“Primo Levi mentre stava ad Auschwitz. pensava fortemente a tre cose: ritornare, mangiare, raccontare. Raccontare come terapia, come dovere per far conoscere ciò che altrimenti non potrebbe essere conosciuto. Questa è letteratura testimoniale: un genere letterario che in Italia non è molto riconosciuto come genere autonomo, come lo è invece la struttura autobiografica, la saggistica, la narrativa. In altre parti del mondo, come l’America Latina, la letteratura testimoniale raccoglie una serie di scritti di chi si è trovato a vivere in condizioni al limite della sopravvivenza, come ad esempio nei campi di sterminio o in situazioni di catastrofi naturali, ed essendo sopravvissuto vuole darne testimonianza in nome anche di coloro che non sono sopravvissuti perché la storia ufficiale, come sappiamo, è sempre scritta dai vincitori. Ascoltare la testimonianza dei perdenti, di coloro che sono sopravvissuti è un dovere necessario per correggere la storia”. A spiegare il significato della letteratura testimoniale è stata la professoressa Rosa Maria Grillo, Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno, durante la conviviale rotariana a lei dedicata, organizzata al Grand Hotel Salerno dal Presidente del Club Rotary Salerno Duomo, il dottor Michele Pellegrino, che ha introdotto la relatrice ricordando un antico proverbio africano:” Finché i leoni non avranno i propri storici, le storie di caccia continueranno a celebrare il cacciatore”. La professoressa Grillo, che insegna Lingua e Letteratura Ispanoamericana all’Università di Salerno, ha spiegato che la letteratura testimoniale ha qualcosa della scrittura autobiografica, qualcosa della narrativa e qualcosa della saggistica e che anche in America Latina riconoscono in Primo Levi come il capostipite della Letteratura Testimoniale:” A Cuba è stato anche istituito un premio letterario dedicato a questo tipo di letteratura. Dal 1970 a oggi, ogni anno, assegnano questo premio ad opere valutate per i meriti letterari, per l’attualità del tema e per la trascendenza politica e sociale, che poi sono gli elementi principali che costituiscono la letteratura testimoniale”. In questo periodo si parla molto di negazionismo:” Dopo la Seconda Guerra Mondiale per molti anni non si è parlato di Olocausto, dei campi di sterminio, perchè si è preferito tacere. Tante cose vengono alla luce solo dopo molti anni in processi di costruzione e revisionismo della storia”. La scrittrice salernitana che dirige la collana di narrativa “A Sud del Rio Grande”, ha spiegato che ci sono varie forme di letteratura testimoniale: “ Ci sono anche delle poesie” e che sono stati scritti dei libri con le testimonianze dei figli dei torturatori delle varie dittature dell’America Latina: Argentina, Cile, Paraguay e Uruguay:” Che sapevano o hanno scoperto dopo quello che facevano i loro padri”. Ospiti della serata la scrittrice Antonia Dininno e il professor Sebastiano Martelli.
Aniello Palumbo