità liceale. Era l’unica scuola che poteva consentire l’accesso ai corsi di laurea. L’esame consisteva in quattro prove scritte e una orale. Bisognava rispondere su tutte le discipline e sui programmi nazionali del triennio. I Commissari erano tutti esterni e in massima parte docenti universitari. Venivano attribuiti più voti per quante le materie. Le sedi d’esame erano limitate. L’esame si poteva svolgere soltanto in un numero contenuto di Istituti scolastici. Era prevista la sessione di esame di ripartizione. Il superamento della prova d’esame consentiva l’iscrizione ad ogni indirizzo universitario. La prova era sicuramente temibile. Il primo esame di maturità registrò soltanto il 25% dei promossi. Nel 1925, invece, conseguirono la maturità classica soltanto il 60% degli studenti e soltanto il 55% la maturità scientifica. Oggi i nostri diplomandi possono stare tranquilli, la percentuale non ha confronti con i dati degli anni ’20 del secolo scorso. I diplomandi oggi conseguono la maturità in misura del 99%. Ne ha fatta molta di strada l’esame di maturità dalla riforma Gentile al ’68, dal sei politico al plico telematico. L’esame, nel tempo, si è adattato alle istanze sociali e culturali. La riforma scolastica di Gentile si traduceva come idea fondante della pedagogia, una fondazione in senso idealistico pedagogico. Alla stessa pedagogia veniva negata la trait d’union con la psicologia e con l’etica. Gentile elevava il suo pensiero a una educazione come divenire dello spirito capace in tal modo di realizzare la sua autonomia. La riforma Gentile rappresentò un cambio di passo dal liberalismo al fascismo e si rappresenta, malgrado le criticità, più longeva del Fascismo stesso. Era il tempo dell’affermazione della lingua latina come espressione dell’orgoglio nazionale. Fra il 1923 e il 1939 fu sottoposta a molti “ritocchi”, mirati in ogni caso alla fascistizzazione della scuola. Nel 1937 Cesare Maria De Vecchi esemplificò il programma d’esame, riducendolo a quello dell’ultimo anno. Nel 1940 la riforma dell’esame di Gentile fu rimaneggiata da Giuseppe Bottai, uno dei gerarchi più importanti del ventennio fascista (1922-1943), particolare ed enigmatico. Questi per le vicissitudini del conflitto dovette sostituire negli anni 1940-1941 l’esame con lo scrutinio finale e anticipando la Moratti costituì le commissioni tutte interne con solo presidente e vice-presidente esterno. Un po’ quello che capita oggi con Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione, a causa della guerra pandemica si è giunti, per un verso, a un molto criticato colloquio, ma altamente condiviso d’altra parte, su una relazione pluridisciplinare. La riforma a firma Bottai venne additata di scarsa serietà e fatta oggetto di denuncia in quanto sintomo di malcostume di un regime fascista ormai in declino. Con la Liberazione, nel 1947, si tornò ad una commissione esterna con due membri interni, che nel 1952 si ridussero a uno. E praticamente la composizione delle commissioni rimase così fino al 1988, fino a Berlinguer. Guido Gonella, nel 1951, ripristinò l’esame di maturità di Giovanni Gentile. Numero di prove e tipologia di commissione tornarono al modello originario. Unica novità furono l’introduzione dei membri interni (prima due e poi soltanto uno) e la limitazione dei programmi ai due anni precedenti l’ultimo, per i quali venivano richiesti soltanto “cenni”. Nel 1969 – Fiorentino Sullo, nostro corregionale, originario dell’avellinese, autore dell’esame facile, estese l’esame di maturità a tutti i corsi di studio dei cicli quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore. Solo due le prove scritte e due materie per il colloquio (di cui una a scelta del candidato). Punteggio finale espresso in sessantesimi. Soppressione degli esami di riparazione e liberalizzazione degli accessi agli studi universitari. Il decreto fu convertito nella legge n.146 del 1971 con l’esplicita dichiarazione che avrebbe dovuto avere una validità sperimentale di soli 2 anni, ne durò 30. Sullo tornò al governo nel 1968, come ministro della pubblica istruzione nel primo governo Rumor, ma si dimise dopo pochi mesi. Gli mancarono i tempi tecnici per completare le riforme dell’istruzione secondaria e universitaria. Adottò soltanto alcuni provvedimenti settoriali.  Francesco D’Onofrio, salernitano, nostro conterraneo, Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Berlusconi. In realtà non mutò la formula dell’esame. Introdusse una nuova criteriologia per la nomina di presidenti e membri esterni della commissione che, al fine di limitare le spese di trasferta, devettero essere preferibilmente selezionati fra quelli disponibili nello stesso comune della commissione o, in subordine, dalla stessa provincia o regione, e solo come ultima possibilità dalle altre regioni. I nuovi criteri di nomina vennero applicati per la prima volta in occasione dei successivi esami del 1995. Nel 1997 arrivò  Luigi Berlinguer. La Legge 425 del 10 dicembre 1997 servì a mutare la nomenclatura.  L’esame prese il nome di Esame di Stato, attestandosi non solo come momento di maturità, ma sulla verifica e certificazione delle conoscenze, competenze e capacità. Tre le prove scritte, di cui la terza predisposta dalla Commissione e colloquio su tutte le discipline dell’ultimo anno. Veniva introdotta la novità del punteggio per il credito scolastico e per il credito formativo. La Commissione per metà interne e per metà esterna, oltre il Presidente. I voti,  con la riforma Berlinguer, venivano espressi in centesimi (45 punti alle prove scritte, 35 al colloquio e 20 punti al credito scolastico). Venne dato valore in sede d’esame alla lingua straniera. Diploma e certificazione delle competenze recavano la traduzione in quattro lingue straniere (francese, inglese, spagnolo. tedesco), secondo i modelli europei.  A Berlinguer seguì Letizia Moratti nel 2001. Operò nel contesto della legge finanziaria del 2002. Dispose nuova composizione dei commissari d’esame. La Commissione Moratti si costituiva da soli membri interni e da un Presidente esterno nominato per tutte le Commissioni operanti in ciascun istituto. La cultura, purtroppo, non cammina da sola, nella nostra società curva sovente sull’economia. Dimostrazione palese è l’episodio storico scolastico del 2001. Per ragioni di natura contabile (per non pagare le trasferte e i maggiori oneri dei commissari esterni) i ministri dell’istruzione Moratti e del tesoro Tremonti decisero, come per l’appunto, che la commissione divenisse tutta interna all’infuori del presidente, che però fu ridotto a uno solo per ogni scuola. L’esame del 2001 si rappresentò inutile, fu additato come una faciloneria; parallelamente le scuole private ottenevano la possibilità di esami con esaminatori totalmente interni. Si avvertiva il bisogno di un cambiamento. La seconda riforma degli esami anni duemila è datata 2006 e porta la firma di Giuseppe Fioroni.  Con Fioroni si tornò alla commissione mista (sempre 50% membri interni e 50% esterni). I punteggi furono modificati: il credito scolastico passò da 20 a 25 punti, il colloquio scese da 35 a 30). In sostanza Fioroni non propose una propria riforma dell’Esame di Stato, ma presentò una serie di correttivi necessari per rendere più efficace e moderno il sistema di istruzione. Con la legge 296 del 2006 venne alzato l’obbligo scolastico a sedici anni e l’impianto della didattica venne allineato con le direttive dell’Unione Europea. Il 2008 portò poi tante ventate di novità con l’intervento di Mariastella Gelmini. Con la riforma Gelmini si rese l’esame possibile esclusivamente agli studenti che potevano vantare la sufficienza in tutte le discipline; non bastò più avere la media complessiva di 6/10. Ai privatisti fu data opportunità di ammissione all’esame di Stato. (Gli interventi entrarono in  vigore soltanto con l’anno scolastico 2009/2010. Arrivò poi la riforma dell’Esame di Stato di Francesco Profumo. Il 16 novembre  del 2011 fu nominato Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Il Ministro operò nel clima del  governo Monti, costituito da soli tecnici per salvare la Nazione dalla crisi. Si volle un esame telematico, così com’è. Alle commissioni venivano destinate le tracce delle prove per via telematica, con un sistema criptato a doppia chiave. Dall’anno  scolastico 2018/19 la scuola italiana arrivò nelle mani di  Valeria Fedeli. La Ministra cambiò la composizione dell’Esame di Stato. Si caratterizzò composto da due prove scritte e un colloquio orale che darà rilevanza all’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro. Le prove INVALSI di italiano, matematica e inglese si rappresentarono criterio di ammissione. Il se fu d’obbligo per l’ammissione in tutte le discipline. Le prove scritte ebbero valutazione massima a 20, prima era 15, il colloquio passò a 20, prima era 30. I crediti scolastici ebbero il massimo di 40 punti anziché di 25.  Il 4 settembre 2019 venne proposto come ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel Governo Conte II, Lorenzo Fioramonti. Dopo poco si dimise, cessò la carica il 30 dicembre dello stesso anno, poiché non ottenne fondi in misura di 3 miliardi di euro da destinare all’istruzione. Seguì la ministra Lucia Azzolina. Con Azzolina, a causa della pandemia di COVID-19 venne introdotta la Didattica a distanza. La Dad durò da marzo a giugno. L’esame di maturità fu svolto in presenza, ma con l’ausilio di una peculiare normativa per evitare contagi. Furono escluse le prove scritte e si svolse solo una prova orale distanziata, con il presidente di commissione come unico esterno. Il 10 gennaio 2020 prestò giuramento ed è entrò ufficialmente in carica il 13 febbraio 2021 il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. “Abbiamo predisposto tutto per un esame di maturità che sia tale, sostiene il Ministro Bianchi, attualmente in carica, quest’anno abbiamo introdotto il fatto che da marzo i Consigli di istituto, i proff e i loro ragazzi, hanno discusso su dei temi che i ragazzi debbono svolgere avendo un mese di tempo, hanno predisposto un elaborato. Questa è la base dell’orale. Non è un orale che parte a caso, ma parte da un lavoro fatto in un mese, discusso con la scuola. Non solo c’è uno scritto, ma uno scritto pensato, ragionato, discusso. È importante sapere scrivere, altrimenti non si sa parlare. Guardiamo, vediamo come va, sto avendo riscontri positivi dai ragazzi, avere tempo per articolare un pensiero complesso, questa è la maturità. È una maturità che prepara all’università, al lavoro e ad altre possibilità di crescita”. Questo sarà l’Esame di Stato di quest’anno. Una modalità costrittiva a causa della pandemia che rischia di restare. Viene in mente la scuola di Giovanni Gentile, sale il pensiero di una percentuale di promossi, i primi, miserabilmente costretti nella infelice cifra del 25%, a fronte delle larghe e facili ammissioni di oggi e dei risultati troppo favorevoli individuabili in misura del 99%. E’ vero, il tempo è mutato, ma la scuola pure.“E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi”. Sarà difficile abrogarlo. Occorrerebbe una legge costituzionale. In realtà, sulla base di un naturale oggettivo confronto con il passato, è come se l’esame non ci fosse.

 

Emilio La Greca Romano